Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, espone una riflessione sulla natura della tazzina scaturita dalla presentazione di Michele Monzini, presidente del Consorzio di Promozione del Caffè, durante l’introduzione al convegno “Il mercato del caffè: che cosa succede, come può cambiare”. Monzini ha brevemente introdotto gli argomenti del convegno sottolineando quanto sia importante prima di tutto soffermarsi sulla comunicazione inerente alla bevanda.
Per alcuni il caffè è tutt’oggi considerato una droga legale. Una banale svista che però dà un’immagine negativa e non ne promuove il consumo positivo. Andrej Godina spiega di seguito i motivi per cui la bevanda non solo è salutare ma anche lontana dall’essere classifica come droga. Leggiamo di seguito le sue riflessioni.
Il caffè non è una droga legale
di Andrej Godina
BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Nella prestigiosa sede del Campus di Simonelli Group si è svolto il convegno organizzato dal Comitato di Promozione del Caffè che ha visto l’intervento di prestigiosi relatori che hanno trattato temi di attualità legati al mercato italiano del caffè come per esempio i trend di consumo in Italia, i la sostenibilità di prodotto e di filiera e la gestione d’impresa.
In questo articolo non voglio soffermarmi sulle presentazioni dei relatori ma bensì da quanto detto da Michele Monzini, presidente del Consorzio di Promozione del Caffè, durante l’introduzione al convegno. Monzini ha brevemente introdotto gli argomenti del convegno sottolineando quanto sia importante prima di tutto soffermarsi sulla comunicazione inerente alla bevanda, di come viene definita e di come sia cambiata rispetto al passato.
Una volta il caffè veniva definito una “droga” e come tale la bevanda veniva vissuta e interpretata dal consumatore che era più preoccupato di limitarne il consumo piuttosto che soffermarsi sulle sue proprietà fisiologiche positive.
Personalmente, qualche mese fa, ho partecipato a un convegno di operatori di settore a Firenze durante il quale uno dei relatori ha definito il caffè come una “droga legale”. Una banale svista che però dà un’immagine negativa, non promuove il consumo positivo e crea confusione agli occhi del consumatore.
Fortunatamente questa “vecchia ed errata” definizione è stata superata e oggi il caffè, anche grazie al lavoro svolto dal Comitato, è definito come una bevanda salutare, che fa bene e che permette di vivere un’esperienza sensoriale appagante, senza che questa crei dipendenza, danni fisici o psichici.
Da dove deriva questo fraintendimento che ha portato a definire erroneamente il caffè come una droga?
Ho fatto qualche ricerca e ho tratto una serie di riflessioni che condivido. Innanzitutto è necessario soffermarsi sulla definizione di droga data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che si riferisce a “tutte quelle sostanze di origine vegetale o sintetica che agendo sul sistema nervoso centrale provocano stati di dipendenza fisica e/o psichica, dando luogo in alcuni casi ad effetti di tolleranza (bisogno di incrementare le dosi con l’avanzare dell’abuso) ed in altri casi a dipendenza a doppio filo e cioè dipendenza dello stesso soggetto da più droghe.”
Il vocabolario Treccani online recita: “(…) Nel linguaggio corrente viene chiamata droga qualsiasi sostanza capace di modificare temporaneamente lo stato di coscienza o comunque lo stato psichico dell’individuo; rientrano pertanto fra le d. gli stupefacenti, gli allucinogeni, i barbiturici e gli altri psicostimolanti, nonché alcune sostanze atte ad aumentare le energie e il rendimento fisico, soprattutto nelle competizioni sportive. In tale quadro il termine droga è molto generico poiché comprende sostanze con proprietà diversissime e spesso indica in senso restrittivo composti esclusi per legge dal prontuario farmaceutico quali l’eroina, la cocaina, l’LSD. (…)”
Da queste definizioni appare chiaro che il caffè è di difficile classificazione come droga anche se ci si riferisce a una “droga legale”.
