domenica 22 Dicembre 2024
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Onelli, formatore che insegna a Bogotà: “Il pro di imparare qui è che si parte dalla drupa fino alla tazza”

Il trainer: "Qui in Colombia è ancora meno sentita l’esigenza di formarsi, ma ho tanti esempi di persone che si sono formate e hanno assistito ad un rilancio della propria azienda. Anche soltanto apportando degli accorgimenti sulla tostatura, hanno riscontrato delle crescite economiche e di vendita importanti."

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MILANO – Andrea Onelli, formatore da Bogotà si presenta esordendo con il migliore incipit di sempre: “La mia storia è breve”. È interessante perché, ovviamente, il racconto che lo ha portato dall’Italia a fare il formatore in Colombia, non è per niente corta o lineare. Di certo è fatta di tante tappe, di anni di viaggi, aerei e anche una pandemia di mezzo.

Tutto però parte dalla scuola di Umami a Firenze, con un percorso didattico conclusi nel 2015 con la certificazione di trainer SCA.

Onelli continua:” A quel punto mi sono accorto di non aver mai visto una pianta di caffè dal vivo”

“Mi sembrava di esser incompleto senza aver avuto un contatto diretto con le origini. Non credevo fosse giusto poter insegnare alle persone come tostare, senza aver integrato la parte legata alla coltivazione.

Sono riuscito a prendere contatti con dei ragazzi in Costa Rica e ho deciso che a gennaio 2016 sarei andato lì per fare questa esperienza. Presi i biglietti andata-ritorno per gennaio-aprile, in realtà sono restato sino a novembre per poi tornare a casa mia soltanto per un giorno e subito ripartire di nuovo in Vietnam.

In seguito ho continuato il mio lavoro in Costa Rica presso una cooperativa e da lì in poi sono riuscito a creare una rete di contatti.

Sono arrivato come professionista legato all’assaggio, alla tostatura, al barista e, seppure avrei desiderato insegnare il green coffee – per me, uno dei moduli più interessanti del Coffee diploma –  credevo che il non avere un’esperienza in finca avrebbe potuto limitare la formazione che avrei potuto erogare, nonostante già avessi conseguito tutti i moduli della SCA.

Allora mi sono specializzato nel processing e ho viaggiato in diversi Paesi del Centro e Sud America, dalla Colombia al Perù, dal Guatemala all’Honduras. Negli anni sono stato in Mexico, in El salvador, in Cile, in Uruguay, in Brasile e in Bolivia per lavorare anche con il cacao.

Dal 2016 al 2020 ho girato ovunque. E nel 2018 ho conosciuto anche la mia attuale compagna, colombiana, con la quale abbiamo deciso di prendere in affitto uno spazio per aprire una scuola, nel febbraio del 2020.

Poi c’è stato il Covid

“Mi trovavo in Cile per insegnare quando hanno chiuso la frontiera e così sono rimasto bloccato lì 7 mesi, da marzo ad ottobre 2020. Mi sono inventato come si dice a Roma, le biciclette con gli sportelli, per svolgere i corsi e guadagnarmi da vivere.

Ho fatto da consulente per un’azienda per sopravvivere, con la quale poi ho continuato a collaborare sino ad oggi per lo sviluppo di miscele in espresso e filtrato e come coffee hunter. “

E finalmente Onelli ha ripreso il progetto della sua scuola in Colombia

“Riaprendo la risposta è stata buona: siamo entrati nel mercato con dei prezzi piuttosto più alti rispetto a quelli della concorrenza, ma con un’offerta di qualità elevata sia in termini di macchinari che a livello di trasferimento di conoscenze.

Le persone si sono accorte subito della differenza: molti hanno detto “Onelli è caro – almeno rispetto ad altre scuole colombiane- ma è un investimento importante che vale la pena fare.”

Chi decide di frequentare i suoi corsi?

