TRIESTE – Una filiera più sostenibile per i Paesi produttori e per gli stessi coltivatori: questa è una delle missioni che illycaffè si è posta di portare a termine. Di questo e delle strategie che l’azienda triestina attuerà nel prossimo futuro, ne ha parlato il presidente Andrea Illy nell’intervista di Alessandra Capozzi su ilsole24ore.com.
Andrea Illy: qualità e sostenibilità nel prodotto
Un modello di sostenibilità «dalla pianta alla tazzina» perché sostenibilità e qualità sono le due facce di una stessa medaglia.
Andrea Illy, presidente di illycaffè racconta il percorso di attenzione dell’azienda di famiglia alla qualità del prodotto, al clima e alla sostenibilità che culminerà nel 2033, anno del centenario, con l’obiettivo di essere carbon free. Il Covid ha modificato le abitudini e la sensibilità dei clienti e «dovremo lavorare sempre più a macchine da caffè meno energivore piuttosto che sulla cialda di carta compostabile».
Agricoltura sostenibile, caffè sostenibile, rispetto dell’ambiente. Qual è la visione di illy?
«La visione di illycaffè è che l’impresa è l’unico soggetto economico che può veramente cambiare la società. Lo Stato può creare le condizioni, ma il cambiamento lo devono fare le imprese. Quindi le tre sostenibilità – economica, sociale e ambientale – sono fondamentali. Di qui la nostra idea di migliorare costantemente sulla sostenibilità con un modello di impresa che è quello della stakeholder company che oggi è molto ben riassunto dalle B Corp, dove tutti sono portatori di interesse, dal consumatore al fornitore all’azionista e il profitto diventa un mezzo, e non un fine, per raggiungere uno scopo socio economico.
Questo si deve fare attraverso tutti i punti nodali nella nostra filiera e si traduce, per noi, in sostenibilità economica, sociale, ambientale dalla pianta alla tazzina. La sostenibilità economica deve essere il risultato di un certo modo di produrre ma anche generatore di flussi di cassa che permettono non solo di pagare gli investimenti fatti ma di farne altri per migliorare costantemente e condividere il valore; la sostenibilità sociale è il concetto di progresso della specie e della conoscenza; la sostenibilità ambientale consiste molto banalmente sul concetto del rispetto, del non inquinare e non sprecare».
Andrea Illy, ci parla di questo modello di sostenibilità dalla pianta alla tazzina. In cosa si traduce?
«La prima cosa che abbiamo fatto è stato creare una specie di coalizione di coltivatori di caffè, che la vedono come noi, e trasferire loro conoscenze su come migliorare le pratiche agronomiche sostenibili per avere più qualità e più sostenibilità. Quindi, posso riassumere, ci siamo concentrati sulla qualità all’inizio degli anni ’90, poi sulla sostenibilità dell’adattamento al cambiamento climatico negli anni 2000 e adesso sulla mitigazione dell’impatto ambientale per chiudere il cerchio.
Perché per Illy qualità e sostenibilità sono due facce della stessa medaglia e la nostra missione di avere la leadership qualitativa a livello mondiale va di pari passo con la leadership sostenibile. Il clima è sempre stato per noi la priorità numero uno, consapevoli del fatto che l’agricoltura lungo tutte le filiere, quindi dalla pianta al piatto, è responsabile fino al 35% delle emissioni di gas serra. Il nostro modello è di fare il cosiddetto “in setting” e abbiamo sviluppato questa teoria della Virtuous Agriculture che si basa sull’arricchimento dei terreni agricoli con carbonio organico, e persegue un doppio beneficio per l’ambiente ma anche per la salute umana».
Avete l’obiettivo di essere carbon free al 2033. A che punto siamo?
