ROMA – Una vicenda partita nel 2017, quando la catena di bar Katanè Sapori di Sicilia ha visto la luce in seguito alla riorganizzazione di dipendenti e familiari per il seguestro dei locali Mizzica!. Passati poi altri tre anni, il Tribunale di Roma ha proseguito mettendo i sigilli anche sul secondo marchio, per aver utilizzato i soldi della Camorra. Leggiamo la notizia da ilfattoquotidiano.it.
Bar Katanè di nuovo sotto il mirino della legge
È terminata così l’inchiesta della Dda di Roma, delegata ai finanzieri, nei confronti di Gaetano Vitagliano, arrestato nel giugno 2017 nell’ambito dell’operazione Babylonia e condannato nel 2018 a 11 anni e 6 mesi reclusione. Con una confisca di beni per 9 milioni di euro. Gli investigatori lo ritengono a capo di un’associazione, vicina al clan camorristico degli Scissionisti Amato-Pagano, dedita al riciclaggio e all’intestazione fittizia di beni.
Tre anni fa gli erano stati sequestrati i bar siciliani Mizzica! di via Catanzaro, in zona piazza Bologna, e piazza Acilia. Ancora oggi sotto il controllo di un amministratore giudiziario. Ma la Guardia di finanza ha continuato a indagare notando l’apertura di alcuni punti vendita con il marchio Katanè e logo simile a quello della catena Mizzica.
L’inchiesta
Secondo il Tribunale di Roma ha permesso di dimostrare come i nuovi bar erano nati da ex dipendenti della vecchia catena, avevano gli stessi fornitori e dipendenti, tra cui anche familiari di Vitagliano. Una continuità che, secondo gli investigatori, dimostra come anche i quattro Katanè siano stati aperti con soldi ricavati da attività illegali.