Angelo Crucitti, titolare dell’omonima torrefazione di Reggio Calabria, interviene a commento di una realtà in trasformazione: il settore caffeicolo italiano sta attraversando un periodo critico e anche di forti cambiamenti, spinto da una parte dalle attuali condizioni del mercato e dei rincari, dall’altra dall’approdo sempre più rilevante degli specialty nella patria dell’espresso.
Crucitti, il sistema espresso: croce e delizia della torrefazione e del bar italiano. La tradizione come può e deve essere aggiornata?
“La tradizione secondo me non deve essere aggiornata ma valorizzata, per questo bisogna conoscere bene le caratteristiche dei caffè che si utilizzano e le tecniche di torrefazione. Così come il sistema di estrazione in espresso che è soggetto a molte variabili, molte di più rispetto agli altri metodi. Eppure qui in Italia, la sua patria, è paradossalmente l’unica preparazione rispetto alla quale la maggior parte degli operatori non possiedono le competenze necessarie per offrire un ottimo prodotto. Credo che il miglioramento più grande che si possa auspicare in Italia sia rappresentato proprio da una seria formazione dei baristi.”
E gli specialty coffee? Alcuni li vedono convivere con l’espresso, altri invece li mettono in contrapposizione: cosa ne pensa?
“L’importante è conoscere bene le caratteristiche dei grani che si decidono di utilizzare in espresso. Dire che per tutti i tipi di caffè sia sufficiente tracciare un profilo adatto ed una tostatura media, per essere valorizzati in espresso, sembra quasi un’offesa per chi opera nel nostro mondo con serietà.
Abbiamo avuto modo di apprezzare gli specialty coffee, con parere condiviso da tutti, in monorigine e tostature chiare per l’estrazioni in filtro. Tuttavia, nel momento in cui abbiamo provato ad adattarli all’espresso, per introdurre gli specialty nel mercato italiano, con delle cotture più spinte al fine di non eccedere nell’acidità spiccata, si è verificato, nella maggior parte dei casi, un risultato non entusiasmante.
A volte emergeva comunque l’acidità, nonostante tutto. In altre prove si sviluppava un po’ di amarezza e in generale si riscontrava una perdita di aromi gradevoli come quelli che invece si ritrovavano in filtro con una tostatura chiara.
Chiaramente esistono anche i casi in cui, per caratteristiche intrinseche del caffè o metodi di lavorazione, si ottiene un buon risultato, ma ahimè parliamo di pochi esempi. Ho specificato in precedenza il monorigine. Perché il discorso comincia ad essere e a dare risultati diversi se parliamo di miscele specialty, che regalano una tazza più bilanciata e
cremosa. Dove l’acidità spiccata non deve essere mitigata dalla tostatura molto spinta, ma può essere aggiustata dall’unione di un caffè meno acido per le sue caratteristiche.”
Gli specialty possono davvero prendere piede in un paese di consumatori abituati a tostature molto scure, a miscele con tanta robusta?
Crucitti: “Lo specialty coffee non credo sia destinato alla massa e mi auguro sarà sempre cosi. L’importante è che quei pochi appassionati non vengano allontanati da forzature o da cattive informazioni. Se si affronta il problema con onestà intellettuale, valutando cioè i risultati in tazza in maniera oggettiva e consigliando il metodo di estrazione più adatto in base al caffè, credo si possa ottenere un buon risultato in termini di pubblico e anche di aumento di coffeelovers.”
Esiste un caffè più commerciale che però dia una tazzina pulita, senza difetti?
“Assolutamente si, esistono caffè commerciali con pochi difetti, che superano anche gli 80 punti nel caso dell’Arabica, come anche Robusta puliti e molto aromatici. Da questi possiamo ottenere davvero delle ottime tazze in espresso (forse le migliori), buon corpo, acidità lieve, una buona dolcezza, aromi positivi di pasticceria, una tazza molto apprezzata dal pubblico italiano e non solo.
