MILANO – Lavorare dentro i bar dotati di wi-fi era un’abitudine molto diffusa anche in Italia prima dello scoppio della pandemia, al punto che i locali spesso diventavano dei veri e propri uffici frequentati dai freelance che lavorano da remoto. Adesso che lo smartworking è una modalità adottata da molte aziende, sempre a causa del virus, è interessante capire come il fenomeno del bar come studio di lavoro, sia dovuto cambiare adattandosi alle nuove condizioni. Leggiamo uno spunto dall’articolo di Stefano Landi per milano.corriere.it.
Bar come gli uffici? Cosa è cambiato con il Covid
L’ufficio diffuso è un po’ l’inevitabile coda di questo periodo di smart working selvaggio. Però l’idea che è venuta alla start up Nibol tira un assist anche a un comparto che invece dall’epidemia sta uscendo parecchio incerottato. «La nostra è un app che consente di ritagliare postazioni di lavoro agile nei diversi bar e caffè di Milano. Così aiutiamo a ripartire anche i locali della città», racconta Riccardo Suardi, 26 anni, bergamasco, cresciuto a Milano, che le ossa se l’è fatte in Sudafrica facendo volontariato.
Con lui oggi c’è un team di quattro persone. L’idea era nata pre-Covid, ma ovviamente tutto è cambiato, comprese le prospettive
«L’idea mi è venuta quando studiavo in Inghilterra. Con sei inquilini era impossibile mettersi al computer in casa», ricorda. Andava da Starbucks o al pub. Caffè o birra davanti. Lo facevano tutti. «In Italia invece mancava questa abitudine. Quando entri in un locale non sai mai se ti cacciano dopo pochi minuti o se il wi-fi regge. Ho cominciato a girare per Milano inserendo gli indirizzi che contattavo in una mappa di Google. Luoghi economici, comodi e accoglienti».
Il bar che si evolve
Come nella storia recente di start-up di successo, l’idea nasce da un’esigenza personale che si trasforma in risorsa per altre persone. Su Nibol puoi prenotare una postazione di lavoro, ma anche una sala meeting. Grazie alla geo-localizzazione, l’app mette in evidenza i locali iscritti più vicini all’utente. Sono visibili i dettagli delle singole postazioni, dalle prese elettriche all’aria condizionata, con le recensioni lasciate dagli altri clienti su voci quali comodità e tranquillità della location, ma anche qualità del cibo e bevande.
Ovviamente c’è il protocollo anti-Covid da rispettare
Il locale assegna una postazione (con sanificazione garantita) con una fascia oraria, in modo da evitare intasamenti. Alcuni mettono la consumazione obbligatoria, in modo da far «fatturare» quel tavolo ad ore, specialmente in quelle meno frequentate. Nel periodo pre epidemia avevano aderito 40 locali. Nel frattempo molti hanno chiuso o si sono convertiti al take-away.
Ma con la Fase 2 il settore torna a essere strategico. «Nel momento critico che tutti stanno vivendo, noi proviamo a cavalcare l’onda del lavoro agile, dato che il 60 per cento dei lavoratori dichiara di voler continuare a lavorare da remoto». Ci sarebbe l’alternativa del coworking, che a Milano abbondano e funzionano bene. «Ma costano e soprattutto impegnano per un periodo più o meno lungo», dice Suardi. Nei bar tutto può durare il tempo di un caffè. Che a volte basta e avanza per far funzionare le cose.