MILANO – A che punto siamo con l’eliminazione della plastica usa e getta in bar e caffetteria o esercizi pubblici? L’agenzia Adn Kronos ha realizzato un articolo che fa il punto della situazione sulla base di un’indagine condotta nelle scorse settimane dai volontari di Greenpeace, l’associazione ecologista che è presente in tutto il mondo.
Superare l’impiego di alcuni dei più comuni oggetti in plastica usa e getta. Si tratta di uno dei punti in discussione nella recente direttiva europea sulla plastica monouso ed è già possibile. Lo rivela un’indagine condotta nelle scorse settimane dai volontari di Greenpeace in 162 bar, pub e caffetterie situati in dieci città italiane: Bari, Bologna, Firenze, Udine, Napoli, Milano, Palermo, Torino, Pisa e Padova.
Dall’indagine, somministrata sotto forma di questionario ai gestori dei locali, emerge che il 95% di questi non impiega già piatti usa e getta né in plastica né in altri materiali, il 77% impiega agitatori per cocktail in metallo utilizzabili infinite volte, il 58% non utilizza posate in plastica ma nemmeno in altri materiali monouso e il 13% usa cannucce in metallo lavabili e riutilizzabili.
Superare l’utilizzo di plastica monouso
“Superare l’utilizzo della plastica monouso, e più in generale non ricorrere a prodotti usa e getta, è già una realtà in numerose città italiane – dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – L’Unione Europea e il ministro non hanno alibi: è possibile già da oggi adottare soluzioni ambiziose che vadano al di là della semplice sostituzione della plastica usa e getta con altri materiali, come carta e bioplastica”.
Nelle scorse settimane Greenpeace, insieme alle altre organizzazioni della coalizione europea Rethink Plastic Alliance, ha messo in evidenza, infatti, le varie problematiche ambientali connesse alla sostituzione della plastica monouso con la bioplastica, ribadendo la necessità di prevenire e ridurre la produzione di rifiuti a monte: unica strategia sostenibile a lungo termine.
Parlano i fatti
A parlare sono i fatti. Dall’indagine condotta da Greenpeace, per esempio, emerge che alcuni dei locali italiani hanno già adottato una strategia “rifiuti zero”. Come il caso di Lortica a Bologna. Che dà la possibilità ai clienti di riempire gratuitamente le proprie borracce per l’acqua. Inoltre sceglie per i propri acquisti principalmente alimenti sfusi. Riducendo al minimo il ricorso al packaging indipendentemente dal materiale di cui è composto.
L’Ex Asilo Filangieri a Napoli utilizza per la birra solo bicchieri non monouso, lavabili e riutilizzabili. E applicazione un deposito cauzionale di 50 centesimi di euro che vengono restituiti alla riconsegna del bicchiere. Il locale Sabir di Palermo, poi, ha sostituito le cannucce in plastica monouso con quelle in rame. Che possono essere lavate ed utilizzate infinite volte.
Molti locali hanno già deciso di abbandonare gli oggetti monouso. Ma è necessario sottolineare come, nel corso dell’indagine, siano emerse numerose criticità. Soprattutto riguardo le bottiglie in plastica usa e getta per l’acqua minerale. Infatti, di tutti i locali in cui sono state condotte le interviste, solo il 15% adotta per l’acqua imballaggi e sistemi alternativi di distribuzione. Un sinonimo inequivocabile che per questi prodotti le aziende forniscono, sia ai gestori dei locali che ai consumatori, poche alternative alla plastica tradizionale.
Necessario l’intervento dei grandi marchi
“Se vogliamo salvare i mari è necessario che intervengano i grandi marchi degli alimenti e delle bevande. Quelli che immettono sul mercato grandi volumi di plastica monouso. E facciano la loro parte e si assumano le loro responsabilità. Queste aziende sanno benissimo che è impossibile riciclare tutto questo materiale. Per questo, insieme ad oltre un milione di persone che hanno aderito al nostro appello, chiediamo loro di ridurre drasticamente l’utilizzo di contenitori e imballaggi in plastica monouso”, conclude Ungherese.