“Arrivano da noi diverse figure. Lavoro su due fronti: da una parte con i corsi privati, dall’altra con i progetti di cooperazione internazionale. In questo caso arrivano coltivatori che vivono della loro finca e con loro devo ricalibrare le informazioni da veicolare. Nelle lezioni private frequentano più in generale dei professionisti che cercano un corso di un certo livello.

Le seguono persone che hanno già seguito diversi corsi online e del Sena (organismo gratuito che organizza lezioni base con classi numerose) e hanno bisogno di fare un salto in termini di competenze. Hanno per questo un’aspettativa elevata e devo rispondere alle loro esigenze. Entriamo nello specifico di come estrarre il caffè espresso, non diamo soltanto una panoramica generica. “

Formazione in Italia e formazione alle origini: differenze principali e come strutturare i corsi

“Dividerei due temi: la formazione e il formatore. In Italia ci sono trainer molto capaci, ma si deve rispondere all’esigenza di chi frequenta, che solitamente non ha molte competenze.

La SCA può contare su tanti formatori e però questo spesso crea una certa competizione tra i numerosi insegnanti. Da una parte questo spinge verso una dinamica al ribasso sui costi, dall’altra porta a dover spiccare per competenze.

La gente in Italia spesso apre i bar e investe su altro, mettendo da parte la formazione: ma è come se un ingegnere cominciasse a progettare ponti prima di aver concluso il suo percorso di studi.

Qui in Colombia è ancora meno sentita l’esigenza di formarsi, ma ho tanti esempi di persone che si sono formate e hanno assistito ad un rilancio della propria azienda. Anche soltanto apportando degli accorgimenti sulla tostatura, hanno riscontrato delle crescite economiche e di vendita importanti.

Ci sono poi altre considerazioni da fare rispetto al contesto colombiano: qui la moneta è debolissima ma una macchina d’espresso costa più di una in Italia.”

Onelli, come mai allora insistere a fare formazione in Colombia?

“In Colombia si lavora bene. Innanzitutto è un Paese grande rispetto ad altre origini in cui si fa un po’ di concorrenza sleale. L’ambiente qui è molto sano tra colleghi e si lavora in parallelo.

Se fossi stato in un altro Paese non avrei pensato di aprire una mia scuola.

La verità è che abbiamo piantato alta una bandiera: qua l’educazione ripaga.

Tanti nostri studenti hanno raggiunto ottimi traguardi grazie a questo. Il campione nazionale di latte art ha vinto formandosi da noi.

Le persone cominciano a capire che investire in corsi anche cari poi è qualcosa che ritorna indietro in termini di carriera. Un altro nostro alunno ho potuto vendere il suo Geisha nella Cup of Excellence: certo è merito loro, ma sono contento che queste persone sono arrivate da noi quando ancora non sapevano far niente.

La scuola funziona perché stiamo dimostrando che la formazione è l’unico modo per uscire davvero da situazioni difficili. Sono in tanti che poi diventano nostri ambasciatori e del nostro messaggio. Sono molto felice che di solito alcuni ritornano per seguire altri corsi.”

Ma chi è arrivato da te dall’Italia ha notato una grande differenza tra la formazione fatta da voi e quella in Italia

“Non mi baserei sulla contrapposizione tra Italia e le origini: il fatto è che sento di dover raggiungere degli obiettivi molto alti. Ho lavorato anche con Giuseppe Musio che fa ottima formazione in Italia e lo stimo molto a livello professionale e personale.

Il tema dunque è un altro: bisogna alzare il livello per creare dei corsi unici per gli studenti. Una cosa che a volte manca molto in questo ambito è l’avere la capacità di fare formazione a 360 gradi. Il caffè è una sola cosa e quindi da insegnante devo saper rispondere ad una domanda sulla tostatura anche se sto facendo un corso barista. La conoscenza è una, è totale, anche se poi la dividiamo per comodità in discipline.

