MILANO – Entriamo da Café El Mundo accompagnati dall’attuale Presidente Annalisa Cantadori, rappresentante della seconda generazione di un’azienda famigliare, insieme a suo fratello Alessandro e a suo cugino Andrea. Una donna a capitanare una torrefazione italiana, una storia che parla di cambiamenti, di passaggi di testimoni, di genere e, ovviamente, di caffè, tanto caffè.
Cantadori inizia il racconto: “Café El Mundo è stata fondata nel 1967 da mio padre Achille Cantadori e da mio zio Davide Giberti.”
“Tutto è partito dall’idea di mio padre Achille, che faceva l’agente di commercio in un’azienda di Milano e che trattava tra le altre merci, anche il caffè. Vendere era il suo talento, ma era spinto anche da una visione e da un desiderio d’impresa che ha poi tradotto nel progetto della torrefazione, nel quale ha coinvolto il cognato Davide (ossia il marito della sorella di mia mamma).
Oltre a lui sono state coinvolte nell’avventura anche mia mamma, mia zia e mia nonna che ha addirittura messo a disposizione lo spazio per costruire il primo, piccolo capannone di Café El Mundo, proprio nel cortile di casa sua.
Si occupavano di tutto – sorride ricordando Cantadori – Compravano il caffè, lo tostavano, lo confezionavano insieme alla mamma, la zia e la nonna, e infine caricavano tutto in auto. Poi mio padre e mio zio uscivano a consegnare.
Quello era il periodo in cui c’era la possibilità effettiva di organizzare un’azienda da zero; alla base di tutto indubbiamente c’è stata l’intuizione, ma c’è stato anche il sacrificio: i primi anni per loro sono sicuramente stati duri.”
Poi pian piano, l’azienda è cresciuta e si è strutturata, le mogli dei due soci sono uscite dalla compagine aziendale ed è iniziato un lento processo di strutturazione. E’ arrivato un primo addetto alla tostatura, un impiegato amministrativo, poi dei commerciali.
Negli anni Cafè El Mundo continua la sua crescita, grazie anche alle acquisizioni di marchi storici riconosciuti in termini di qualità e ben radicati nel territorio, come Caffè Aba a Parma, Coffea a Brescia e Caffè Frigerio nel Comasco, per citare i più significativi, fino ad arrivare ai giorni attuali.
Nel frattempo, si inserisce in azienda la seconda generazione, rappresentata dai figli dei due soci fondatori: Annalisa e Alessandro Cantadori, figli di Achille e Andrea Giberti, figlio di Davide. Il passaggio generazionale, preparato con cura e gradualità negli anni, diventa definitivo alla morte dei due soci fondatori e li vede oggi alla guida dell’azienda.
Da dove siete partiti e dove siete arrivati ora?
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“Come dicevo, siamo partiti da quel piccolo magazzino nel cortile di mia nonna, ma la politica di crescita e consolidamento, perseguita negli anni con tenacia prima dai soci fondatori ed ora da noi, che rappresentiamo la seconda generazione dell’azienda, ha portato El Mundo ad essere la realtà che vediamo oggi, strutturata, moderna e sempre fortemente orientata alla qualità.
Attualmente l’azienda ha la sede produttiva, legale ed amministrativa a Marnate, in provincia di Varese e conta una filiale a Parma, una a Brescia e una vicino a Como. Acquisire brand riconosciuti come storici e di qualità sul territorio si è dimostrata una buona strategia per ampliare la quota di mercato e rafforzare la nostra presenza, mantenendo un contatto più diretto e capillare con il cliente grazie al lavoro costante dei nostri ragazzi.
Certo, ora, a sparigliare le carte di un mercato che pareva ormai maturo, dal Covid in poi sono arrivate una serie di condizioni avverse, a partire dall’aumento dei costi dell’energia che ha pesato non poco sulle aziende produttive, o la crisi del canale di Suez con i conseguenti problemi sui trasporti dai paesi d’origine, fino alla recente e crescente preoccupazione per la disponibilità della materia prima, a causa delle stime pessimistiche sui raccolti che, insieme alla speculazione che sempre accompagna i mercati, ha prodotto un continuo ed inesorabile rialzo dei valori di borsa del caffè crudo, fino ai livelli record di questi giorni.
