MILANO – Di recente abbiamo condiviso qui il report frutto del lavoro di ricerca svolto dall’Area Studi Mediobanca, un quadro approfondito dell’industria internazionale del caffè con un focus sui 49 maggiori player italiani. I quali vantano un fatturato complessivo di 5,8 miliardi di euro ed export pari al 55,5% delle vendite globali.
Tra i principali produttori mondiali spiccano le due Case italiane come Lavazza e Massimo Zanetti Beverage Group che, insieme, rappresentano il 4,1% della torrefazione del green coffee globale.
Per completare la fotografia del settore, ecco un ulteriore focus su alcuni spunti emersi dalla prima analisi, anche sulla base di domande dei lettori, per una maggiore comprensione dei dati.
Qui, è a disposizione il report completo.
Area Studi Mediobanca: che cosa si intende esattamente per indice di performance delle torrefazioni?
“Si tratta di un indice che, riducendo i diversi indicatori reddituali, patrimoniali e di efficienza (Mon / Valore aggiunto, Oneri finanziari / Mol, Roe, Roi, Debiti finanziari / Mezzi propri, Debiti finanziari / disponibilità, Debiti Finanziari / Mol, Debiti finanziari / Fatturato, Investimenti / Fatturato, Costo del lavoro per unità di prodotto) ad una misura omogenea, ne neutralizza la differente scala numerica consentendone la somma (equiponderata) e la successiva normalizzazione. Ne deriva un punteggio che assume valori pari o prossimi a uno per le aziende più virtuose e tendenti a zero per quelle che manifestano le maggiori tensioni.”
Rispetto agli altri settori, come si colloca la redditività delle torrefazioni del caffè in Italia?
Di seguito una tabella di comparazione tra i dati di redditività delle maggiori imprese del comparto caffè in Italia comprese nel Report e gli altri settori alimentari (fonte Area Studi Mediobanca, Dati Cumulativi, ed 2022)
Perché non avete preso in considerazione anche lo stato dei trader di verde?
“Abbiamo preferito concentrare l’analisi sulle sole attività produttive / commerciali in esclusiva o a marchio proprio.”
Quanto ha inciso il Covid sulle torrefazioni?
“A pag. 47 del report completo – disponibile a questo link – la Tab. 29 dà conto di quanto è stato perso in termini di fatturato totale/esportazioni/fatturato domestico tra il 2019 e il 2020 (prima colonna) e quanto poi è stato recuperato. Il 2021 ha portato un pieno recupero chiudendo con una variazione positiva pari all’11,1% alimentata sia dalle vendite nazionali (+10,5%) che dall’export (+11,6%) tanto che tra il 2019 e il 2021 si è registrata una crescita media annua pari all’1% (+0,4% oltreconfine, +1,7% domestico).”
Gli agricoltori meglio remunerati nella media dell’ultimo trentennio sono quelli che coltivano la Robusta in India: questo potrebbe riflettersi anche in termini qualitativi su questa varietà?
“Se consideriamo le quotazioni internazionali riflessive del contenuto qualitativo, la sua indicazione è ragionevole.”
Alla luce del vostro specchietto di approfondimento sulla composizione del prezzo della tazzina al dettaglio su scala globale, come ricalcolereste per l’Italia, sulla base della media di un euro ad espresso?
Considerando 1 euro, il prezzo della tazzina si compone così:
coltivazione e raccolta contano per il 2,6% = 0,026
i costi connessi all’esportazione sono pari al 5,9% = 0,059
la torrefazione incide per il 12,3%= 0,123
la distribuzione (sia verso il settore retail che verso l’horeca.) vale l’1,6% = 0,016
i residui tre quarti (77,6%) sono appannaggio della fase di vendita al dettaglio = 0,776 che si intende comprensivo di tutti i costi che gravano sul retail, inclusa la tassazione.
Analizzando il dato horeca che nel 2021 ha visto le vendite di caffè torrefatto nell’horeca del +21,7%, per attestarsi su un controvalore di 588 milioni di euro, ancora distante dai livelli pre-Covid (866 milioni di euro): quando si avvertirà il ritorno al periodo prima della pandemia?
Considerando anche che il consumo domestico e della gdo ha guadagnato terreno negli anni di chiusure e limitazioni?
La ripresa nel canale horeca è stata avviata nel 2021 e dovrebbe essere proseguita nel 2022, ma non abbiamo analisi a supporto. Quello che possiamo dire è che il rito del caffè al bar può considerarsi come un consumo relativamente inelastico al prezzo e quindi anche a fronte di eventuali aumenti del prezzo della tazzina nell’ordine del 10-20%, la maggioranza degli italiani non rinuncerebbe a un buon espresso al bar. Questo fa ben sperare sul pieno recupero dei livelli prepandemia.
In base alla vostra categorizzazione in 4 scenari legati a diverse tenenze di consumo, potremmo affermare che l’Italia da mercato guidato da fattori demografici con offerta limitata e basica, si sta spostando verso il nuovo paradigma premiumisation?
“La nostra categorizzazione di pag. 35 riguarda i Paesi esteri dove l’Italia potrebbe avere possibilità di business.
L’Italia non rientra certamente tra i mercati guidati dai fattori demografici poiché, anzi, qui abbiamo un problema reale di denatalità e quindi la platea di consumatori potrebbe ridursi notevolmente. Certamente anche in Italia ci si sta spostando verso la premiumisation.”
Quanto i torrefattori italiani stanno svoltando per una filiera più sostenibile per l’ambiente e per i coltivatori anche attraverso i report? E’ una percentuale in crescita?
“Si può considerare una tendenza che aumenterà nei prossimi anni? le tematiche di sostenibilità sono sempre più parte integrante dell’attività dei principali torrefattori. Si riscontra tuttavia ancora un certo ritardo in termini di misurazione e comunicazione tra le principali imprese nazionali. Il ricorso ad un Report di sostenibilità avviene solo nel 16,3% dei casi e tra questi vi è un ampio utilizzo (75% dei documenti) degli standard internazionali di rendicontazione del Global Reporting Initiative (GRI) per l’identificazione e stima delle principali metriche.”