SAN PAOLO (Brasile) – Barista & Farmer ha vissuto domenica 8 il suo quinto giorno l’ultimo nella piantagione della fattoria O’Coffee a Pedregulho. Conclusa la sessione di raccolta, i ragazzi si sono spostati presso l’accademia, per seguire una lezione del tostatore australiano Ben Toovey.
“Ho tenuto un corso sul roasting, che ho diviso equamente tra teoria e pratica, mostrando ai ragazzi differenti profili e possibilità. Mi sono tenuto l’ultima mezz’ora per una bella sessione di domande e risposte”.
La mattina si è quindi conclusa con una vera e propria cerimonia: i baristi hanno piantato la propria personale pianta di caffè, un testamento caffeicolo della loro esperienza brasiliana. I corsi sono proseguiti anche nel pomeriggio e la giornata si è conclusa con una festa di arriverci, organizzata da Edgard Bressani, CEO di O’Coffee Brazilian Estates e dal suo staff, animata da un gruppo locale.
E’ tempo di fare i bagagli, la prossima tappa è Lambari, per proseguire l’avventura di Barista & Farmer e seguire più da vicino il progetto di ecosostenibilità legato al caffè ideato da Lavazza, nuovo partner di questa edizione.
Vediamo chi sono e che cosa pensano della gara alcuni dei protagonisti della sfida, i cinque rappresentanti di Free Mandela, il team capitanato da Fabio Sidione, regional trainer di Lavazza.
Evani: “E’ una bella esperienza ed ho incontrato un sacco di belle persone che adesso posso chiamare amici. La cosa che mi piace maggiormente è la raccolta delle ciliegie, mi ha fatto riflettere sulla durezza di questo lavoro, che spesso diamo per scontato. Io sono una tostatrice e devo dire che l’accademia mi è stata molto utile, in particolare la lezione sulla calibrazione del metodo cupping.”
Miguel: “Per me è un’esperienza particolare perchè in passato ho vissuto qui per cinque anni ed ho molti ricordi legati a questo paese. Il Brasile è il maggior produttore di caffè ma non è ancora molto sviluppato sul versante dello specialty coffee e sono contento di essere qui e credo che O’Coffee e questo programma stiano facendo una grande lavoro per portare visibilità a questo settore.”
Rozy: “E’ un’esperienza che non mi sarei mai potuta immaginare. Non sapevo cosa aspettarmi, francamente, prima di venire qui e non pensavo fosse così serio e duro. Stamani, poter piantare la mia pianta di caffè è stato davvero un bel momento, unico. Questa esperienza mi sta insegnando a rispettare il caffè partendo dal chicco, oltre che nella tazza.”
Daniel: “Questa esperienza, al momento, è stata educativa, sociale, impegnativa, emozionante. Sono rimasto molto colpito da Serafim, l’agronomo della fattoria: una persona così semplice, che ci ha ringraziato dal profondo del cuore per il nostro lavoro nei suoi familiari. Meraviglioso. Io sono portoricano, e mi ritrovo molto in quello che vedo avvenire qui, del resto anch’io provengo da un paese produttore di caffè e quindi conosco bene il duro lavoro dei campi.”
Guido: “Ogni giornata è stata davvero intensa, tra raccolte in piantagione e lezioni all’accademia. Ho apprezzato, in particolar modo, gli aspetti storici e botanici legati al caffè, oltre al fatto che questa azienda ha una zona dedicata a ricerca e sviluppo facendo incroci di varietà alla radice senza modificazioni post processo. Credo che il cup tasting che ho fatto qui mi sarà particolarmente utile quando tornerò a fare il mio lavoro, ma ho capito anche il lavoro dietro a questo prodotto che ho sempre utilizzato e da ora in avanti lo tratterò con maggior attenzione e rispetto.”
Barista & Farmer, quarto giorno
Alla scoperta dei baristi della terza edizione
Il team Papaya Power capitanato dal coffee lover Nino Conti
San Paolo, 7 maggio – Il quarto giorno di Barista & Farmer ha visto come sempre i baristi cominciare la giornata all’alba per recarsi in piantagione. Oggi però, i partecipanti, hanno raccolto le bacche utilizzando il metodo chiamato “stripping”, qui descritto dal creatore del talent show, Francesco Sanapo: “si tratta di uno dei metodi più diffusi in Brasile e quindi mi sembrava corretto che i baristi ne entrassero a conoscenza, anche perchè hanno il compito di conoscere tutte le sfumature del mondo del caffè, è anche questo lo scopo del programma. Se ci pensiamo bene, è lo stesso metodo che in Italia si usa per la raccolta delle olive, come avviene in Puglia, la mia terra. Si agitano gli alberi per far cadere le olive e poi si usano dei teli per riportarle al frantoio o al beneficio, in questo caso. In pratica, si staccano tutte le ciliegie dalla pianta, per poi procedere ad una post selezione che è avvenuta utilizzando il metodo di selezionatura in acqua: le bacche sono immerse in vasche di acqua e poi divise per peso specifico, perchè la bacca più matura è più pesante e resta sul fondo mentre quella secca o acerba rimane a galla assieme ai rami ed alle foglie.”