Vedo a volte una mancanza di competenze complete e questo perché per essere trainer è sufficiente superare un professional: nella mia scuola non lo voglio far fare a chiunque, proprio perché sono convito che per rilasciare quel certificato, il corsista deve saper prima fare tutto.

Poi è vero anche che alle origini si possono vivere delle esperienze di assaggio che sono ben diverse rispetto a quelle che è possibile sperimentare in Italia.

Per lo stesso motivo, ho insistito per avere una nostra macchina tostatrice: voglio poter saper insegnare trattando la materia prima che conosco e facendo riferimento ai profili che ho sperimentato in prima persona.

Quindi per tornare alla domanda, quello che può cambiare da un corso ad un altro e in questo caso dai miei ad uno in Italia, è che spesso nel nostro Paese si è legati tanto a dei marchi e così, nel momento in cui esce una tecnologia di un’azienda concorrente, non la si può usare e conoscere.

Questo discorso è valido per le macchine espresso, per le tostatrici, per i macinacaffè.

Il mio laboratorio per questo motivo è un po’ un Frankenstein con macchine espresso e tostatrici dotate di tecnologie diverse, che ho pescato ciascuna per le sue caratteristiche specifiche. Questo dà modo di fare un confronto e di apprendere tante cose.

Le macchine per tostare sono colombiane e sono eccellenti, in termini di tecnologia non hanno nulla da invidiare ad altri marchi più blasonati. Con la mia macchina da produzione posso tostare il batch full anche in meno di 10 minuti, se voglio. Tanto con la 1kg che con la 12kg.

Questo in Italia non sempre accade, proprio perché a volte chi apre una scuola non riesce ad offrire un programma a 360 gradi, ma con tanti esperti molto settoriali.”

Consiglierebbe ad un professionista italiano di fare formazione da voi?

“Lo consiglierei perché so di poter dare un ottimo livello formativo. Soprattutto se si vuole conoscere in maniera più organica il mondo dietro la tazzina.

Con Giuseppe ho fatto un corso in cui le persone vengono portate in piantagione a raccogliere il caffè che io stesso ho già processato il mese prima.

Qui possono assistere ai processi di lavorazione, alla tostatura per campionatura, all’assaggio, e alla comprensione del miglior utilizzo di quelle origini (se in filtro o in espresso) e quindi il loro potenziale.

Poi si passa alla fase di tostatura per espresso o per filtro e infine alla parte dell’estrazione in modo da avere un determinato risultato in tazza. In dieci giorni è possibile seguire tutta la filiera.

Ma tutti questi passaggi non sono i moduli SCA, che comunque inserisco nella mia scuola perché così si è certificati. Ci sono tanti aspetti che nei corsi dell’associazione non ci sono.

Il vantaggio quindi nel venire qui è l’avere una formazione a partire dalla ciliegia del caffè sino alla tazza finale. La formazione va pensata come un insieme organico, dalla bacca all’estrazione.

Sono venuti da noi diversi ragazzi dall’Italia per imparare e ci hanno dato dei feedback interessanti. Poi ci stiamo muovendo anche al contrario, formando a Torino. Dai Paesi consumatori sono venuti anche diversi dagli Stati Uniti, dalla Francia, dall’Argentina, dall’Uruguay, dal Cile e persino da Taiwan.”

Quali sono i progetti futuri della scuola di Onelli

“L’idea è nel prossimo mese di aprire un magazzino dove poter svolgere la trilla, ovvero la rimozione della pergamino dalla ciliegia secca del caffè. Questo perché acquistare il verde già depergaminato costa molto per trasportarlo a più persone.

Allora abbiamo acquistato una macchina per farlo direttamente noi così da garantire tracciabilità e qualità. A questo punto apriamo il mercato al cafficultore diretto che vuole depergaminare il caffè oppure procedere sino alla tostatura e all’imballaggio, insieme alla parte del laboratorio per fare formazione completa.

Anche se stiamo aprendo la torrefazione, chiaramente la nostra azienda si manterrà forte nell’educazione.”

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