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martedì 05 Novembre 2024
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Autogrill, il responsabile Salvà: «Spariti ormai anche gli irriducibili del caffè»

Fino a pochi giorni fa le organizzazioni sindacali dei benzinai minacciavano la «serrata», ma non tutti sarebbero stati d’accordo. Nonostante il calo degli incassi, infatti, alcuni gestori sono pronti anche tagliarsi lo stipendio pur di continuare a lavorare.

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MIANO – Gli Autogrill continuano a costituire il rifugio per i trasportatori di merci che si muovono per non lasciare sprovvisti i cittadini costretti a casa dei beni di prima necessità. Il loro viaggio sull’autostrada può contare sul conforto di un caffè in uno dei punti di ristoro della catena. I dipendenti, soprattutto la notte e in particolar modo le donne, hanno paura: in quelle ore questi spazi sono avvolti dal silenzio e diventano degli store fantasma. Leggiamo cosa succede per esempio nell’area di servizio Bauducchi Ovest, alle parole del responsabile Luca Salvà, dall’articolo di Massimo Massenzio per torino.corriere.it.

Autogrill, lo scenario deserto

Il racconto del responsabile: «Il 2 marzo, quando sono entrate in vigore le prime restrizioni alla mobilità, nelle stazioni di servizio sulla tangenziale c’era ancora il «pienone». Auto cariche di bagagli dirette verso mare e montagna, clienti in coda con pochissima attenzione per le distanze di sicurezza. Tre settimane dopo lo scenario è radicalmente cambiato: giro d’affari in calo dell’85% e interi turni senza fare neppure un pieno. L’unica cosa immutata sono i — pochissimi — clienti che continuano a ignorare i divieti.

Fino a pochi giorni fa le organizzazioni sindacali dei benzinai minacciavano la «serrata», ma non tutti sarebbero stati d’accordo. Nonostante il calo degli incassi, infatti, alcuni gestori sono pronti anche tagliarsi lo stipendio pur di continuare a lavorare.

«È dura, anzi, durissima, ma se chiudessimo anche noi sarebbe il blocco totale», spiega Luca Salvà, 25 anni, giovanissimo responsabile del distributore di Bauducchi Ovest. «Noi siamo convenzionati con polizia, carabinieri e guardia di finanza. E serviamo anche tanti mezzi della Croce Rossa. Le caserme con le cisterne sono davvero poche, ci vuole anche senso di responsabilità. Dobbiamo fare la nostra parte, anche se la soluzione sarebbe non rimanere aperti tutti assieme. Tanto ormai qui è un mortorio».

Il momento peggiore, ovviamente, è la notte

Dopo l’una i piazzali sono deserti e i primi clienti cominciano ad arrivare verso le sei : «Basta guardare gli scontrini — conferma Luca — Tra l’1.24 e le 5.56 abbiamo fatto un solo rifornimento con un incasso di 40 euro. Ma giovedì era andata anche peggio: cinque ore filate senza vedere neppure l’ombra di una macchina. Il servizio, però, dobbiamo garantirlo 24 ore su 24 e in quei momenti devi cercare qualcosa da fare. Io rimetto a posto la contabilità e pulisco tutto fino allo sfinimento. E quando arriva il primo cliente lo saluto come se fosse il mio migliore amico». Dopo le 7 del mattino la giornata entra nel vivo e per un paio di ore sembra essere tornati indietro di qualche settimana.

Dal bar arriva l’odore delle brioche appena sfornate e fuori dalla porta si forma la lunga coda degli irriducibili dell’espresso:

«Ricordo che il primo giorno in cui sono rimasti chiusi i bar in città, qui c’era una fila lunghissima — continua il gestore — la gente arrivava anche dall’ingresso pedonale sul retro, una cosa incredibile. Anche solo per comprare un gratta e vinci, perché pensavano che anche le tabaccherie fossero chiuse. Adesso si può entrare solo uno alla volta, la consumazione bisogna farla all’aperto e il caffè si beve solo nelle tazzine usa e getta. Poi, dalle 10,30, si ricomincia a non vedere più nessuno fino all’ora di pranzo».

Alla fine, però, Luca riesce sempre a trovare il lato positivo: «Io credo che questa esperienza ci servirà moltissimo, a livello umano e professionale. Quando sarà tutto finito e torneremo ad avere giornate piene di lavoro mi ricorderò di questi giorni, quando il tempo non passava mai. E smetterò di lamentarmi».

 

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