Terminate le operazioni, i dieci baristi sono stati divisi in due squadre, che rimarranno tali fino alla fine del gioco. La prima è la Free Mandela, capitanata dal regional trainer di Lavazza, Fabio Sipione, e conta nelle sue fila Miguel Fernandez (Spagna), Evani Jesslyn (Indonesia), Guido Garavello (Italia), Daniel Rivera (Porto Rico) e Rosey Hill (Australia). L’altro team è invece Papaya Power, affidato alla guida del coffee lover romagnolo Nino Conti (già protagonista della scorsa edizione del programma) e si compone di Olga Kaplinka (Russia), Agnieszka Roweska (Polonia) , Amy-nare Manukian (Armenia), Nikolaos Kanakaris (Grecia) e Raphael De Souza (Brasile).
La mattina si è conclusa con una “classica” attività del talent show, la corsa coi sacchi di caffè, mentre nel pomeriggio le attività sono proseguite in aula, dove Andrej Godina, docente della Barista & Farmer academy, ha tenuto una lezione sulle abilità sensoriali, ovvero “le caratteristiche di una tazza di caffè, dall’analisi degli aromi alla capacità di riconoscere i gusti in tazza. Il corso – continua Godina – è poi proseguito con un blind test, un’esame alla cieca. La lezione si è conclusa con le caratteristiche tattili del caffè al palato, il corpo del caffè.”
Arrivati quasi al giro di boa di questa terza edizione del talent show, ecco le impressioni del team Papaya Power su questa prima parte della loro esperienza in Brasile.
Nikolaos: “Non ci sono parole per descrivere l’esperienza, ogni giorno è pieno di attività, facciamo cose che non mi sarei mai aspettato, come raccogliere ciliegie di caffè che poi finiranno nella tazza di qualcuno. Adesso si stanno anche creando dei legami fra di noi, anche quando non siamo a raccogliere o in classe. L’aspetto deludente? La mia selezione di ciliegie! (ride) Scherzi a parte, il programma è fantastico, assolutamente all’altezza delle mie aspettative.”
Raphael: “E’ bello essere qui, è bello poter imparare cose nuove, ma l’aspetto migliore di questa esperienza è sicuramente il contatto con persone di altri paesi ed altre culture. Avevo già fatto corsi sul caffè ma qui c’è un contatto diretto, con la materia e con le persone che la lavorano. Sono sempre a contatto col caffè ma ogni volta è un’esprienza diversa. Quando ho visto il promo dell’edizione del mio paese, ho pensato: “hey, perchè non c’è un brasiliano? Quel brasiliano devo essere io! E quindi, eccomi qua.”
Olga: “Stamani in piantagione è stato pazzesco. Un po’ come uno sport.. stancante ma divertente. E’ un lavoro di squadra, interessante e complesso. Mi piace l’idea di poter sviluppare i miei ricettori qui all’accademia e diventare una professionista migliore. Devo dire che prima di partire non avevo aspettative, non perchè non avessi stima nel progetto ma perchè volevo un contatto diretto e senza pregiudizi dell’intera esperienza. La vera scoperta di questo viaggio? La papaya! Non l’avevo mai mangiata e l’adoro! (ride) Detto questo, è meraviglioso scoprire quanta storia si nasconde in 30mm di caffè.”
Amy-nare: “Continuiamo ad apprendere informazioni giorno dopo giorno. Non sono molto pratica con l’inglese e devo dire che qui mi stanno aiutando tutti, siamo davvero una squadra. Non c’è senso di competizione, siamo qui l’uno per l’altro. Da fuori sembrava una passeggiata, vado in Brasile, raccolgo un po’ di caffè.. che ci vorrà mai! E’ faticoso alzarsi ogni mattina alle cinque, ma ne vale davvero la pena.”
Agnieszka: “Ogni giorno è migliore del precedente. Preferisco decisamente passare tempo fra i filari che in classe: le lezioni teoriche, volendo, potrei apprenderle anche a casa mia, ma una piantagione, beh, è per quello che sono qui. Mi piace quando facciamo attività di squadra, ci sitamo conoscendo tutti meglio e siamo un bel gruppo. Vorrei avere un po’ più di tempo per razionalizzare tutto quello che sto imparando, ma qui è così, non ci si ferma mai.”
