Antonio Malvasi, coautore del libro Barista Sapiens, giurista e docente, si esprime riguardo al riconoscimento del marchio di tutela Espresso STG Specialità tradizionale garantita (ne abbiamo parlato qui). Secondo Malvasi l’utilizzo del marchio porterebbe ad una maggiore valorizzazione della bevanda. Leggiamo di seguito la sua opinione.
Malvasi, ma quanta paura suscita il marchio STG?
“L’espresso è una rendita donataci dai nostri nonni, facciamo sì che anche i nostri figli ne possano trarre beneficio, proteggiamolo con il riconoscimento del marchio di tutela STG. Senza paura, per chi opera con passione, lealtà e professionalità non c’è nulla da temere, c’è solo da guadagnarci.
C’era una volta l’espresso, la più bella e affascinante forma di estrazione esistente, dal colore caldo, ricco di aromi, corposo e tonificante. Come tutte le cose belle, per continuare ad irraggiare le sue reali caratteristiche sensoriali e confermarsi uno dei simboli del made in Italy, aveva bisogno di essere protetto, tutelato e curato.
Tutti ne parlavano e tutti si erigevano a profeti e tutori dell’espresso. Tutti propensi a salvare l’espresso, buoni intenti, chiacchiere, articoli di giornali e tanta parvenza nel tutelare un fantomatico interesse comune.
Tanti buoni propositi esternati, ma nessun fatto concreto e intanto l’anarchia dilagava”.
Professor Malvasi, cosa fare allora per uscire da questa situazione e rivalutare il prodotto espresso?
“In ogni forma di convivenza umana, quando la comunità non riesce spontaneamente a tutelare l’interesse collettivo è doveroso l’intervento del legislatore per garantirne la tutela dell’interesse dei consumatori.
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Il legislatore ha già messo a disposizione i marchi di tutela. Nello scorso articolo ho proposto di perseguire il riconoscimento del marchio di tutela “Espresso STG””.
Ma quanta paura mette questa proposta?
“In occasione del SIGEP di Rimini, ne ho parlato con diverse persone. Tra i consumatori e alcuni operatori lungimiranti (specie protetta dal WWF) ho notato entusiasmo e apprezzamento; in altri, invece, ho intravisto degli occhi traboccanti di paura, quella particolare paura di cambiare e di mettere a rischio la propria comfort zone.
Penso che sia un timore infondato, dettato dalla mancanza di conoscenza, sostenuto da quella quotidiana indifferenza di vivere alla giornata abbandonando progressivamente un prodotto che i nostri nonni ci hanno regalato, ma che non sappiamo tutelare”.
Malvasi, vogliamo chiarire che cosa sono i marchi di tutela?
“I marchi di tutela sono di tre tipologie: i DOP (Denominazione di Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica Protetta), o il STG (Specialità Tradizionale Garantita). I primi due tutelano la provenienza di un prodotto.
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Esempi di DOP sono il Parmigiano Reggiano, il pistacchio di Bronte; esempi di prodotti IGP sono il pane di Matera, le nocciole del Piemonte. L’espresso non può rientrare in queste due categorie perché non produciamo la materia prima, ma la lavoriamo, abbiamo una ricetta. L’unica strada da seguire, pertanto, per tutelare l’Espresso è quello della STG”.
Cosa è accaduto ai diversi prodotti dopo il riconoscimento del marchio di tutela?
“Abbiamo assistito ad un aumento dei consumi, ad un aumento del prezzo di vendita, si è portata avanti una lotta alle imitazioni, ma soprattutto si è implementata la consapevolezza e la fiducia del consumatore verso quel prodotto”.
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Cosa accadrebbe qualora l’espresso ottenesse il marchio di tutela STG?
“Il brand sarebbe rafforzato, si fregerebbe di un piccolo bollino giallo che farebbe la differenza. Chiunque volesse servire un caffè al bar denominato espresso sarebbe tenuto al rispetto del disciplinare. Chi non lo rispettasse non potrebbe usare questo termine in tutta l’Unione Europea e in caso di ripetute infrazioni ci potrebbero essere anche dei risvolti penali (ex art. 515 c.p.).
Capisco che quanto appena scritto sviluppa paura, un’inquietudine dovuta alla mancanza di conoscenza sorretta dal difendere ostinatamente il proprio orticello che prima o poi essiccherebbe. Ed è comprensibile. Così di primo acchito sembrerebbe che la proposta possa appesantire il settore, creare dei vincoli e dei limiti alla propria libertà di servire un prodotto che non rispetta i canoni di base di un espresso”.
Da dove sorge il timore su questo marchio?
