domenica 22 Dicembre 2024
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BAP, dalla torrefazione 68 al coffee shop specialty: “Siamo il giusto compromesso sia per i romani che per i turisti”

I gestori: "Dietro il nostro lavoro c’è sicuramente della cura, competenza, qualità, ma c’è anche il rispetto del consumatore, che è parte integrante di questo progetto e di cui accoglieremo le richieste e i feedback. Infatti Bap muterà in base alle reazioni di chi lo frequenta senza per questo snaturarsi: non faremo caffè in vetro, lo zucchero ci sarà anche se consiglieremo di non usarlo. Vogliamo educare con dolcezza i nostri clienti"

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MILANO – A Roma ancora lo specialty non ha smesso di essere un’opportunità per chi vuole avviare un’attività legata al concetto di qualità. Con l’apertura prevista a maggio, Bap, vuole essere un esempio per chi investe nella materia prima, in primis il caffè: dietro al progetto, Torrefazione 68 – storica impresa romana alla terza generazione – capitanata da Giulia e Fabrizio.

Il team di Bap al completo, rispecchia la volontà di portare avanti un’azienda di famiglia: Marianna Gallo, figlia di Fabrizio, sommelier di esperienza internazionale, il suo compagno Matteo Anselmi chef con ispirazione internazionale che ha appreso maturato esperienza in diversi fine dining internazionali e della capitale.

La caffetteria è affidata al latte artist Gianmarco Frosoni. La pasticceria è un altro fiore all’occhiello di Bap, curata in collaborazione con Lorenzo Spavone, pastry chef che curerà le ricette per sfoglie italiane e francesi, impostando il menù sempre con una maggiore attenzione al caffè.

Lorenzo Spavone fa colazione da Bap (foto concessa)

Bap: tutto parte proprio dalla caffetteria

“Era arrivato il momento per la nostra torrefazione di avere una propria vetrina che fosse una realtà aperta a 360 gradi: così affidandoci all’esperienza di Marianna e Matteo abbiamo deciso di creare un locale polivalente. La differenza rispetto ad altri coffee shop di questo genere sta nel fatto che lo specialty da Bap è inteso come il filo conduttore tra le diverse anime del locale.

Ovviamente abbiamo curato molto la parte della caffetteria, dalla scelta di una Slayer, un Ceado Hero, una Tone per il brewing. Abbiamo creato un blend ad hoc, 100% Arabica con una bassa acidità (Brasile, Nicaragua, Colombia) affiancato ai nostri specialty (in espresso double shot e in filtro). Inoltre, porteremo ogni volta che viaggiamo degli altri roasters selezionati personalmente.

Abbiamo fatto questa scelta perché siamo convinti che una miscela debba esserci: apriamo in una zona dove sono già presenti caffetterie specialty e proprio per questo volevamo differenziarci. Le acidità troppo spinte non sono per tutti e abbiamo quindi cercato di trovare una soluzione più equilibrata così da avvicinare i consumatori a dei caffè di alta qualità che non traumatizzassero.”

Quali sono i prezzi di Bap?

“Pensavamo di partire con l’espresso singolo a 1.30 con il blend. Le monorigini ovviamente cambiano: in fase di apertura avremo anche in carta un Panama Geisha Don Elvira che dovrà sforare quell’euro e 20 per ovvi motivi. Mentre il filtro si aggirerà tra i 3 e i 3.50.

Per quanto riguarda invece i lieviti e la pasticceria, producendo tutto noi – metà del locale è un laboratorio di cucina – riusciremo a mantenere i prezzi concorrenziali.

Lo stesso discorso vale per l’espresso: possiamo mantenere un costo più moderato perché abbiamo il potere dietro di una torrefazione vera e propria alla terza generazione: alcuni prodotti andiamo direttamente a prenderli alle origini per vedere le piantagioni e fare una selezione. A Panama, quando siamo andati nel periodo della raccolta, abbiamo deciso addirittura noi il processo di lavorazione con i farmer.”

Il filtro da Bap (foto concessa)

E tutto questo è stato possibile perché Torrefazione 68 ha alle spalle una storia importante: il nonno di Giulia ha iniziato con un bar-torrefazione che tostava il caffè per sé e per alcuni colleghi. Il padre poi l’ha trasformata in un’azienda industriale, sempre però rispettando una qualità medio alta della materia prima.

E così Torrefazione 68 ha continuato su questa linea sino all’ingresso nel 2018 di Giulia e Fabrizio, che hanno affiancato le monorigini specialty e le miscele personalizzate di alta qualità all’offerta più commerciale. Attualmente ci sono due linee, una con processi di tostatura più industrializzati e l’altra più artigianale di specialty.

“Dopo un primo periodo di rodaggio necessario per far passare questa nuova modalità aziendale, concluso il Covid siamo stati compresi. Perché adesso le persone cercano più la qualità.

Ma perché aprire ora Bap?

“In questo nostro percorso ci è capitato di gestire delle aperture a New York e a Londra. Nel primo caso in società con un altro cliente e il suo marchio per cui facciamo la miscela personalizzata.

Stando però sempre dietro le quinte, il modo di confrontarsi al pubblico avveniva soltanto tramite le fiere. Invece noi volevamo trasmettere il nostro messaggio di caffetteria senza che ci fosse alcun intermediario tra noi e il consumatore finale.

Dentro Bap (foto concessa)

Così abbiamo pensato Bap, un locale internazionale che strizza l’occhio a tutto ciò che si può trovare in giro per il mondo, evoluto anche dal punto di vista del design e dell’estetica in stile Japandi con materiali grezzi e ispirazioni naturali, ma con l’accoglienza tipica dello stile scandinavo. Siamo molto contenti della location: nella zona inizia a bersi il caffè di alta qualità e le persone sono sempre più abituate grazie al lavoro portato avanti già negli anni da Faro.

