MILANO – Il meccanismo mastodontico che muove una catena di ristorazione delle dimensioni di Autogrill, non è semplice da far funzionare in maniera efficiente. Una premessa che si fa ancora più vera nel momento di crisi pandemica che ha colpito tutta Italia, l’Europa e il mondo, paralizzando il traffico sulle autostrade e aeroporti, fonte principale della clientela di questo gruppo. E allora come ha reagito e cosa ha raccolto in questo 2020 difficile? Leggiamo i dettagli dal sito corriere.it, dall’articolo di Federico De Rosa.
Autogrill in evoluzione per adattarsi al virus
Non è stato facile tenere la barra dritta con le autostrade e gli aeroporti vuoti. Per chi, come Autogrill, basa il suo fatturato sui consumi in mobilità — il gruppo ha oltre 4 mila punti vendita e 60 mila dipendenti in 30 Paesi — il 2020 è stato un anno difficile e di grande lavoro. Che Gianmario Tondato da Ruos ha condotto con il management «per mettere in sicurezza le persone e il conto economico, ridisegnare il modello organizzativo e calibrare gli sforzi per attraversare questa difficile fase» spiega l’amministratore delegato di Autogrill. La scorsa settimana il gruppo controllato da Edizione della famiglia Benetton ha avviato il processo per un aumento di capitale da 600 milioni che segna un punto di svolta.
Il peggio è passato?
«La pandemia procederà ancora a ondate ma l’arrivo dei vaccini inizia a cambiare le prospettive. Nell’ultimo trimestre 2020 negli Usa il traffico aereo si è stabilizzato intorno a un valore del 65-70% inferiore rispetto all’anno precedente, dal crollo di oltre il 90% di marzo e aprile. In Italia abbiamo notato una maggiore resilienza del canale autostradale che dopo avere subito una riduzione del traffico di oltre l’80% si è attestata intorno al -35% nelle ultime settimane dell’anno. Adesso tutti sono concordi che ci sarà la ripresa. Quello che non si sa ancora è quando, ma ci sarà e dunque per Autogrill è importante prepararsi prima che il mercato riparta».
Perché un aumento di capitale adesso?
«Gran parte dei nostri competitor internazionali hanno già fatto aumenti di capitale per fronteggiare la crisi mentre noi abbiamo preferito concentrarci per cercare di capire come affrontare questa discontinuità. Quando è scattato il primo lockdown, in due settimane abbiamo ridisegnato il modello produttivo di ogni divisione di business. E’ stato messo in sicurezza il conto economico, ridotto l’organico attraverso il ricorso alla cassa integrazione e agli altri strumenti simili previsti negli altri Paesi in cui siamo presenti. Sono stati fatti dolorosi tagli di organico a livello dirigenziale.
Per fortuna avevamo un livello di debito che ci ha permesso di concentrarci sulla riorganizzazione e grazie anche a un finanziamento di 300 milioni sostenuto dalla garanzia Sace abbiamo potuto gestire le esigenze correnti. Questo lavoro ha dato risultati. Siamo riusciti a ridefinire il modello organizzativo mantenendo un livello positivo di generazione di cassa per i singoli negozi, nonostante volumi di traffico bassissimi. Ritengo che aver aspettato sia stato meglio perché questo ci dà adesso più forza e credibilità con il mercato».
A cosa servono i nuovi capitali?
«Adesso che abbiamo fatto “i compiti a casa” e messo in sicurezza il modello di business, possiamo riprendere il percorso di crescita previsto dal piano strategico. La crisi, lo abbiamo visto già in passato, offre momenti di discontinuità con possibilità di creazione di valore per chi è patrimonialmente più forte».
Possibilità per fare acquisizioni. Ha in mente questo?
«E’ evidente che laddove le perdite di fatturato sono state maggiori si presenteranno opportunità di creazione di valore: ad esempio il canale aeroportuale in Nord America. Nei mercati dove siamo già forti, quindi Stati Uniti ed Europa, è più facile trovare opportunità. Il nostro rafforzamento patrimoniale ci darà anche opportunità organiche, subentrando a operatori scarsamente patrimonializzati e possibilità di crescita per linee esterne, coerentemente con le dichiarazioni di capital allocation fatte pre-covid. Direi che l’assunto di fondo del piano strategico presentato nel 2019, ossia la creazione di valore, resta valido. Questa crisi è come una grande pausa ma il leitmotiv del nostro piano resterà sempre quello».
Una volta superata la pandemia, quali cambiamenti resteranno in Autogrill?
«L’emergenza Covid ha fatto emergere modelli che esistevano già ma per i quali non era prevista una crescita così improvvisa. Penso alle ghost kitchen, al mondo del delivery. Sono mutate le abitudini e di conseguenza è cambiato il modello operativo della ristorazione. I menu sono fortemente cambiati per intercettare un maggior pubblico. Gli ambienti di consumo si sono trasformati: gli spazi esterni andranno ripensati e privilegiati rispetto agli spazi interni. Andremo sempre di più al ristorante prenotando, anche nei fast food».
La rivoluzione portata dalla pandemia potrebbe creare anche opportunità per qualche cessione?
«Il tema di fondo del nostro piano strategico è la creazione di valore e quindi se dovessimo avere degli asset che sono valorizzati in modo importante dal mercato e la cui dismissione è coerente con la nostra strategia, non c’è motivo per cui non si debba valutare la cessione. Possiamo decidere di uscire da attività meno performanti e reinvestire in altre con maggiore crescita e generazione di cassa. L’importante è farsi trovare pronti».