MILANO – Analisi di mercato. Dopo la forte ripresa di luglio – dovuta principalmente alle pressioni speculative causate dalle piogge fuori stagione cadute in Brasile – si è ristabilito ad agosto il trend ribassista che sta caratterizzando i mercati dall’inizio di questa annata caffearia. Come rileva il report Ico diffuso nel pomeriggio di ieri, i prezzi hanno subito una nuova forte correzione al ribasso (-6,6%), che ha riportato la media mensile dell’indicatore Ico a 148,50 centesimi per libbra: il secondo livello più basso degli ultimi 2 anni dopo quello di giugno (145,31 centesimi).
Analisi di mercato: la flessione degli arabica
Questo valore è inferiore del 30% a quello di agosto 2011 e del 29,4% alla media dell’anno intero anno solare trascorso. La flessione riguarda quasi esclusivamente gli arabica, a cominciare dai brasiliani naturali, che perdono il 9,1% sul mese precedente. Forti i ripiegamenti anche per gli altri dolci (-8,2%) e i colombiani dolci (-7,6%), mentre l’indicatore dell’Ice segna un –7,3%. Per l’indicatore dei robusta, un modesto arretramento (-0,5%), mentre Londra rimane virtualmente invariata.
La novità saliente giunge dall’aggiornamento delle cifre sulla produzione mondiale, riviste considerevolmente al rialzo rispetto al mese trascorso. La produzione 2011/12 è ora stimata in 132,715 milioni di sacchi, contro i 131,381 milioni indicati dal report di luglio. Le variazioni più rilevanti riguardano l’Asia dove il raccolto vietnamita viene corretto al rialzo di 1 milione di sacchi, a 21 milioni, e quello indonesiano di 370 mila sacchi a 8,62 milioni.
Qualche ritocco è stato apportato anche alle cifre di Messico & America centrale (circa 230 mila sacchi in più) e Africa, mentre rimane invariato il dato del sud America
Alla luce di questi nuovi valori, la produzione per l’annata corrente risulta inferiore di appena l’1,2% a quella record del 2010/11 di 134,26 milioni di sacchi. Nonostante l’annata negativa del Brasile abbiamo a che fare dunque con il secondo raccolto più abbondante di tutti i tempi.
E in prospettiva c’è il copioso raccolto brasiliano 2012/13, ormai alle battute finali, nonché le aspettative di graduale ripresa in Colombia, dove i dati Fedecafé evidenziano, per il quarto mese consecutivo, una variazione positiva sull’anno precedente (+26%), anche se il dato cumulativo per i primi 7 mesi dell’anno solare rimane inferiore del 7% a quello dei primi 10 mesi del 2010/11 (4,333 milioni di sacchi, contro 4,648 milioni nel pari periodo 2011).
Il report delle analisi di mercato invita inoltre a monitorare con attenzione la situazione in America centrale
Dove la ruggine del caffè ha arrecato danni alle piantagioni di Guatemala e Honduras, il cui impatto rimane ancora da verificare. Come già riferito nel numero di lunedì, l’export di luglio si è attestato a 9,1 milioni di sacchi, in crescita di quasi il 18% sullo stesso mese dell’anno scorso. Detto incremento porta la cifra complessiva relativa ai primi 10 mesi dell’annata caffearia a 90,36 milioni di sacchi determinando una variazione positiva (+1,5%) rispetto al pari periodo del 2010/11.
A tale ripresa contribuiscono i robusta (+12,2%) e gli altri dolci (+4,7%), mentre risultano in calo brasiliani naturali (-9%) e colombiani dolci (-13,4%). L’appendice statistica torna a occuparsi dell’evoluzione dei consumi mondiali anticipando alcuni dei dati contenuti in un documento Ico di prossima pubblicazione.
Sotto la lente degli esperti dell’organizzazione londinese è questa volta l’evoluzione dei consumi nell’arco dei 10 anni trascorsi in un totale di 21 paesi esportatori e importatori
Secondo i dati Ico, i consumi mondiali hanno registrato, nell’arco periodo suddetto, un tasso di crescita annuale composto (cagr) del 2,3% passando dai 109,581 milioni del 2001 ai 137,896 del 2011, pari a un incremento complessivo del 25,8%. Nel 2011, la crescita è stata contenuta (+0,5%), ma ha fatto seguito a un 2010 caratterizzato invece da un incremento piuttosto rilevante (+3,5%).
