MILANO – Cina, Stati Uniti e Italia uniti dal caffè. Un settore che vanta tanti nomi italiani al suo interno, tra torrefattori, player e distribuzione automatica. Ma naturalmente anche aziende produttrici di macchine per espresso e packaging. Per citarne solo alcuni: Lavazza, Segafredo, illy; Cimbali, Simonelli Group, La Marzocco, De Longhi e Ima. E in Cina da tempo opera anche Andrea Lattuada.
Il formatore in Italia per la 9bar e brand ambassador. Prima per la torrefazione Milan Gold adesso per la catena di caffetterie Luckin Coffee con la quale ha un contratto di consulenza sino al 2020.
Lattuada, che cosa vuole dire essere brand ambassador di Luckin Coffee, la catena di caffetterie da poco quotata al Nasdaq?
“La mia storia in Cina inizia nel 2002 quando ho fatto i primi corsi per la Brasilia, con il socio locale dell’allora titolare Giampiero Rossi e che poi fondò la Milan Gold. Che oggi è un’affermata torrefazione che vende caffè soprattutto alle grande catene di hotel. Grazie a loro sono stato introdotto al management di questa che nel dicembre del 2017 era ancora una start up, la Luckin Coffee. L’azienda cercava una figura italiana, un formatore che avesse vinto il campionato nazionale e potesse essere rappresentativo per questo nuovo brand. Da lì è nata la mia collaborazione con loro. Sia di consulenza sia anche di immagine dato che la mia foto è in tutti i punti vendita di Luckin Coffee che, per ora, sono già più di 2.600 in tutta la Cina. La definizione di ambasciatore del caffè in Cina deriva soprattutto da questo.”
In Italia Luckin Coffee è poco noto. Può definire meglio questo nuovo impero del caffè?
“Più che un impero del caffè è un nuovo modello di business con il caffè. Dove non è tanto il consumatore che va a prendere il caffè quanto la bevamda che va dal consumatore. Si può ordinare soltanto con un app dedicata. Si tratta di un fac simile dell’app di Ucar che è il corrispettivo Cina di Uber, il nuovo servizio di taxi. Infatti Luckin Coffee è una costola di Ucar che appartiene allo stesso magnate cinese che si chiama Charles Zhengyao Lu, presidente e fondatore. E che è proprietario di tantissime compagnie, ma costruisce anche hotel.”
La formula vincente di Luckin coffee
“Quindi con Luckin coffee si ordina il caffè con lo smartphone, l’app indica la caffetteria più vicina. A questo punto l’utente può decidere se andare a ritirare direttamente la consumazione al punto vendita piuttosto che farsela recapitare a casa o in ufficio anche per la strada esattamente nel punto dove sei mentre passeggi. Il pagamento avviene attraverso l’app.”
Qualcuno parla di sfida con Starbucks. È proprio così?
“La sfida è stata creata soprattutto dai media. Perché si tratta di due modelli di business completamente differenti. Da Starbucks ci vai e ci stai. Da Luckin Coffee vai e ritiri oppure te lo fai portare. La sfida arriverà sui numeri. Starbucks ha aperto circa 3.300 punti vendita in Cina in 15 anni. Luckin Coffee ne ha aperti 2.600 in 15 mesi e alla fine di quest’anno supererà il numero delle location di Starbucks. La previsione è quella di aprirne altri 2.000 quindi raggiungere i 4.500 entro la fine del 2019.”
Luckin Coffee ha fatto anche sensazione per la recente quotazione al Nasdaq.
“La società, nata a Pechino nel 2017, è riuscita a raccogliere 570 milioni di dollari dalla vendita delle sue azioni, portandosi a un valore di mercato che si aggira attorno ai 4 miliardi di dollari. I dettagli? Tantissimi. Il prezzo di partenza dell’azione era fissato tra i 15 e i 17 dollari. A quotazione avvenuta il valore è schizzata 26 dollari, con più del 50 per cento di rialzo. Poi l’azione è stata un po’ vittima della cosiddetta guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina. Così il titolo è sceso del 20 per cento e in quest’ultima settimana con l’aumento delle tensioni con la vicenda Huawei, il titolo è andato sotto il prezzo di presentazione di 17 dollari. Ma ora sta risalendo.”
Che impressione le ha fatto il momento della quotazione di cui lei è stato protagonista?
