domenica 22 Dicembre 2024
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Caffè concentrato anche nella mixology, soluzione di qualità o no? Andrea Villa e Marco Poidomani danno una risposta

Poidomani: “In Italia non è ancora utilizzato particolarmente, ma penso che sia presente già in qualche locale. Lo posso affermare perché molti clienti me lo chiedono e quindi è un mercato che esiste."

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MILANO – In Italia forse non tutti lo conoscono, ma il caffè concentrato è un prodotto già presente nel mercato: con l’aggiunta dell’acqua, può essere una soluzione più rapida e versatile da inserire nelle catene di caffetteria ma anche nei cocktail bar. Tutto si gioca ovviamente sul livello della materia prima usata per crearlo: se prima il caffè concentrato era collegato ad un’idea di bassa qualità, ora il trend sta puntando verso un salto in avanti.

Le applicazioni sono davvero interessanti, ma sino a che punto?

Caffè concentrato: promosso o bocciato?

Il primo a pronunciarsi è l’attuale campione italiano di Coffee in good spirits, Andrea Villa:

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Andrea Villa trionfa al Campionato italiano Coffee in good spirits (immagine concessa)

“Ad oggi preferisco sfruttare una buona estrazione, all’uso di un caffè concentrato che può risultare una soluzione valida quando si vuole ottenere la standardizzazione, perché permette di replicare la stessa ricetta con soltanto l’allungamento dell’acqua.

Se parliamo però del mondo specialty di alta qualità, si perde un po’ la sensazione dell’artigianalità: la bellezza della miscelazione sta nel riuscire indubbiamente a dare una certa costanza, ma anche nel far percepire al cliente finale il flavor che ha un determinato caffè.

Questo passaggio risulta più difficile da valorizzare con il caffè concentrato, che spesso è quello commerciale. Gli specialty cambiano continuamente e per questo motivo conferiscono un gusto particolare per ogni selezione che si sceglie di usare nella ricetta.”

Anche il precedente campione di Coffee in good spirits, Marco Poidomani dice la sua

Marco Poidomani all’opera (foto concessa)

“In Italia non è ancora utilizzato particolarmente, ma penso che sia presente già in qualche locale. Lo posso affermare perché molti clienti me lo chiedono e quindi è un mercato che esiste.

Fino a qualche tempo fa il caffè concentrato era o un liofilizzato di bassissima qualità, oppure derivava da dei caffè super forti che venivano poi bolliti per creare una sorta di sciroppo che non conservava gli aromi.

Questi prodotti vengono ancora usati per fare il gelato: invece di preparare l’espresso e calcolare la giusta proporzione che serve tra liquido e solido per creare la ricetta, è più semplice usare il caffè concentrato.

Ora invece la produzione di concentrati migliori sta accadendo soprattutto negli USA: si impiega una materia prima di una certa qualità, con un rapporto uno a 5 di acqua e caffè per poi impiegarlo entro un breve periodo. È comodo averlo a disposizione per poterlo diluire e inserirlo nella realizzazione dei drink.

Anche nelle catene di caffetterie viene versato nelle bevande a base latte (anche con le bevande vegetali). Parliamo di un’alternativa migliore del solubile con un risparmio notevole di tempi.

Quindi credo molto nel concentrato, al punto che già nel 2019 l’ho utilizzato come booster un concentrato del mio Geisha colombiano. Mi serviva una parte importante e ho concentrato il caffè per inserirlo nel Bravo (che dà la possibilità di iniettare qualsiasi ingrediente) e aiutarmi a ottenere il flavor finale di cui avevo bisogno.

Ha funzionato.

Naturalmente in quel caso specifico è stato un po’ difficile trovare il giusto equilibrio per valorizzare lo specialty in gara: innanzitutto in laboratorio abbiamo fatto la macinatura in alcol, che poi è stata messa in un macchinario che emanava ultrasuoni per estrarre maggiormente. Infine, abbiamo usato un attrezzo per liofilizzare il caffè e renderlo più denso, quasi come uno sciroppo.

Ma per ottenere questo risultato ci sono altri modi ben più rapidi e comodi: da poco ne ho sviluppato uno replicabile facilmente, usando 35 grammi di caffè e 200 di acqua a temperatura ambiente. Si sigilla il tutto in un sacco sottovuoto e lo si lascia riposare così per due giorni in infusione fuori frigo, poi si filtra e può resistere sino ad una settimana in frigo senza avere alterazioni.

Però non diventa uno sciroppo. Applico su questo prodotto una diluizione di uno a 3 e uso una parte di questo concentrato con 3 parti di acqua se lo devo usare in un caffè, mentre lo aggiungo in gocce per i drink.

Chiunque lo può preparare, basta avere una macchina sottovuoto per ottenere un prodotto fresco, senza conservanti o pastorizzazione.

Per gli eventi io lo preparo fresco e ho la fortuna di avere a disposizione un laboratorio in cui muovermi con le giuste attrezzature.

Il caffè concentrato quindi può essere un ingrediente in più quando non si può fare il manual drip, o ci si deve muovere in piccoli spazi.

Il caffè concentrato risparmia molto lavoro nei cocktail bar per preparare drink come l’Espresso Martini ben sostenuto senza usare il liquore al caffè.”

Il costo di preparare questo caffè concentrato?

“Dipende dal caffè utilizzato: il procedimento è molto semplice e richiede un investimento sulla macchina sottovuoto. Bisogna capire il costo della materia prima e fare una prova di diluizione: a seconda di quello che vuoi ottenere in termini di flavor si regolano le dosi.

Mettendoci ad esempio nei panni di una piccola caffetteria che acquista uno specialty, chiediamoci: una volta aperto, quanto dura questo caffè in grani nella sua massima espressione? Non molto.

Quindi io direi di comprarlo, di assaggiarlo e poi forse sarà meglio concentrarlo per consentirgli una maggiore durata. Prossimamente vorrò verificare se con l’abbattimento del caffè concentrato sottovuoto, si può allungare ulteriormente la shelf life del caffè.”

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