Un quadro complesso e preoccupante che sta creando difficoltà lungo tutta la filiera produttiva, coinvolgendo tutti gli attori, dai fornitori di materia prima ai torrefattori, fino ai baristi ed ai consumatori finali.
Questo scenario di crescente pressione sui costi richiede obbligatoriamente un adattamento strategico, in particolare per quanto riguarda il valore aggiunto. E l’unica via percorribile in un contesto di mercato così sfidante è puntare decisamente sulla qualità.
Mi spiego, solo mantenendo elevati standard qualitativi di prodotto e di servizio possiamo giustificare l’aumento di costo ed offrire ai nostri clienti una esperienza superiore che valga l’investimento e che permetta a loro volta di fidelizzare la clientela finale.”
Il consumatore finale si è accorto finalmente che la qualità ripaga?
Cantadori: “Qualcosa sta iniziando ad accadere, si, ma il problema ha origini lontane.”
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“L’abbassamento del livello dei prodotti offerti e la scarsa capacità di percezione della qualità da parte dei consumatori, ormai “appiattiti” ed abituati a quei livelli qualitativi, è in gran parte responsabilità di noi stessi torrefattori italiani.
Questo ambiente chiuso e conservatore, ha opposto per anni resistenza alle nuove tendenze che venivano dall’estero, arroccati sulla ormai superata concezione del “segreto” intorno alle proprie miscele e alla presunzione di essere gli unici veri detentori dell’arte del caffè espresso.
Questo non ha aiutato a far maturare la consapevolezza dei propri clienti nel settore professionale e, di conseguenza, del consumatore finale. Inoltre, non confrontarsi con ciò che sta al di fuori dall’Italia, ci ha impedito di arricchirci.
Per fortuna le nuove generazioni sono “cittadine del mondo”. I nostri ragazzi hanno iniziato ad uscire, sono globalizzati, vanno all’estero e poi tornano a casa, portando con sé con entusiasmo tutto ciò che di buono e nuovo hanno sperimentato. Quando poi li incontri nei bar e nelle caffetterie dietro al bancone, ti accorgi che sono competenti ed hanno esigenze che il torrefattore “vecchio stile” non può più soddisfare.
Siamo in una fase di grande fermento, per chi vuole “crescere” in cultura e qualità ci sono grandi opportunità.
Perciò abbiamo creato un progetto – Moood conscious coffee – che nasce qualche anno fa da una nuova miscela che però non è solo un prodotto in più nella nostra gamma, ma rappresenta un concetto, una filosofia di lavoro e di vita: noi ti raccontiamo le diverse provenienze utilizzate, le sue caratteristiche in tazza, ti spieghiamo il suo profilo di estrazione ideale in espresso ma anche le sue declinazioni per sperimentare altri metodi di estrazione, tu prenditi il tempo per capirla, gustarla ed apprezzarla. Trasparenza assoluta sul prodotto.
Non ha senso mantenere segreti di sorta, per fare un buon prodotto non basta la “lista della spesa”, serve un know-how che nessuno ti potrà mai sottrarre e che farà sempre la differenza: non dobbiamo avere paura di comunicare, di fare divulgazione, di parlare di qualità.
Solo educando alla qualità il nostro cliente ed il consumatore finale, possiamo raggiungere i nostri obiettivi.”
E quali sono?
“Il nostro core business è nel settore professionale. Investiamo molte energie sulla formazione.
L’abbiamo sempre fatto, senza però comunicarlo troppo: ora stiamo imparando a raccontare il nostro lavoro.
