ROMA – “Quella che leggiamo sui giornali è una piccola storia ignobile. È vergognoso che un imprenditore possa chiedere, più o meno esplicitamente, a una aspirante barista di indossare maglie scollate per servire ai tavoli. Le donne che operano nei pubblici esercizi sono lavoratrici, non oggetti da mettere in mostra per solleticare le fantasie di qualche triste, tristissimo avventore. Voglio essere molto chiara, per noi questi non sono imprenditori e non hanno nulla a che fare con i valori che esprime la Federazione”. Così Valentina Picca Bianchi, imprenditrice e presidente del Gruppo donne di Fipe-Confcommercio, commenta l’episodio raccontato nei giorni scorsi da una giovane di Palermo alla redazione locale di Repubblica.
Picca Bianchi prende posizione sul fatto di cronaca
“Voglio ringraziare questa ragazza per aver raccontato questo deplorevole episodio – aggiunge la presidente –. Ha dimostrato un coraggio non comune per una giovane. Immagino l’umiliazione e il disagio profondo che debba aver provato nel momento in cui si è sentita fare questo tipo di sollecitazione”.
“Prendiamo nettamente le distanze da chi interpreta il ruolo di imprenditore con queste mortificanti pretese – aggiunge Antonio Cottone, presidente di Fipe-Confcommercio Palermo
-. Fortunatamente si tratta di casi isolati ma va ugualmente sottolineata con enfasi la coraggiosa denuncia della vittima di questa proposta indecente. Il suo esempio e la sua dignità devono servire a quante potrebbero imbattersi in futuro in simili situazioni. Non bisogna abbassare la guardia, tanto più in un periodo in cui la ricerca di un posto di lavoro, soprattutto per un giovane, è ancora più complicata”.
“La misura è colma – conclude Picca Bianchi -. Come Federazione stiamo lavorando per trasformare i pubblici esercizi in presidi di sicurezza e ogni volta che un imprenditore si comporta in questo modo, l’intera categoria subisce un danno incalcolabile. Noi oggi abbiamo il problema di reperire forza lavoro, visto che dopo 14 mesi di stop o di lavoro intermittente, molte persone sono sfiduciate e non credono in una prospettiva di impiego stabile. Dobbiamo tornare ad essere attrattivi, ma così facendo si ottiene l’effetto opposto: si spaventano le ragazze, le si umiliano e si allontanano anche gli avventori. I bar, i ristoranti e i locali in generale, sono luoghi in cui si formano professionisti, cortesi e competenti. Non certo dove si espone “carne da macello”, con il rischio di mettere in pericolo la loro incolumità. Sinceramente, sono amareggiata e arrabbiata”.