Il fraintendimento italiano di definire il caffè o la caffeina come droga deriva in realtà dall’inglese. Il termine “drug”, nel quale appartiene la caffeina, dal dizionario online Merriam-Webster, an Encyclopædia Britannica Company, è definito come:
- a: a substance used as a medication or in the preparation of medication
- b: according to the Food, Drug, and Cosmetic Act
- (1): a substance recognized in an official pharmacopeia or formulary
- (2): a substance intended for use in the diagnosis, cure, mitigation, treatment, or prevention of disease
- (3): a substance other than food intended to affect the structure or function of the body
- (4): a substance intended for use as a component of a medicine but not a device or a component, part, or accessory of a device.
Per chi non dovesse avere confidenza con l’inglese, una traduzione riassuntiva, definisce come “drug” una sostanza utilizzata come farmaco o nella preparazione di farmaci, una sostanza riconosciuta in una farmacopea o formulario ufficiale, una sostanza destinata all’uso nella diagnosi, cura, mitigazione, trattamento o prevenzione di malattie, una sostanza diversa dagli alimenti destinata a influenzare la struttura o la funzione del corpo.
In sostanza la traduzione letterale dall’inglese di “drug” con il termine “droga” è errata e la riprova di ciò sta anche nella definizione di “drugstore”, i negozi dove si vendono le “drug” che sono gli equivalenti dei nostri “negozi alimentari”. Se erroneamente recepiamo questa traduzione allora dovremmo riferirci con il termine “drogheria” ai luoghi dove vengono venduti gli stupefacenti! Vi sembra che quanto sopra riportato possa far pensare a una sostanza che in italiano possiamo definire come droga?
Per capire quanto il termine droga riferito al caffè, e in particolare alla caffeina, sia erroneo pensiamo agli effetti fisiologici della caffeina. Tra questi effetti ci sono anche quelli del miglioramento delle prestazioni atletiche e di resistenza fisica in occasione di gare sportive.
È già da qualche anno che la caffeina è stata depennata dalla lista delle sostanze proibite del WADC – World Anti Doping Code, quindi oggi assumere una qualsiasi quantità di caffeina durante le competizioni non è considerato «doping». È così che è dimostrato che anche in questo ambito il riferimento alla caffeina e al caffè come droga è erroneo.
Partendo dal presupposto che l’industria del caffè deve fare una comunicazione positiva sulla bevanda che non tragga in inganno il consumatore e che promuova positivamente il suo consumo, consiglio quindi la sostituzione del termine “droga” con, per esempio: “la caffeina è considerata il più diffuso dei principi farmacologicamente attivi, è contenuta anche nel caffè” -, oppure: “la caffeina contenuta nel caffè è la sostanza psicoattiva più consumata al mondo”.
Il convegno organizzato dal Comitato ha delineato i punti di forza da cui ripartire per un nuovo sviluppo del settore caffè che, a mio avviso, deve prendere il via da solide basi di comunicazione positiva al consumatore. Il consumatore deve essere accompagnato a una riscoperta consapevole del valore di prodotto e di filiera e le torrefazioni devono fare fronte comune per un nuovo approccio comunicativo.
Fonti:
- https://www.carabinieri.it/in-vostro-aiuto/consigli/questioni-di-vita/tossicodipendenza-da-sostanze-stupefacenti/le-principali-droghe
- https://www.wada-ama.org/sites/default/files/resources/files/2022list_final_en.pdf
- Heilmann W. (2001) Technology II: Decaffeination of Coffee. in Clarke R. & Vitzthum O. eds. Coffee Recent Developments, Blackwell Science, p.108
- Petracco M. & Viani R. (2009) Il caffè: consumo e salute. in Illy A., Viani R. eds. Il caffè espresso: la scienza della qualità, Egea, p.336
- https://www.treccani.it/enciclopedia/droga