Andrea Illy: «Noi già oggi abbiamo una grande solar plant e utilizziamo energia rinnovabile per l’elettricità e adesso ci accingiamo a cercare di passare al biogas anche per la tostatura del caffè oltre a chiedere ai nostri fornitori altrettanto impegno. La seconda grande macro-azione della roadmap per la decarbonizzazione è quella di ridurre la cosiddetta LCA (Life Cycle Assessment), vale a dire l’impronta degli input produttivi, quali il packaging sul quale la nostra policy è riciclare: con le confezioni metalliche che si riciclano all’infinito se questo rimarrà il migliore dei modi per essere sostenibili o anche altre alternative come il packaging compostabile di cui abbiamo già alcuni prodotti.
E terzo e ultimo punto della nostra roadmap sono l’agroecologia e la riforestazione. E’ il modello col quale vogliamo raggiungere l’obiettivo di essere carbon free al 2033, anno in cui cade il nostro centesimo anniversario che vogliamo raggiungere con un bel traguardo simbolico. E’ un traguardo un po’ in anticipo sugli obiettivi fissati da Parigi ma ci vuole sicurezza di arrivare puntuali all’appuntamento».
Avete deciso di fare il passaggio a Benefit Corporation. Perché questa scelta?
«Questa era già la nostra filosofia ma il fatto che si sia venuto a creare un inquadramento giuridico sotto forma di benefit corporation che permette di sancire un impegno a livello statutario ci è sembrata una cosa molto buona e abbiamo sostanzialmente deciso di adeguare alla forma la sostanza».
Un impegno così forte verso la sostenibilità si concilia con la creazione di valore e risultati economici?
«La creazione di valore vuol dire flussi di cassa futuri attualizzati a un determinato costo del danaro. E’ vero che nell’immaginario collettivo la sostenibilità può avere un costo e, quindi, ridurre i flussi di cassa futuri ma è vero che anche la non sostenibilità produce dei costi, è il caso di tutti i danni che un’azienda potrebbe cagionare e potrebbe essere chiamata a pagare se dovesse inquinare l’acqua oppure un terreno. E i flussi di cassa per un’azienda non sostenibile diminuiscono anche per la minore fedeltà dei clienti che sono sempre più sensibili. Quindi con lucro cessante e danno emergente conviene che l’azienda dal punto di vista del valore dell’impresa sia sostenibile».
Il Covid ha cambiato inevitabilmente le abitudini degli italiani. Cosa è cambiato per illy e quali sono le sfide future? Andrea Illy, come cambieranno i vostri prodotti?
«Illy era per più del 60% dipendente dai consumi fuori casa e, adesso, a causa dei lockdown i rapporti si sono invertiti. Pensiamo che post Covid i consumi nel fuoricasa riprenderanno ancorché non ai livelli pro capite di prima perché comunque la gente uscirà di meno, lavorerà più da casa e resterà una certa cautela anche sul piano sanitario. Quindi si riequilibrerà probabilmente a metà il rapporto tra consumi in casa e fuori. Noi, quello che abbiamo guadagnato nell’alimentare non lo perderemo e quello che avevamo perso nel fuoricasa lo recupereremo e quindi dovremmo avere un tasso di crescita superiore a quello che avremmo avuto senza il Covid.
Invece a livello di portafoglio di prodotti non ci saranno cambiamenti, sarà il mix che cambierà e, rispetto alla gamma, sarà preponderante quella dei prodotti per la casa con un’attenzione crescente nel cercare di avere un mix di prodotti sempre più sostenibili. Ad esempio abbiamo lanciato i primi due modelli di macchine per il caffè che hanno consumi energetici pari a meno di 1/10 delle generazioni precedenti con un impatto significativo del taglio dell’impronta di carbonio della tazzina.
Quindi dovremo lavorare sempre più a macchine da caffè meno energivore piuttosto che sulla cialda di carta compostabile perché durante il Covid i consumatori si sono convinti che la propria salute è dipendente anche dalla salute degli ecosistemi in cui vivono. Di fronte alla maggiore sensibilità abbiamo lanciato ‘#Onemakesthedifference’ per sensibilizzare i consumatori al riciclo e alle soluzioni meno impattanti possibili e questa sarà la nostra evoluzione».