di Gianfranco Carubelli*
“I batteri amano il caffè”: così prende il via un servizio pubblicato pochi giorni fa da Repubblica dal titolo “Anche la macchinetta del caffè ha il suo popolo di batteri” che riporta i risultati di uno studio pubblicato su Scientific Reports da cui emerge che nelle macchinette per caffè (sono state considerate quelle per uso domestico) alcune parti sono ideali per la proliferazione batterica, anche di tipo patogeno.
Nulla di allarmante, è comunque una situazione che richiede almeno un minimo di attenzione. Penso sia importante ricordare che “non tutti i batteri vengono per nuocere” (non potremmo produrre molti alimenti senza di essi, primo tra tutti il pane) e che sarebbe ingiustificata una messa in cantina di tutte le macchinette.
Viviamo letteralmente “immersi “ tra i batteri che sono nell’ambiente in cui viviamo, negli alimenti, sulle nostre mani, che vanno lavate di frequente, senza farsi prendere dalla misofobia, ovvero dalla paura del contatto con lo sporco al fine di evitare contaminazioni… i nostri anticorpi meritano una giusta considerazione!
È poi interessante verificare come questi microscopici esseri viventi, i primi comparsi sulla terra circa 3 miliardi di anni fa, con la selezione e l’esperienza di millenni, abbiano sviluppato la capacità di sopravvivere e di proliferare in situazioni e ambienti più disparati, tra i quali – emerge dalla ricerca – anche la caffeina, da sempre nota per le sue proprietà antibatteriche.
Un ruolo che svolge per molti, ma non per tutti i ceppi.
Torniamo alle macchinette: le parti più inquinate risultano le vaschette di raccolta poste al di sotto dei gruppi: la “brodaglia” che ristagna anche a lungo a temperatura ambiente è un ottimo terreno di coltura per la maggior parte dei batteri.
L’unico rimedio è pulirle di frequente, con acqua e sapone (attenzione ai residui e ai “profumi” di quest’ultimo) o, mi permetto di suggerire, con un prodotto igienizzante come pulyBAR Igienic: versati nel lavandino i liquidi, si spruzza sulle superfici, passando quindi un panno, meglio se di carta usa e getta da cucina.
Il prodotto non è profumato e non lascia tracce sulle parti trattate e pulisce rapidamente senza rovinare gomme e plastiche.
Per chiudere una rapida considerazione. Spesso la macchinetta viene scelta per la qualità del prodotto in tazza e anche perché non comporta gli impegni di dosaggio (sacrosanto: cialde e capsule sono predosate) e di cura (preparazione e pulizia) che richiede la classica moka.
È vero, ma è bene non estremizzare. L’acqua del serbatoio va cambiata almeno una volta la settimana (anche questa è a temperatura ambiente e se la si lascia troppo a lungo nel contenitore si potranno vedere piccole formazioni di muffe e alghe).
Inoltre sia il serbatoio sia le parti interne della macchina vanno pulite periodicamente con un decalcificante come Puly Descaler Espresso disponibile in pratiche confezioni monodose , pena la formazione di una patina di calcare che non permette all’acqua di raggiungere la giusta temperatura; prima di spegnere la macchinetta (ora molte hanno l’autospegnimento per non sprecare energia) il gruppo va fatto spurgare per ripulirlo dei residui rimasti in esso.
È un’operazione molto semplice, basta levare la cialda o scaricare la capsula e una volta richiusa far erogare per 4/5 secondi; ne uscirà acqua marroncina, che avrebbe condizionato negativamente le successive estrazioni.
Infine, almeno una volta al giorno, la pulizia della vaschetta di raccolta. Fatto ciò non resta che gustare una buona tazzina, senza paura.
*CEO responsabile qualità e sicurezza pulyCAFF