MILANO – Non poteva mancare la canonica intervista di Andrea Illy alla pagine economiche del quotidiano La Repubblica sulla vicende dalla cessione del 20% di Illycaffè al fondo Rhöne Caputal. E sul futuro che ora si prospetta per il colosso del caffè triestino. Alle prese con il potenziamento della presenza nel fondamentale mercato statunitense, operazione per la quale saranno investiti oltre cento milioni di euro.
E anche con una sempre più vicina quotazione in Borsa. Della quale, dopo tanti giri di parole del poassato, ora parla esplicitamente anche Andrea Illy dicendo che “la quotazione allunga la vita delle aziende”. Che dire di più?. L’intervista a La Repubblica è formata da Sara Bennewitz.
MILANO – Illy imbarca un nuovo socio Rhône Capital, per fare insieme un viaggio che la porterà a rafforzarsi negli Usa e verosimilmente anche a quotarsi in Borsa. Andrea Illy, presidente di Illycaffè pianifica nuove aperture, maggiori investimenti digitali e di potenziare le radici familiari e italiane di un’azienda che ha novant’anni di storia e un lunghissimo futuro di fronte.
Lo scorso 21 novembre Rhône Capital ha firmato l’accordo con la famiglia e ora ha rilevato il del 20% del capitale di Illycaffè. Come è cambiato il suo ruolo e l’azienda in questi mesi?
“Ho letto più carte del solito… Scherzi a parte siamo onorati che il co-fondatore Robert Agostinelli e il managing director Gianpiero Lenza siano entrati a far parte del nostro board. La catena decisionale resta cortissima, ma con più entusiasmo ci apprestiamo a mettere a punto in piano che avevamo già condiviso e che è cambiato per colpa della pandemia”.
Come il lockdown ha influenzato Illy, e quali azioni avete preso per contrastare il suo effetto?
“Nel 2019 due terzi dei nostri ricavi derivavano dal consumo di caffè fuori casa, al bar, al ristorante, in albergo, ma anche in viaggio, in treno e così via. Nel 2020 le proporzioni si sono ribaltate. E questo anche grazie alla spinta che abbiamo dato al gruppo grazie al marketing e alla comunicazione digitale. Circa un quinto dei nostri ricavi 2020 deriva dall’online, il digitale ci ha salvato il conto economico e vogliamo spingere ancora di più su questo canale”.
E il piano di aperture di nuove caffetterie come procede?
“Andiamo avanti, anche se con negozi più selettivi e mirati, abbiamo rimodulato gli investimenti nel canale fisico per privilegiare l’online. Detto questo sono stati appena inaugurati tre punti vendita uno nel Bahrein, uno ad Addis Abeba in Etiopia e uno a Busan in Corea del Sud. La nostra rete conta su 27 punti vendita a gestione diretta e 269 in franchising, continueremo con le nuove aperture laddove si presentano interessanti opportunità”.
Invece negli Stati Uniti, quali obiettivi di crescita?
“Gli Usa sono sempre stati un Paese strategico per Illy, e le nuove evoluzioni geopolitiche con l’arrivo di Joe Biden pongono le condizioni per investire con più fiducia. Per entrare in un paese grande con logiche complesse come gli Usa, su cui abbiamo stanziato circa 100 milioni di dollari, abbiamo scelto un socio americano, che peraltro ha un grande network e interessanti partecipazioni che potrebbero esser sinergiche con Illy”.
La crescita all’estero viaggia in parallelo con quella in Italia?
“Certo, l’Italia rappresenta le nostre radici, nonché un Paese straordinario. Un albero non cresce se non ha radici forti, è dal rafforzamento della base che poi si può ambire a espandersi all’estero. Peraltro il nuovo governo ci rende orgogliosi e fiduciosi. Non solo Mario Draghi, ma molti dei ministri tra cui Roberto Cingolani, che fino a pochi giorni fa era uno degli amministratori del nostro board, piuttosto che Vittorio Colao o Daniele Franco, sono manager che conosciamo e stimiamo da tempo a cui faccio personalmente i miei migliori auguri”.
L’ingresso di un private equity nel capitale di un’azienda familiare, è il primo passo verso la quotazione in Borsa?
“Questa è una delle opzioni per l’uscita del fondo, ma non l’unica. La quotazione è un modo per allungare la vita di un’azienda, e questa è un azienda speciale, che ha quasi 90 anni di storia, che porta il nome della nostra famiglia, immaginando un futuro penso a Illy come a Hermès, un gruppo controllato dalla famiglia con solidi principi. Mio padre ci ha cresciuto dicendo: ricordate che il vero padrone è il consumatore. L’azienda arriva prima dei nostri interessi, abbiamo trasferito questi valori alle nuove generazioni e da qualche anno abbiamo delegato la gestione a un management esterno e professionale. Da anni reinvestiamo gli utili sul gruppo, e per questo nonostante la pandemia, abbiamo chiuso il 2020 in utile e con una solidità patrimoniale ancora maggiore”.