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mercoledì 04 Dicembre 2024
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Arianna Mingardi sul rincaro della tazzina: “Preserviamo la libertà di scegliere il prezzo”

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MILANO – Arianna Mingardi interviene per commentare l’intervista di Antonio Quarta, in qualità di Presidente dell’Associazione Caffè Trieste, che è filiera, rappresentante di traders, spedizionieri doganali per arrivare alle torrefazioni e alle aziende collegate.

Mingardi premette: “Sono una persona che non impone il proprio pensiero agli altri e quindi rispetto assolutamente quanto ha espresso Antonio Quarta. “

“Credo che, considerando le diversità tra le varie regioni e il contesto legato a ciascuna di esse, la libertà sia la cosa più importante da preservare, quindi la capacità di ciascun operatore di fare la propria scelta anche in termini di prezzo.

Il caffè, lo sottolineo, non è a chilometro zero, perché arriva da zone molto lontane ed è un prodotto di importazione che in questi ultimi anni, in particolare in questo ultimo periodo ha subito degli aumenti enormi.

I costi che la filiera sostiene dalle origini sino al consumatore finale, che lo beva al bar o che lo acquisti per consumo personale, sono significativi, a partire dalla materia prima. Il proprietario di un locale deve essere libero di stabilire il prezzo che ritiene opportuno, in rapporto alla location, al pubblico di riferimento, alle sue spese.

“Non si può limitare la questione alla sola divisione tra il costo al chilo del caffè e circa le 142 tazzine che si possono estrarre da questo.”

“Credo sia giusto pensare anche allo stipendio del barista: ci lamentiamo dei giovani che spesso svolgono questo mestiere come piano B, ma siamo già i primi a non dare valore a questa professione pagandola poco.

Poi si dovrebbe parlare del latte aggiunto al macchiato, dello zucchero, del biscotto sul piattino, le utenze, l’affitto: tutto questo compone il prezzo finale della tazzina. Il gestore deve poter fare i suoi conti, offrire più miscele, selezionarle e magari pensare oltre l’espresso con altre estrazioni.

Questo non significa rendere inaccessibile ai più, l’espresso: esistono varie tipologie di clienti, chi lo beve di fretta, chi vuole prendersi un attimo di tempo per degustarlo. In ogni caffetteria c’è la diversificazione di prezzo per i prodotti, così anche per il caffè.”

Mingardi conclude: “Credo comunque che il caffè non possa costare meno di un euro e 50, ma che si debba partire da lì per poi salire, rispettando l’allineamento con il quotidiano.

Questo è il minimo. Potrebbe essere che in un primo periodo se ne berrà di meno, ma non credo che il rito della tazzina svanirà. Tutto ciò porterà a valutare ciò che si sta bevendo e le persone cominceranno ad interrogarsi sulla qualità del caffè che stanno degustando.

Diamo valore a ciò che consumiamo, anche quando si parla di caffè, così come avviene con altri prodotti. Perché non lo facciamo con questa bevanda?”.

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  • Brambati

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