MILANO – C’è lo zampino di Nathan Fielder, il comico d’origine canadese che lavora al canale americano Comedy Central, dietro l’apertura di un finto negozio Starbucks chiuso dal dipartimento della Salute di Los Angeles.
Eccetto la parola “dumb” (in inglese significa anche stupido) scritta prima del nome, Fielder aveva aperto una copia della famosa caffetteria americana venerdì scorso senza grande clamore a Los Feliz, un quartiere della megalopopli californiana, noto per le lussuose ville di molte celebrità di Hollywood.
Secondo quanto riporta il Los Angeles Times, l’attore, popolare per le sue gag che spesso si scagliano contro le piccole attività commerciali, ha già annunciato di aver in programma l’apertura di un secondo “Dumb Starbucks” a Brooklyn, New York.
All’interno del locale aperto a Los Angeles, su un volantino si poteva leggere: “Stiamo semplicemente usando il loro nome [Starbucks] e il logo per scopi di marketing. Aggiungendo la parola “dumb” stiamo tecnicamente prendendo in giro la catena di negozi, che ci permette di utilizzare i loro marchi grazie a una legge nota come ‘fair use’ (uso corretto)”.
Oggi il dipartimento della Salute americano ha comunicato in modo stringato la chiusura di “Dumb Starbucks”, perché, scrivono sul loro sito web non ha il “permesso d’esercizio”.
La famosa catena di Seattle, che conta più di 20.000 negozi in 63 Paesi, si era limitata a far sapere ieri attraverso il suo portavoce, Zack Hutson, che l’azienda era “consapevole del negozio”. Hutson aveva pure confermato che la nuova attività commerciale non era “affiliata Starbucks” e quindi non poteva usarne il nome, dato che “è un marchio protetto”.
Nel frattempo però, in un menu apparso su un’apposita pagina Twitter chiamata “Dumb Starbucks” e seguita da più di 5.000 follower, si sponsorizzava il “dumb Frappuccino”, il “dumb Blond roast” (un tipo di caffè) e il “dumb Espresso”, assieme a tanti altri prodotti. C’erano persino delle versioni “dumb” dei compact disk che Starbucks vende nei suoi negozi.
Il locale aveva attratto un gran numero di persone, in parte perché affriva caffè gratis a scopo promozionale, non è ancora ben chiaro però se grazie alla parola “dumb” di fronte al marchio Starbucks sia possibile aggirare le leggi sul copyright che tutelano il marchio posseduto della catena di negozi originale.