Come abbiamo già avuto modo di vedere in altre analisi realizzate da Comunicaffè, le dinamiche si presentano profondamente diverse a seconda dei mercati. I paesi esportatori hanno segnato gli incrementi più consistenti, con un cagr pari al 4,3% nel corso dei 10 anni in esame e assorbono oggi il 31% dei consumi, contro il 25% del 2001. Spicca in particolare, la forte crescita del Brasile, passato da poco meno di 13,5 milioni nel 2001 a 19,5 milioni l’anno scorso.
Secondo le proiezioni Ico, il Brasile diventerà anche il primo paese consumatore mondiale di caffè, superando gli Usa, alla metà di questo decennio. Nei mercati emergenti, il tasso di crescita è stato del 3,5%, grazie alla forte espansione dei consumi in paesi quali la Federazione Russa, l’Ucraina, la Corea del sud e la stessa Australia. Più lenta la crescita dei mercati tradizionali (+1%) caratterizzati da una sostanziale maturità dei consumi. Gli incrementi più sostenuti in termini di cagr si sono avuti in Canada (3,5%) e Regno Unito (+2,8%). L’Italia (+0,8%) è poco al di sotto della media. Complessivamente i paesi importatori presentano un cagr dell’1,6%.
Analisi di mercato: i dati divergono ancora di più considerando la variazione dell’ultimo anno
In tal caso, solo i paesi esportatori evidenziano un dato in crescita (3,3%), mentre quelli tradizionali sono sostanzialmente stagnanti (-0,2%) e quelli emergenti segnano una flessione più netta (-2%). Nei mercati tradizionali crescono Usa, Germania e Francia, mentre sono in declino tutti gli altri paesi di questa categoria presi in considerazione nello studio, a cominciare dal Regno Unito (-6,7%), la Spagna (-2,6%) e il Giappone (-2,5%).
In Italia, secondo i dati elaborati dall’Ico, si è registrata una variazione negativa dell’1,6%
Forti differenze, infine, nei mercati emergenti, dove al consistente incremento della Corea del sud (+8,1%) fa riscontro la flessione di Algeria (-11,5%) e Ucraina (-10,8%). Interessante la proiezione del dato sui consumi mondiali di qui al 2020. Lo studio propone tre diversi tipi di scenari di crescita: bassa (1,5% annuo), media (2%) e alta (2,5%), che portano a un dato sui consumi, a fine decennio, pari rispettivamente a 157,7, 164,8 e 172,2 milioni di sacchi. Visti i tassi di crescita storici e la forte domanda potenziale dei paesi esportatori e dei mercati emergenti – scrive il report – appare plausibile che il mercato mondiale sia in grado di assorbire almeno 20 milioni di sacchi in più entro la fine del decennio in corso. Meritano un breve commento anche i dati relativi ai consumi fuori casa nei paesi importatori (periodo 1997-2011), che presentano la loro incidenza massima in 3 paesi del sud Europa: Portogallo, Spagna e Grecia. Va detto che in tutti e 3 i paesi si è riscontrato un calo percentuale, negli ultimi anni, a seguito della crisi economica. All’estremo opposto, Austria (nonostante i celebri caffè viennesi e salisburghesi!) e Polonia, dove oltre il 90% del caffè consumato viene bevuto tra le mura domestiche. Un caso particolare è costituito dal Regno Unito, che si caratterizza per la forte crescita delle catene di caffetterie, la cui incidenza sui consumi è aumentata di oltre 2 volte e mezzo nell’arco del periodo considerato. Un cenno, in conclusione, sui consumi di solubile, che solo in 5 paesi (Grecia, Uk, Turchia, Ucraina e Russia) superano il 50% del totale. Grecia, Uk e Russia hanno evidenziato comunque un significativo trend di crescita dei consumi di torrefatto in tempi recenti. A fine settembre si svolgerà, come di consueto, la tornata autunnale delle riunioni londinesi dell’Ico, in programma nella settimana da lunedì 24 a venerdì 28.