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venerdì 22 Novembre 2024
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Analisi sensoriale: Che cosa è la corposità del caffè e come si descrive?

Gustare un caffè non significa semplicemente berlo, ma assaporare ogni singolo aspetto sfruttando tutti i sensi. Non solo il gusto, ma anche la vista, l’olfatto, il tatto e l’udito sono impegnati durante il rito del caffè.

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TORINO – L’aspetto sensoriale è fondamentale durante la degustazione di un buon caffè. Non si tratta di una mera azione quotidiana, ma di un reale rito piacevole che gli intenditori si vogliono regalare ogni giorno. Bere un caffè è una cosa, gustarlo è tutta un’altra.

Utilizzare tutti i sensi è importantissimo per regalarci un momento di puro gusto e piacere. Gli aspetti principali da tenere in considerazione quando si gusta un caffè sono 5: aromaticità, dolcezza, intensità, rotondità e corposità.

Di tutti, forse quello che più incuriosisce e merita un approfondimento è l’ultimo.

Andiamo dunque a comprendere meglio che cosa è e come si determina la corposità del caffè.

La corposità si può ricondurre al senso umano del tatto: si tratta, infatti, della proprietà fisica della bevanda percepita dalla bocca durante e dopo l’ingestione.

È anche conosciuta come consistenza, proprio perché indica la struttura del liquido e la concentrazione delle sostanze in esso disciolte.

La piacevole morbidezza al palato che si sente, grazie alla presenza degli zuccheri e degli oli contenuti nella bevanda, è la vera e propria corposità del caffè.

Nell’analisi sensoriale del caffè, la corposità riguarda la densità, l’oleosità (ossia il contenuto in grassi) e la viscosità (ossia la quantità di materia solida sospesa nell’infuso).

Un caffè di scarsa qualità o un espresso sovra-estratto sono riconoscibili, perché percepiti dalla lingua con un sapore acerbo, molto simile a quello dei carciofi crudi, detto astringenza.

L’astringenza è la diretta conseguenza della presenza di tannini, i quali attivano la percezione della mucina, ossia la proteina contenuta nella saliva e che rende viscide le mucose. Caffè che riflettono queste caratteristiche possono essere definiti corposi, ma astringenti.

In un buon caffè la corposità si sente oltre il sorseggio: durante l’espirazione, infatti, si percepiscono gli aromi veri e propri della bevanda.

La ricchezza, la finezza e la persistenza sono pertanto considerate anche dopo la deglutizione, facendo così riferimento all’after-taste, ossia il sapore che rimane a seguito dell’assaggio vero e proprio.

Come tutti sanno, esistono due tipologie principali di caffè: Arabica o Robusta. Ma quali sono le differenze principali tra le due qualità in termini di corposità?

Le differenze più significative riguardano il contenuto di oli, di zuccheri e di caffeina. Il caffè di origine arabica contiene più oli, più zuccheri e meno caffeina, risultando così meno corposo al palato.

Al contrario, il caffè di origine robusta si presenta al palato più corposo, meno delicato e più astringente.

Talvolta, per ovviare alla scarsa corposità del caffè da arabica, si ricorre alle miscele.

In questo caso, al fine di donare una maggiore corposità, si mescolano la macinatura dell’arabica con un’ottima robusta lavata, evitando in tal modo di deturpare la base aromatica della prima.

Ora che avete imparato la teoria riguardante la corposità del caffè, non vi resta che metterla in pratica! Pronti, via, alla ricerca della corposità!

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