“L’ho realizzato soltanto dopo. Perché in pochi sono andati su quel palchetto a fare l’opening Bell. Ho visto alle pareti le fotografie delle ipo di Microsoft, Apple o Google. E a suonare quel campanello per Microsoft c’era Bill Gates e per Facebook Mark Zukerberg. Vedermi lì al posto di questi grandi a suonare la campanella mi ha riempito orgoglio. Anche perché, nel caso di Luckin Coffee, presidente e direttore esecutivo si sono fatti da parte ed hanno fatto stare al centro delle cerimonia i tre testimonial dell’azienda. Oltre a me Idenori Izaki campione del mondo baristi 2014 e Pangin Hin, campione cinese del 2018. Le persone sono molto importanti per Luckin Coffee. “
Una bella responsabilità.
“Sì, la faccia era la nostra.”
La quotazione di Luckin Coffee si inserisce in un incremento del consumo di caffè in Cina. Quale è la situazione oggi?
“La differenza principale è che noi beviamo circa 600 tazzine all’anno, in Cina, per ora, siamo ad una media di 5. Ma le cose stanno cambiando e dalla sua la Cina ha una popolazione di 1,4 miliardi di persone. Un mercato potenziale enorme. C’è tanto fermento. I cinesi oggi sono molto interessati a capire che cosa sia il caffè perché fondamentalmente non lo sanno neanche loro, non lo conoscono bene perché hanno bevuto sempre tè. Nelle grandi città è arrivato Starbucks che ha cominciato a fare cambiare le abitudini ai cinesi che si sono avvicinati a questo mondo. Soprattutto al caffè di alta qualità.”
L’avanzata degli specialty coffee
“Perché in Cina non ci sono soltanto i colossi delle catene di caffetterie. Sono nati anche tantissimi coffee shop specialty. I cinesi sono molto forti nelle competizioni. Sento tanta voglia di qualità. Il cinese, per lo meno quello che capisce il prodotto, sta diventando molto esigente. Tra l’altro è in atto una riconversione delle piantagioni di tè nella regione dello Yunnan per il consumo interno – aggiunge Lattuada -. E non dimentichiamo che la Cina è anche il più grande investitore del continente africano dove si coltiva caffè pregiato».
Il caffè chi sta conquistando?
“Sta conquistando quella fascia di clientela che può permetterselo. Perché se è vero che Luckin Coffee ha prezzi bassi li ha nei confronti di Starbucks che ha prezzi altissimi. Ma il prezzo resta alto per il tenore di vita generale. Un latte o un black coffee da Luckin Coffee costa 21 Yuan che corrispondono a 3 euro mentre Starbucks per consumazioni analoghe chiede 4/4,50 euro. I pionieri del caffè sono i colletti bianchi, i dirigenti delle aziende. Non è ancora un prodotto di massa anche se i giovani cominciano ad apprezzarlo. Gli studenti soprattutto perché capiscono che il caffè fornisce un po’ più di verve nelle ore di studio. Per questo il sistema di Luckin Coffee è comodo: si ordina e il caffè arriva dappertutto anche a scuola o all’università”.
Andrea Lattuada: quali sono le prospettive di Luckin Coffee?
“Intanto quella di avvicinare più consumatori possibili al caffè attraverso l’applicazione che loro considerano molto importante. Perché apparvero l’app possono raccogliere dati dei clienti. Far crescere di numero le caffetterie. E in prospettiva usare la app per vendere non soltanto caffè ma anche altre cose. Il colosso delle vendite per corrispondenza Alibaba la fa da padrone in Cina. E partire già con utenti che per ora sono interessati al caffè ma potenzialmente anche ad altro può rendere più facile la crescita. Che per ora prosegue al ritmo di 10 caffetterie al giorno.”
Continua Lattuada: “Nei prossimi 5 anni non faranno utili. Ma questo non li frena dall’espansione a ritmi serrati. Guardando anche fuori dalla Cina. Non escludo che approderanno anche in Europa. Aggiungo la grande professionalità di tutti gli addetti di Luckin Coffee frutto di corsi molto approfonditi. Ma anche la ricerca della materia prima e delle macchine migliori.”
Intanto prosegue l’attività di Lattuada in Italia con 9bar. Come riesce a conciliare questi impegni transcontinentali?
Risponde Lattuada.”In questi giorni sto continuando gli allenamenti di Marco Poidomani, in lizza per il mondiale di Coffee in good spirits in programma a Berlino tra il 6 e l’8 giugno. Lo spesso avevo fatto nei mesi passati con Giacomo Vannelli in vista del mondiale baristi di Boston che si è classificato decimo al termine delle semifinali. È dura ma si può fare. Conto molto sul mio socio, Mariano Semino che in questo momento è una figura molto importante per la 9bar perché è lui che sta seguendo lo svolgimento di tutti i corsi e degli allenamenti, quando non ci sono.”