Abbiamo un’esperienza di oltre 50 anni: da sempre accompagniamo per mano il nostro cliente nella scelta e nella gestione del prodotto. Ora però abbiamo sentito l’esigenza di strutturare maggiormente la nostra offerta formativa. Ma senza creare una accademia come ce ne sono tante.
Abbiamo preferito creare i PROGRAMS, una gamma molto vasta di moduli formativi, che spaziano a 360 gradi per soddisfare le più ampie esigenze: dalle tecniche di caffetteria o di latte art che non possono mancare, fino alla gestione e l’ottimizzazione dei flussi di lavori, la creazione di menù, il rinnovamento o il posizionamento del brand, la comprensione delle strategie di comunicazione, il sostegno e la rete per trovare risorse e fornitori o partner strategici.
Ma la vera forza dei programs sta nel fatto che sono personalizzati per ciascun cliente, mi piace dire che sono “tagliati sartorialmente”. Questo certo richiede uno sforzo maggiore da parte nostra, ma siamo certi di consegnare ai clienti dei contenuti di grande valore formativo che vanno a soddisfare le sue esigenze.
E questo è possibile anche grazie alla rete di partner e di trainer qualificati che contribuiscono con le loro specifiche competenze e con una visione completa, obiettiva ed indipendente.
Parliamo non solo di caffè, ma soprattutto di cultura, di mentalità, di sinergie.”
Ma Cantadori, lei come è diventata torrefattrice?
“Sono laureata in biologia con una tesi in elettrofisiologia cardiaca. Direi abbastanza distante dal mondo delle torrefazioni e la strada che sognavo sembrava proprio un’altra. Mio fratello Alessandro invece si è laureato in disegno industriale al Politecnico.
Mio padre è stato bravissimo, pur desiderando in cuor suo che uno dei due almeno volesse seguire le sue orme entrando in azienda, non ci ha mai imposto niente e ci ha lasciato seguire le nostre inclinazioni.
Ad un certo punto però mi sono ritrovata a scegliere tra il trasferirmi all’estero per seguire la strada della ricerca o il restare: mio padre in quel periodo voleva creare un laboratorio interno per il controllo qualità e aveva bisogno di qualcuno che lo gestisse…Così sono entrata in Café El Mundo.
In questo modo ho trovato la mia dimensione, in cui non ero solo “figlia di”, ma una professionista con le sue competenze messe a disposizione dell’azienda di famiglia.
Inizialmente ho un po’ faticato a trovare l’equilibrio tra la vita lavorativa e quella personale… non è stato facile coniugare le esigenze in azienda con quelle di una famiglia.
Certo poi, erano tempi in cui ancora il mondo della torrefazione era prettamente maschile e anche, potremmo definire, maschilista. E in parte forse lo è ancora (ma le cose per fortuna stanno cambiando e non è più così raro trovare donne che occupano posizioni di rilievo nella filiera del caffè).
Io sono stata fortunata perchè ho avuto la possibilità e il privilegio di crescere le mie figlie senza pregiudicare la mia vita lavorativa, trovando quello che ad oggi mi sembra un ottimo punto di equilibrio.
Successivamente anche mio fratello Alessandro e mio cugino Andrea, che invece ha una formazione economico-finanziaria, sono entrati in azienda. Oggi ci occupiamo di aree diverse, in relazione alle nostre diverse formazioni ed attitudini ma, in modo complementare e assolutamente in accordo, insieme gestiamo l’azienda.
Il gruppo funziona: il passaggio generazionale che di solito è molto delicato, sembra essere avvenuto gradualmente e con successo.
L’anno scorso, alla morte di mio padre Achille, sono diventata Presidente: dal punto di vista morale ereditare la sua posizione mi rende orgogliosa. La sua figura autorevole faceva da collante tra tutti noi, a tutti i livelli.
Il mio intento è di mantenere questo clima, garantendo un ambiente di lavoro in cui le persone possano esprimere le proprie competenze, in cui la meritocrazia e le pari opportunità siano effettive e passino per la responsabilità ed il dialogo. Un luogo dove al centro ci sono le relazioni, sempre.”