NAPOLI – Ecco la prima parte della trascrizione del processo al caffè, tradizione VS innovazione che si è tenuto sul palcoscenico del convegno Gran caffè Italia tra Dario Ciarlantini e Andrej Godina. Moderati da Ciro Cacciola.
Abbiamo diviso il lungo testo in sei parti per offrire all’analisi dei lettori i diversi temi affrontati senza confonderli e mescolarli uno con l’altro.
Dario Ciarlantini è Master barista, Barmanager, e Authorised Trainer Sca (Speciality coffee association). Andrej Godina, anche lui Authorised Trainer Sca, è presidente di Umami Area; oltre che Dottore di Ricerca in Scienza, Tecnologia ed Economia nell’industria del caffè.
Andrej Godina al Gran Caffè Italia
I due allenatori si presentano al pubblico prima di entrare più nel merito del loro intervento, un po’ particolare. In quanto basato su una forte contrapposizione. L’innovazione contro la tradizione.
Esordisce Andrej Godina. «Ringrazio innanzitutto per l’invito e il Comitato italiano del caffè. Vengo direttamente dall’Honduras. Ero in piantagione e sono venuto qui appositamente. Con grande entusiasmo e grande piacere ho accolto l’invito.”
Una breve introduzione alla formazione di Godina
«Sono triestino di nascita e ho avuto l’opportunità di frequentare il Dottorato di Ricerca all’Università di Trieste sul tema dell’analisi sensoriale del caffè espresso. Negli ultimi anni poi, mi occupo in particolare di formazione e di consulenze specifiche».
«Da qualche anno sono Presidente dell’Associazione No Profit Umami area. Promuove la cultura del caffè di qualità in Italia e anche all’estero. Da quest’anno sono Presidente di Umami Area Honduras. Una società che abbiamo costituito con 27 soci in Honduras. Con la quale abbiamo acquistato una piantagione di caffè.»
Dario Ciarlantini si presenta
«Vengo dalle Marche e ne sono molto fiero. Nasco come barista da molti anni, quasi 30. Nella mia evoluzione di carriera, ho fatto molti corsi di formazione ed esperienza. Anche associativa. Ho ricoperto per tre anni e mezzo un ruolo abbastanza importante nella Specialty Coffee Association Italia (Sca Italia) come coordinator. E parallelamente ho fatto il consulente e il trainer. Attualmente tengo corsi e consulenze in giro per il mondo. Soprattutto indirizzati a stranieri che giungono in Italia.»
Due personalità che sono perfette per raccontare il caffè in una maniera un po’ insolita e provocatoria
Andrej Godina rappresenta l’innovazione e Dario Ciarlantini, la tradizione. Sono stati ritagliati questi ruoli, perché?
Inizia Godina. «Forse perché ci conosciamo da tanti anni io e Dario. Io do un punto di vista di esperienze all’estero. Di consulenze e di innovazione in campo di formazione in Italia. Quindi ci siamo divisi questi ruoli in questo breve intervento».
Ci sono punti di convergenza? «Assolutamente. Troveremo anche dei punti di confronto in cui tradizione e innovazione vanno a braccetto in avanti.»
Si parte con l’innovazione
Dario Ciarlantini. «Voglio essere molto sincero. Sono un fan dei torrefattori e di chi lavora bene. Sono molto commerciale.»
«Forse la parte della tradizione l’ho scelta per questo. Però sono molto cattivo con chi lavora male. Vedo il mondo diviso in tre step: il primo in cui siamo molto legati alla materia prima; il secondo in cui formiamo gli operatori.»
«E quindi basta con la finta formazione. Spesso vedo dei corsi da parte di alcuni che non sono reali. Infine andiamo sul futuro, verso il consumatore. Chi non segue questi step, secondo me, rimane indietro ed è destinato a fallire.»
Cura della materia prima, formazione fatta bene e orientamento al consumatore
Andrej Godina concorda. «Sì, sono d’accordo con Dario. Per quanto mi riguarda, mi occupo della formazione. Ho iniziato a lavorare nel settore del caffè come perito merceologo, nel polo di Trieste, 24 anni fa».
«All’epoca, facevo i corsi baristi. Che erano una vera innovazione per il periodo. Inoltre, 15 anni fa ho avuto l’opportunità con il Dottorato di ricerca di fare proprio uno studio nel campo del caffè».
«Poi, consulenze specifiche all’estero per professionisti. Ad un certo punto, sono tornato in Italia perché mi sono accorto di molte lacune italiane rispetto all’estero.»
Fuori, si conosce molto meglio l’espresso di quanto sappiano gli stessi italiani
Continua Godina. «Quindi, corsi di formazione specifici. E poi gli eventi. Il consumatore italiano non sapeva molto di caffè. Allora abbiamo organizzato qualche festival, organizzato con tanti di voi a Firenze. Poi eventi itineranti per il Caffè di qualità.»
Ultima frontiera diventa la filiera
Parla sempre Godina. “Il coltivatore di caffè oggi, coltiva il caffè in maniera non sostenibile. Quindi la mia esperienza in piantagione, nel mio piccolo, vuole dimostrare che esiste un modo per una coltivazione che non sia sostenibile solamente per la parte finale della filiera.»
Quindi uno scenario che richiede un cambiamento
Andraj Godina non transige. «Sì. Assolutamente un cambiamento è necessario. Non solo per il presente della filiera italiana, ma anche per il caffè.»