lunedì 23 Dicembre 2024
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Aprassia ideativa, quando preparare la moka diventa problema neuropsichiatrico

Per aprassia si intende l’incapacità della persona ad eseguire un gesto su richiesta (ad esempio: l’esaminatore che chiede alla persona di riprodurre il gesto del “ciao”), benché non siano presenti difetti di moto, di senso e di coordinazione che ne giustifichino il suo fallimento, o perché sono assenti in assoluto o perché non interessano l’arto esaminato (De Renzi, 1980). Possono persistere difficoltà sia per i movimenti che riguardano gesti simbolici e sia verso oggetti inanimati (De Renzi e coll. 1980)

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MILANO – Un argomento complesso, tra psicologia e neuropsichiatria. Ma interessante perché svela come anche una semplice macchinetta per il caffè può servire ad indagare il cervello. Nell’ambito dei disturbi del movimento, uno più complesso e che ha occupato in un primo periodo di tempo una posizione secondaria nello studio della categoria dei disturbi aprassici, è l’aprassia ideativa.

Per aprassia si intende l’incapacità della persona ad eseguire un gesto su richiesta (ad esempio: l’esaminatore che chiede alla persona di riprodurre il gesto del “ciao”), benché non siano presenti difetti di moto, di senso e di coordinazione che ne giustifichino il suo fallimento, o perché sono assenti in assoluto o perché non interessano l’arto esaminato (De Renzi, 1980). Possono persistere difficoltà sia per i movimenti che riguardano gesti simbolici e sia verso oggetti inanimati (De Renzi e coll. 1980).

Aprassia ideativa: entriamo nel dettaglio della patologia

Ora una delle varie forma di aprassia è appunto quella ideativa. Descritta per la prima volta da Pick, le persone che soffrono di aprassia ideativa commettono errori grossolani nell’utilizzazione di oggetti, previo mantenimento delle capacità di riconoscimento (ad esempio, usare forbici come cucchiaio, portare il fornello della pipa alla bocca). Un esempio famoso viene fornito da De Renzi e Lucchelli (1988) che riportano le difficoltà di una paziente nella preparazione del caffè.

“Alla paziente vennero presentati una caffettiera, una scatola chiusa di caffè macinato, una caraffa di acqua e un cucchiaio con l’invito a preparare la macchinetta. La paziente solleva il coperchio della macchinetta e tenta ripetutamente di versare la polvere del caffè nella sua parte superiore, senza aver rimosso il coperchio della scatola di caffè. Alla fine apre la scatola e versa la polvere direttamente nella parte superiore della macchinetta senza usare il cucchiaio. Svita la parte superiore della macchinetta e versa l’acqua prima sulla tavola e poi nel filtro. Guarda a lungo perplessa le due parti della macchinetta, poi le riavvita, dopo aver aggiunto altra acqua nel filtro”.

Questa descrizione rende bene l’idea di come il paziente, appunto, manchi dell’idea o dell’ insight nel senso più lato del termine del fare il caffè per cui la relativa sequenza dei movimenti ne risulta inficiata. In un primo momento si credeva che ci fosse una esclusività di questo disturbo nell’ambito di processi di degenerazione cerebrale (demenza) o in stati post-epilettici, ma fu lo stesso Pick ( 1906) a rilevare la non sola matrice degenerativa o post-epilettica.

Da un punto di vista neurofisiologico, le aree cerebrali interessate (tenendo a mente gli studi che certificano una dominanza dell’emisfero sinistro sulla produzione, monitoraggio e coordinazione degli engrammi motori) sembra siano, prestando fede al circuito di Liepman, la giunzione parietooccipitale, anche se successivi studi hanno rilevato anche il coinvolgimento di altre aree (ad esempio l’area supplementare motoria etc.). L’interesse personale per questo tipo di disturbo del movimento nasce dal suo essere trattato, come accennato sopra, disturbo di “serie B” o come un “epifenomeno” dell’aprassia ideomotoria (Liepman, 1900).

Tornando al discorso squisitamente neuropsicologico, l’aprassia ideativa e quella ideomotoria rappresenterebbero due disturbi che vanno a minare due aspetti di un processo complesso quale quello della pianificazione e riproduzione vuoi di un gesto appena visto (aprassia ideomotoria) vuoi di una sequenza di movimenti di cui manca la visione d’insieme (aprassia ideativa).

Uno stimolo, anche ai fini riabilitativi, potrebbe essere quello di provare a vedere il processo (in questo caso tutti i passaggi per delimitare un movimento previa conoscenza dell’idea) a 360 gradi e non concentrarsi esclusivamente solo su una punteggiatura fornita dai soli aspetti interattivi (riproduzione dei gesti o imitazione di questi).

Fonte: State of mind

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