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martedì 05 Novembre 2024
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Bar troppo rumoroso: per la legge è sempre il giudice che decide se farlo chiudere

Quando il bar è troppo rumoroso, non è detto che debba essere chiuso; può decidere il giudice come limitare i rumori facendo proseguire l'attività.

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MILANO – Quante volte è capitato di avere a che fare con il chiasso di un bar rumoroso ad orari non particolarmente piacevoli? Le proteste dei cittadini spesso si scontrano con i gestori dei locali che guardano innanzitutto al profitto e quindi a garantire l’intrattenimento per la propria clientela. Che cosa succede quindi di fronte a queste due parti interessate? A deciderlo è la legge e la decisione di un giudice, che va coinvolto nel processo. Leggiamo cosa prevedono le norme dal sito condominioweb.com.

Bar rumoroso: quando lo è e quando deve chiudere?

A norma dell’art. 844, primo comma c.c. il proprietario di un fondo non può impedire in ogni caso le immissioni di fumo, calore, scuotimento o rumore provenienti dal fondo attiguo. Ma può intimare l’interruzione della produzione rumorosa quando la stessa superi il limite della normale tollerabilità.

Così dispone l’art. 844 c.c.: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità. Avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”.

Dalla sola lettura della norma si evince che la valutazione da effettuare sui bar è a sé, dipendendo dal caso concreto e dalle circostanze dei luoghi

Il limite della normale tollerabilità delle immissioni rumorose “non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo. Secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante. Sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (cd. criterio comparativo), sicché la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata” (Cass. civ. n. 28201/2018).

Questo accertamento si fonda sul criterio della normale tollerabilità sancita dal primo comma dell’art. 844 c.c. Bilanciato con il criterio di contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà e la priorità d’uso, di cui al secondo comma della stessa disposizione normativa.

Il giudice quindi effettua una valutazione complessiva della situazione e degli interessi in gioco, emettendo di conseguenza i provvedimenti che ritiene maggiormente idonei

Questi sono i principi sanciti di recente dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 2757 del 08.02.2020.

Nel caso di specie la vertenza nasce dall’attività di un bar ritenuto troppo rumoroso; in ragione di ciò, sin dal primo grado di giudizio è stata dettata tutta una serie di accorgimenti e adempimenti al fine di cessare le immissioni in questione, soprattutto il divieto di accesso degli avventori del bar alla parte pergolata scoperta a partire dalle ore 24.00

Questa decisione è stata confermata in appello nonché in cassazione dove si è constatata la correttezza del ragionamento dei giudici di merito

Queste le osservazioni su cui si fonda la pronuncia: “… Come è stato già affermato da questa Corte (Cass. n. 1069 del 2017), in materia di immissioni sonore, mentre è senz’altro illecito il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla normativa rilevante in materia, l’eventuale rispetto degli stessi non può far considerare senz’altro lecite le immissioni. Dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all’art. 844 c.c.

Invero, se le emissioni acustiche superano, per la loro particolare intensità e capacità diffusiva, la soglia di accettabilità prevista dalla normativa a tutela di interessi della collettività, a maggior ragione le stesse, ove si risolvano in immissioni nell’ambito della proprietà del vicino, devono per ciò solo considerarsi intollerabili ai sensi dell’art. 844 c.c., e, pertanto, illecite, anche, sotto il profilo civilistico.

L’eventuale rispetto dei limiti previsti dalla legge non può, tuttavia, fare considerare senz’altro lecite le immissioni

Dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi in relazione alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo. Ossia da quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici del luogo, sui quali vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo).

Spetta, peraltro, al giudice di merito accertare in concreto gli accorgimenti idonei a ricondurre tali immissioni nell’ambito della normale tollerabilità (Cass. n. 887 del 2011). ”

Il ricorso del bar era stato presentato principalmente per ottenere l’imposizione di diversi accorgimenti atti a ampliare gli orari di accesso all’area aperta.

Sulla scorta dei sopra indicati principi, la Suprema Corte ha concluso che:

– poiché l’incidenza della rumorosità deve essere valutata in termini maggiori nella fase notturna, è corretto che il giudice di merito abbia concesso l’utilizzazione degli spazi esterni al locale ad orari che non sono destinati al riposo o in cui le esigenze di tranquillità degli occupanti della vicina abitazione possono ragionevolmente cedere alle opposte esigenze di tipo ricreativo;

– la domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l’attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare la situazione pregiudizievole (cfr. Cass. 5 agosto 2011 n.17051; Cass. 17 gennaio 2011 n. 887; Cass. 21 novembre 1973, n. 3138)

– indipendentemente dalla domanda formulata dal ricorrente, spetta al giudice determinare nel concreto le misure necessarie ed idonee a far rientrare l’attività nella sfera del lecito.

Nel caso di specie, la Corte di merito, alla luce delle risultanze istruttorie (prova testimoniale)

Che hanno confermato l’intollerabilità delle immissioni provenienti in forma costante e nella fascia notturna dall’attività in questione, ha ritenuto di dover convalidare le prescrizioni adottate dal giudice di prime cure, anche quelle integrative, in quanto, solo nel loro complesso, misure concretamente idonee ad eliminare la situazione di pregiudizio.

Si ricorda che in quest’ambito possono venire in rilievo anche disposizioni amministrative e/o penali

La legge di Bilancio 2019 ha aggiunto un comma all’articolo 6 ter del Dl 208/2008 in tema di tollerabilità del rumore per le attività economiche. Il riferimento non è più solo l’art. 844 c.c. ma anche lalegge 447/95 (c.d. «legge quadro sull’inquinamento acustico»).

Dal 2019 in caso di un controversia, il giudice deve utilizzare i parametri dei decreti attuativi della legge 447/95, parametri che variano in base al tipo di sorgente sonora. Per le immissioni rumorose, il criterio è dei tre decibel.

L’art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (cd. legge quadro sull’inquinamento acustico) prevede un’ipotesi di illecito amministrativo nel caso in cui “nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore” si superino “i valori limite di emissione o di immissione ” fissati in conformità al disposto dell’art. 3, comma 1, lettera a) della stessa legge.

Ogni Comune tendenzialmente ha un proprio “Regolamento per la disciplina delle attività rumorose “

Che disciplina le competenze comunali in materia di inquinamento acustico, stabilendo altresì in quali orarideve essere garantito il silenzio.

Infine, “chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità” può incorrere nel reato di cui all’art. 659 c.p. , qualora ne ricorrano i presupposti (Cass. Penale 20 giugno 2016, n. 25424).

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