NAPOLI – Ormai non fa quasi più notizia (purtroppo) la grave crisi in cui versano bar e ristoranti a causa del Covid. Quello che invece colpisce è quando questi posti hanno talmente influenzato la quotidianità di chi li vive che sono gli stessi clienti a salvarli: questo è il caso del bar Nilo di Napoli. Leggiamo cosa si sono inventati per sostenerlo, dall’articolo del professore nonché ex rettore dell’Università Federico II Guido Trombetti su napoli.repubblica.it.
Bar Nilo: via al crowdfunding
Quando Sergio Bagnulo mi ha scritto per sms “Guido hai saputo? Si è sparsa la voce che chiude il Bar Nilo?” ho provato un misto di emozione, tristezza e sconforto. E ho subito telefonato a Bruno Alcidi.
Titolare del baretto. Per me, Sergio e Lucio, ma non solo per noi, un baretto storico. Un locale di pochissimi metri quadri sito in via San Biagio dei Librai. Dieci metri dopo piazzetta Nilo. In quel luogo per oltre venti anni immancabilmente tutte le mattine si andava a prendere il caffè, noi amici. Prima della lezione. Prima degli esami. Prima di dare inizio insomma alla giornata lavorativa. Salvo tornarci anche dopo pranzo. Per curiosità ho provato a fare il conto. Avrò bevuto negli anni, più o meno, circa 10 mila caffè al Bar Nilo! Ad accoglierci il padre di Bruno che a quel tempo conduceva il locale.
Capelli ricci. Carnagione scura. Un sorriso accogliente. Un garbo e una eleganza dai modi particolari. Caratteristiche ereditate per intero dal figlio Bruno cui toccò di proseguire l’attività quando il padre lasciò.
Erano i tempi di Mezzocannone 8. Dove aveva sede l’Istituto di matematica
Con i pochissimi studi affollatissimi di docenti. Dove c’erano le aule. E la storica biblioteca riorganizzata e ricondotta a splendore da Carlo Miranda. Dove c’era lo studiolo di Renato Caccioppoli. Altri luoghi. Piazza San Domenico Maggiore era allora un inestricabile nido di auto parcheggiate. E tra lì e piazzetta Nilo, oltre che in via Mezzocannone, un variegato mondo di locali, per lo più striminziti, componevano la rete dei servizi a disposizione del pullulare di studenti, docenti, impiegati. “La Campagnola”, vini e cucina dove mangiare nello spacco un boccone casareccio. Tutte le librerie più importanti. Copisterie e rilegatorie, con variopinte copertine di tesi a far bella mostra in vetrina.
Cartolerie. E tanti bar… Attività in gran parte cancellate o ridimensionate per una serie di cause. L’insediamento di Monte Sant’Angelo dove si trasferirono docenti e studenti di Matematica, Biologia, Chimica e Geologia.
Cioè tutta la vecchia Facoltà di Scienze ( la Fisica era già da anni nell’area di Fuorigrotta). Ma ancor di più il digitale domestico. L’avvento di Amazon …
Il bar Nilo però era sopravvissuto allo tsunami
Per me era impossibile capitare da quelle parti senza entrare a bere il caffè da Bruno. Che mi accoglieva sempre con grande affetto. (Mi era impossibile pagare).
Fino ad ieri il Bar Nilo intercettava il flusso di turisti che percorreva via Tribunali. E che immancabilmente vi sostava per il caffè. Anche per effetto di una idea geniale di Bruno che aveva portato il locale agli onori delle guide turistiche internazionali. In occasione di una trasferta del Napoli a Milano, a Bruno era capitato di viaggiare in aereo seduto dietro a Maradona. Con destrezza tutta napoletana prima di scendere notò sulla spalliera del sedile un capello del fuoriclasse argentino. Lo raccolse.
Lo custodì gelosamente. E lo depositò insieme ad una foto del campione, sotto un vetro, in una sorta di altarino che troneggiava nel bar. Con la didascalia “Capello originale di Maradona”.
Quanta formidabile ironia ed autoironia in quell’aggettivo originale. Quasi a rimarcare che si sa come è Napoli. Magari sarebbero venute fuori decine di capelli di Maradona contraffatti! Così il Bar Nilo divenne noto nel mondo, almeno in quello degli appassionati di calcio, come “il caffè do capello ‘e Maradona”.
Quante volte con Sergio e Lucio sorseggiando il caffè mattutino abbiamo chiacchierato del Napoli e di Napoli, di cinema e di politica avvolti nell’atmosfera amicale creata dalla famiglia Alcidi. Padre e figlio.
Bruno ha riaperto il bar nel giorno della morte del genio argentino per far omaggio a quella reliquia. Ma la pandemia non fa sconti. Niente studenti. Niente docenti. Niente turisti. Incasso medio di 50 euro al giorno. A fronte di 5 mila euro di spese fisse mensili. I ristori sono irrisori e le banche non fanno prestiti, mi dice Bruno. E così anche il Bar Nilo sarà – quasi certamente – costretto alla resa, annuncia con un groppo alla gola.
Allora mi viene una idea. Perché Bruno non prova a costituire un crowdfunding a sostegno del Bar Nilo. Una sorta di finanziamento collettivo. Direi meglio. Un moderno “caffè sospeso”. Gli amici vecchi e nuovi (che sono tanti) , i frequentatori storici (che sono tanti) potrebbero acquistare un certo numero di caffè anticipati. Ognuno secondo le sue disponibiltà. Chi dieci. Chi cento. E, perché no?, chi mille…