Barista & Farmer, terzo giorno
I dieci baristi per la prima volta nella piantagione
Edgard Bressani, CEO di O’Coffee Brazilian Estates: “il valore più importante? La nostra comunità di persone”
San Paolo, 6 maggio – Il terzo giorno di Barista & Farmer è segnato dal primo incontro tra i dieci baristi internazionali e gli sterminati filari della piantagione di O’Coffee. I ragazzi si sono svegliati alle cinque del mattino, col canto del gallo, e si sono messi alla prova per due ore , replicando il lavoro di un picker brasiliano.
“La cosa più bella – afferma orgogliosamente Francesco Sanapo, creatore del talent show dedicato alla cultura del caffè di qualità – è che al termine del tempo hanno chiesto di poter avere un’ora in più per la raccolta. E’ questo lo spirito del progetto.” I ragazzi dovevano raccogliere solo le ciliegie mature e, come da tradizione del programma, l’attività pratica del mattino ha trovato spazio in quella teorica del pomeriggio all’accademia di Barista & Farmer dove i concorrenti hanno seguito un corso dedicato proprio ai difetti del caffè.
Nonostante le produzioni in Brasile siano fondamentalmente industrializzate, nella fattoria di O’Coffee grande attenzione viene posta sulle persone, sui lavoratori e sulla comunità dell’intera area. “Siamo nello stato di San Paolo, molti ragazzi che crescono qui, in piccoli villaggi, dopo essersi diplomati preferiscono costruirsi un futuro altrove, nelle grandi città – dichiara Edgard Bressani, CEO di O’Coffee Brazilian Estates – cerchiamo di trattenerli qui con noi, con diversi programma sociali: uno, ad esempio, è un concorso di scrittura, dove dovranno scrivere di caffè. I sei finalisti saranno invitati qui per visitare la fattoria: vogliamo aprire loro le nostro porte, sia che siano agenti commerciali, sia che siano chimici o agronomi, possono lavorare qui con noi. In questo modo evitiamo le fuge di talenti. Dopotutto noi siamo un competitor relativamente piccolo se confrontato con altri del Brasile: per ottenere grosse produzioni diventano necessarie anche infrastrutture importanti, mentre noi siamo alla ricerca dell’eccellenza che, al contrario, richiede abilità.
“Ho creato un progetto che adesso è rispettato e che viene considerato tra i primi cinque del paese – dice ancora Bressani – ma ci sono riuscito scegliendo le giuste persone: persone con un buon cuore, che vogliono lavorare assieme e sposare la mia filosofia. Le persone che mi spaventano sono quelle cattive, le mele marce. Quando sono arrivato qui, ho dovuito cambiarne parecchie. Ho sempre voluto circondarmi di persone che avessero la mia stessa attitudine verso il prossimo. E’ vero che io sono in una posizione gestionale, ma è solo questo. Loro sono quelli che producono quello che poi io andrò a vendere e per questo meritano grande rispetto. Abbiamo tanti progetti anche per i nostri lavoratori, abbiamo un talent show alla fine dell’anno ed inoltre vengono premiati per esser stati con noi per 3, 5, 10, 15 anni: più stai con noi e più vieni ricompensato. Alla fine dell’anno facciamo una festa con le famiglie, dove partecipano anche 400 persone. Lavoro duro per tenere tutti con me, per migliorare le loro vite, perchè aiutano la compagnia a crescere e quindi cerchiamo di pagarli meglio degli altri produttori della zona. Stiamo crescendo moltissimo e dovremo continuare a farlo perchè la domanda per il nostro prodotto è sempre maggiore, ma cercheremo di farlo passo dopo passo, cercando sempre di fare la differenza. Perchè se finiamo solo per essere l’ennesimo progetto di caffè, che lo facciamo a fare?”
“Credo di esser stato fortunato nella mia carriera, ero un diplomatico e quando poi ho scelto di abbandonare la carriera politica sono stato invitato per gestire un programma di caffè dal ministero brasiliano dell’agricoltura, quello per la promozione internazionale dello specialty coffee. Ho cominciato a girare per il mondo, partecipare alle gare Wbc, sono diventato giudice, il primo del mio paese. Il fatto che io ami le persone mi ha permesso di creare connessioni ovunque. Ed è questo l’aspetto più importante. Sono stato molto fortunato nella mia vita, ho smesso i panni del diplomatico, per diventare ambasciatore del caffè.”