“È evidente che la principale paura si basa sul disciplinare. Si teme di rimanere “incastrati” in un ginepraio di regole e regolette destinate solo a generare eventuali costi, oneri e incomprensioni. Tutto giusto. Ma dipende da ciò che scriviamo in questo disciplinare. Dipenderà dalla capacità di avere le idee chiare, di allontanarsi dagli estremismi, di essere realisti e soprattutto di tutelare il consumatore”.
Come vede un eventuale e futuro disciplinare Stg Espresso?
“Scorgo, in primis, una grande opportunità, un disciplinare semplice, chiaro, non confusionario, con pochi vincoli che non cambierebbe il già consolidato modus operandi degli operatori che lavorano con professionalità, con la sola differenza che alcuni aspetti diverrebbero obbligatori. Attenzione, il tutto, però, perseguendo un solo obiettivo: l’interesse del consumatore”.
Può farci un esempio di un’eventuale proposta di disciplinare?
“Mi mette in difficoltà, sapendo che ci sono persone ben più competenti di me. Vorrei però fornire un mio punto di vista, non da studioso del caffè, ma più da giurista e da consumatore.
Vedrei un disciplinare che si cristallizzasse su tre pilastri. Il primo pilastro riguarderebbe i torrefattori, a cui si chiede ben poco: di indicare la reale data di tostatura e di specificare le percentuali delle specie contenute, senza entrare nel merito della provenienza del caffè, della lavorazione, della tipologia di tostatura ecc. E’ probabilmente il passo più “pesante”, è l’ostacolo più irto, vista l’immunità dagli obblighi informativi di cui gode il torrefattore a differenza delle tante informazioni obbligatorie riportate sulle etichette di altri prodotti alimentari (vino, farine, pasta ecc. )
Il secondo pilastro, invece, andrebbe a riguardare il deus ex machina della ricetta, il Barista. Il cuore del disciplinare riguarda proprio il Barista che dovrà operare nel rispetto delle regole di manutenzione e dei passaggi dell’iter di preparazione dell’espresso (pulizia della campana, pulizia delle doccette, del filtro, del portafiltro, uso del purge, la temperatura della tazzina ecc..).
Infine, il terzo pilastro riguarderebbe il prodotto espresso. Il quesito è questo: come aiutare il consumatore a comprendere i pregi e i difetti di un espresso? Una sorta di vademecum informativo sulle principali caratteristiche sensoriali di un caffè espresso “modello”, senza entrare nelle più estreme teorie sensoriali, senza andar a toccare aromi raffinati, ma impercettibili, ma arrivare ad inquadrare un espresso STG “umano”.
In primo luogo e penso che siamo tutti d’accordo che non si potrà parlare di espresso senza la presenza della crema, il presupposto per poter andare avanti. Una crema senza buchi ed elastica. Escluderei gli espressi che lascino in tazzina il famigerato “filo di sabbia”. Sul gusto, a mio avviso, bisognerà confermare la presenza di un amaro non aggressivo, che lasci spazi ad altri gusti, se presenti. Per gli hater dell’amaro: provate a chiedere alla gente comune qual è il gusto preminente di un espresso? Immaginate poi di uscire con un disciplinare che bandisce totalmente il gusto amaro. Un’apocalisse!
Casserei, invece, un espresso estremamente astringente. Complessa è, invece, la situazione aromatica, sempre ragionando da consumatori mi manterrei sugli aromi tipici di un espresso, sugli aromi tostati, mi allargherei ad un aroma di cacao, onnipresente, mi soffermerei, invece, su alcuni difetti popolari: il bruciato, la cenere, il rancido, la muffa e qualcun altro.
Non nominerei tutti gli altri aspetti tecnici: dose in, dose out, pressione della macchina, temperatura d’estrazione, TDS ecc., svilupperebbero limiti e confusione”.
Cosa accadrebbe con gli altri disciplinari presenti?
“Non vedo conflittualità! Questo riconoscimento non va in conflitto con alcun altro disciplinare esistente, il disciplinare STG è un punto di partenza, è la base di disciplinari più specifici ed esigenti. Ben venga questa convivenza! Il disciplinare STG può ben convivere con dei disciplinari più professionali.
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Lo ripeto le lamentele sono frutto dell’inerzia. Se vogliamo soprattutto difendere questo prodotto dobbiamo scendere in campo usando le normative presenti. Se non interveniamo si rischia di continuare a far deflazionare il prodotto espresso e prima o poi di subire l’imposizione del legislatore, passando da una situazione caotica ad un vero e proprio dispotismo di regole.
Siate coraggiosi, siate patriottici, avete dedicato una vita al mondo del caffè, ora agiamo tutti assieme! Uniamoci e regaliamo questo marchio al nostro espresso. Lasciamo un segno indelebile ai nostri figli che continueranno ad apprezzare un espresso garantito.
Buon espresso STG a tutti”.