Dal mio punto di vista dovremmo puntare di più su questo tipo di tazze, per ottenere un buon riscontro sia dal pubblico nostrano che a livello internazionale. Lo specialty deve viaggiare in parallelo e trattato diversamente, magari spingendolo all’assaggio con altri metodi di estrazione, con tostature più adatte che ne esaltano le migliori caratteristiche.”
E quanto dovrebbe costare oggi la tazzina, Crucitti?
“Non amo indicare un prezzo di vendita, perché vorrebbe dire uniformare per l’ennesima volta i bar con un prezzo concordato. Questo perché il costo della tazzina di caffè è legato al servizio che viene offerto, alla location, alla preparazione di chi opera dietro il banco. E meno al costo del singolo chilo di materia prima. Il cliente, nel momento in cui paga, ritiene giusto o sbagliato quello che deve spendere, facendo una somma dell’esperienza che ha vissuto, sia a livello gustativo che personale.”
Il sistema espresso spesso è legato ad un altra consuetudine, ovvero quella del comodato d’uso e dei finanziamenti da parte dei torrefattori: Crucitti, voi lo fate oppure no ed è un limite?
“Non lo abbiamo mai fatto e non ce ne siamo mai pentiti, anche se chiaramente a livello di acquisizione dei clienti è una lotta impari. La nostra politica aziendale si è sempre basata sul dare i migliori consigli sia in termini economici che qualitativi. Spieghiamo che questa spesa iniziale (l’acquisto di attrezzature), in futuro si traduce in un grande risparmio e maggiore libertà lavorativa.
Credo che in questo periodo di aumenti del caffè, la prima cosa che salterà, sarà proprio questa piaga. I bar si renderanno ben presto conto che non possono sostenere né un costo alto del chilo del caffè, né rispettare i vincoli ai quali sono legati, né aumentare più di tanto il costo della tazzina di caffè.
Chi riesce a liberarsi avrà qualche speranza di sopravvivere, gli altri moriranno insieme a questo sistema marcio.”
Con il mercato in estrema crisi per la volatilità dei prezzi in Borsa, la vostra torrefazione come sta reagendo? Avete aumentato o avete intenzione di alzare di molto i prezzi?
“Lavoriamo sempre con lo stesso ricarico. Abbiamo spiegato ai nostri clienti qual è la situazione attuale del mercato. E questa trasparenza, unita all’onestà che abbiamo sempre dimostrato in tutti questi anni, ha trovato il riscontro nella comprensione generale. La risposta di quasi tutti i nostri clienti è stata “mi fido di voi, il vostro caffè è buono e non mi interessa se aumenta il costo”.
Questo è un messaggio chiaro, il problema è la percezione che il consumatore ha di quel prezzo.
Alto o basso non esiste, esiste giusto o sbagliato ai loro occhi, in base a quello che vivono e percepiscono e che una ditta riesce a trasmettere. Chiaramente i prezzi non potranno aumentare all’infinito senza conseguenze sui consumi. Credo che ormai siamo quasi arrivati al punto di rottura, in cui il cliente per cause di forza maggiore verrà spinto verso il monoporzionato, più accessibile economicamente.”
Crucitti, lei come vede quindi il futuro dell’espresso italiano?
“Sono fiducioso e credo che il marcio di questo mondo avrà vita breve, gli impreparati chiuderanno e resteranno solo i competenti: abbiamo troppi imprenditori improvvisati.
I baristi non si potranno più permettere di svolgere questo lavoro con sufficienza e senza aver conseguito degli studi.
Ricordiamoci che un espresso sbagliato ad un costo alto corrisponde a un cliente perso e allo stesso modo, chi tenterà di allontanarsi di molto da quelli che sono i gusti medi dei consumatori, ne pagherà comunque le conseguenze.
Chi invece migliorerà le aspettative in tazza dell’utenza, verrà glorificato.
Chi deciderà infine di rivolgersi alla nicchia con gli specialty in espresso, sarà meglio che presti molta attenzione al parere del consumatore e al caffè che sta utilizzando, prima di allontanare anche quei pochi che si sono mostrati incuriositi, come è stato fatto generalmente fino ad oggi.”