LECCE – Dal Nuovo quotidiano di Puglia, l’intervista all’imprenditore Antonio Quarta, patron della torrefazione di Lecce Quarta Caffè che ha condiviso con i lettori il suo punto di vista rispetto all’attuale situazione di crisi sanitaria ed economica in cui versa l’intero Paese. Un commento interessante di fronte a un contesto non facile, che certo mette in mostra diversi elementi che andrebbero migliorati, imparando la lezione impartita duramente dallo scoppio del virus. L’intervista del Nuovo quotidiano di Puglia è firmata con la sigla L. Ces. .
Antonio Quarta dal telefono alle pagine di giornale
Evviva la moka, simbolo di famiglia e pretesto per incontrare gli amici (anche solo on line). Infatti, sebbene siano drammaticamente crollati i consumi di caffè al bar o al ristorante non ha smesso di produrre e distribuire miscela una delle aziende più rappresentative del Salento.
Con ottime prospettive: sono, per esempio, aumentati esponenzialmente gli acquisti on line dei salentini che vivono al Nord, racconta Antonio Quarta al telefono in una giornata di ordinaria reclusione.
«Il resto lo faranno la forza, la passione e la professionalità dei gestori di bar e ristoranti, che conosco uno ad uno: ci rialzeremo, ritorneremo forti».
Come ha affrontato la sua azienda questo periodo difficile?
Antonio Quarta: «Se parliamo del settore somministrazione, abbiamo registrato un crollo del 100 per cento, mentre abbiamo continuato a lavorare, sia pure tra enormi difficoltà e grande impegno dei nostri collaboratori, per garantire il consumo del nostro caffè nelle case salentine e nel resto d’Italia.
C’è stata una grande ripresa del caffè da moka, simbolo di tradizione che scandisce il ritmo casalingo che avevamo perduto. Per produrlo e distribuirlo stiamo continuando a lavorare in massima sicurezza, a orario ridotto e continuato, chiudendo il venerdì e dando ferie per non andare sotto organico».
Antonio Quarta, le vendite come vanno?
«Il fatturato è diminuito, ma io sono ottimista: ci rimetteremo in sella, e sarà meglio di prima. Grazie a Dio il Salento è stato solo lambito dalla pandemia, e penso che, pur con le dovute cautele, avremo una stagione balneare buona grazie ai turisti interni, come accaduto ai tempi del terrorismo islamico».
Ottimista è bello, ma quello che accadrà è di difficile previsione
Antonio Quarta: «Io penso che un imprenditore non debba mai avere paura, solo preoccupazione, che è sintomo di senso di responsabilità verso i collaboratori, i clienti e i consumatori. Questo fattore, aggiunto ai tradizionali strumenti della produzione e all’eco-compatibilità, determina lo spessore etico di un’azienda.
Ecco perché sono certo che riusciremo, sia pure con grande sforzo, a riprendere la strada giusta. Bar e ristoranti fanno parte integrante del lifestyle italiano, e sono sinonimo di amicizia e un pretesto er dirsi che ci si vuole bene prendendo un caffè in compagnia. Piaceri che riscopriremo presto».
I danni saranno terrificanti anche per questo settore?
«Proprio per questo stamattina ho chiesto al mio avvocato di contattare un esperto di diritto internazionale: sono pronto a finanziare a mie spese una raccolta di firme per una class action nei confronti della Cina. Chi sbaglia deve pagare, noi imprenditori italiani siamo abituati a questo: un passo falso e sei finito. Milioni di adempimenti burocratici, milioni di controlli.
Altrove, dove non c’è invece un sistema burocratico parassitario e farraginoso, si può lavorare senza garanzie igieniche. Senza attenzione ai diritti dei lavoratori, nella massima serenità?
Con gli altri costretti a vivere con la spada di Damocle dei virus che circolano ogni tot anni? Aggiungo peraltro che loro, i cinesi, sono stati fermi in mesi tranquilli come gennaio e febbraio. Mentre a noi sono state spezzate le gambe in periodi commercialmente importanti come marzo e soprattutto aprile. E poi voglio dire un’altra cosa».
Prego.
«Sono molto deluso dai nostri parlamentari».
Perché?
Antonio Quarta: «Mentre la gente comincia ad andare a impegnarsi al Banco dei pegni gli ori di famiglia per mangiare, i parlamentari non hanno pensato neppure per un attimo a rinunciare a un mese o a parte del loro stipendio per creare un fondo da devolvere al Banco alimentare o alla Protezione civile, visto che il Parlamento oltretutto è quasi vuoto. Mi sarei aspettato un’iniziativa trasversale: l’hanno fatto perfino i calciatori, ma loro no, non si sono degnati di prendere una decisione del genere per dare un segnale fortedi solidarietà al Paese».