Quando eravamo in fase di ricerca, abbiamo escluso il centro storico perché la nostra idea era quella di far arrivare facilmente i romani senza che si trasformasse un locale soltanto per turisti. Siamo il giusto compromesso, perché vogliamo conquistare entrambi i target. Essere nelle vicinanze di altre caffetterie specialty ci piace: una strada con più scelta dello stesso livello può essere trainante per la cultura dello specialty.”

Pasticceria e caffetteria: cosa c’è da Bap

“Per la parte del pranzo lo chef Matteo ha studiato un menù curato per gli uffici che fosse semplice, con proposte genuine ma realizzate con cura maniacale.

Ci saranno degli abbinamenti con il caffè nella pasticceria che includerà il primo come ingrediente nei dolci. Ci sarà sempre uno special in carta con il caffè che verrà usato anche nei cocktail – nei fine settimana saremo aperti anche a cena – e faremo dei signature a base di caffè. La cucina aprirà alle 9 di mattina e si potrà fare colazione scegliendo dalla vetrina o alla carta.”

La questione del personale come l’avete gestita?

“Così come abbiamo impostato il lavoro in torrefazione.

Giulia Mauceri e Marianna Gallo da Bap (foto concessa)

In Bap ci suddividiamo i compiti rispettando le varie competenze di ciascuno in famiglia. Poi abbiamo messo al banco Gianmarco Frosoni, esperto di latte art, mentre per la pasticceria abbiamo reclutato Lorenzo Spavone che stiamo formando con dei corsi sul caffè.

Si è aperto al mondo dello specialty e l’ha voluto inserire nella base dei lieviti. Allo stesso modo ogni componente dello staff è stato preparato sul caffè, sul vino, sul food, compresi i camerieri in sala che devono sapere spiegare il prodotto, raccontare le tazze, coinvolgere i clienti nell’identità di Bap.

È stato difficile trovarli, perché in giro c’è poca serietà in generale. Siamo partiti da una base di stipendi medio alta, proponiamo una formazione gratuita per evitare il turn over, dei contratti a tempo indeterminato, eppure ci siamo trovati spesso in situazioni spiacevoli: ad esempio qualcuno non si è neppure presentato ai colloqui dopo essersi proposti.

Da Bap il personale è un investimento e vogliamo sottolineare che chi parte con noi in questo progetto, dal banchista al pasticcere, ai ragazzi di sala, si adopera per arrivare allo stesso obiettivo: far crescere il locale, senza lasciare indietro nessuno. Tutti hanno la possibilità di fare carriera immediata, perché il nostro sistema è molto meritocratico.”

Da Bap, tutto è studiato, dalla colazione alla cena: si può spendere poco o tanto a seconda del momento

È possibile restare seduti quanto si desidera, all’interno di uno spazio di 140metri quadri con circa 35/40 coperti all’interno. Il bancone largo 60cm e alto un metro è stato pensato per un confronto diretto con il barista.

La latte art da Bap (foto concessa)

“Siamo contro l’approccio che alcuni del settore hanno rispetto al cliente, che sembrano quasi fare un favore a servirlo.

Dietro il nostro lavoro c’è sicuramente della cura, competenza, qualità, ma c’è anche il rispetto del consumatore, che è parte integrante di questo progetto e di cui accoglieremo le richieste e i feedback. Infatti Bap muterà in base alle reazioni di chi lo frequenta senza per questo snaturarsi: non faremo caffè in vetro, lo zucchero ci sarà anche se consiglieremo di non usarlo. Vogliamo educare con dolcezza i nostri clienti.”

Cosa vi aspettate dall’apertura?

“Che la gente si senta a proprio agio e riconosca in Bap un punto di riferimento forti anche della nostra esperienza da torrefattori.

Per scegliere la stessa miscela, ognuno di noi in azienda ha creato più soluzioni, confrontandosi con degli addetti ai lavori, facendo degli assaggi alla cieca con la compilazione di schede non puramente tecniche: nel pull abbiamo coinvolto anche persone non addette ai lavori perché non volevamo una miscela stratosferica che però fosse incomprensibile per il cliente finale. Senza volerlo abbiamo fatto delle valutazioni sull’esempio del nuovo C.V.A. di Sca, che troviamo più completo rispetto al precedente.

Testandolo un paio di volte per curiosità abbiamo capito che può aiutare a valutare più a 360 gradi il caffè che si sta assaggiando. Certo, bisogna farci l’abitudine perché il sistema del punteggio è stato un modo fin qui per comunicare basandosi sugli stessi parametri con i professionisti di diverse parti del mondo.”

Come state affrontando la crisi che sta colpendo i torrefattori?

“Facciamo fatica come tutti, per la reperibilità e per i costi delle materie prime, soprattutto – anche se può sembrare assurdo – con la Robusta che usiamo per le miscele più commerciali (scegliamo solo quella indiana che costa più dell’arabica commerciale brasiliana e allo stesso tempo non possiamo alzare troppo i prezzi).

Di base, avendo sempre fatto un lavoro di qualità, vendevamo già prima di questa crisi a dei prezzi un po’ più alti rispetto alla concorrenza. Il nostro margine ora si è assottigliato, ma teniamo duro. Quando abbiamo aumentato dopo il Covid nessuno si è lamentato, pur di avere la stessa qualità.”

Un dettaglio sul vino: “Nel servizio facciamo una mescita importante. La nostra sommelier non si spaventa ad aprire bottiglie di un certo livello e come per il caffè facciamo degustare diversi tipi di vino.“

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