domenica 22 Dicembre 2024
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Altura, l’avventura di un giovanissimo appassionato di specialty a Milano in via Lorenteggio: “Sono fiero del prodotto venduto”

Il titolare: "Maggiore sarà l’altitudine, maggiore sarà la qualità. E noi la stiamo offrendo in periferia; non solo attraverso un espresso, ma anche con prodotti artigianali di pasticceria."

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MILANO – Mirko ha appena 23 anni e ha già deciso di fondare Altura, locale in via Lorenteggio a Milano Sud-Ovest – non certo il centro o una zona battuta dai turisti – dove si berrà soltanto specialty coffee. Un ragazzo che ha dovuto scegliere se intraprendere un percorso universitario alla Greenwich di Londra, o prendere in mano questa caffetteria.

Prende in gestione l’ex Bottega del Caffè perché: “Soltanto entrandoci ho sentito come una vocazione chiamarmi”.

Da lì la conversione verso il caffè di qualità che arriva con la prima volta ad Host a contatto con i grandi marchi.

A quel punto non aveva più il solo obiettivo di fare cassa: “Volevo essere fiero del prodotto venduto” e così Mirko si forma con i libri dei migliori, fa visita a Bugan a Bergamo dove avviene la conversione totale:

“Quando sono entrato mi sono chiesto: sono scienziati o sono baristi?”. La risposta arriva subito: “Sono dei grandissimi”.

Seconda tappa, grazie a Marco di Pizzicoffee: Milan Coffee Festival, con tutta la community pronto a sconvolgerlo a colpi di tazze: Mirko passa dall’esperienza con il caffè commerciale allo scambio con dei veri professionisti che sanno tutto della materia prima, alla manutenzione, ai vari tipi di estrazione. Così, il salto è fatto.

Subentrato nel bar ex ”La Bottega del Caffè”, dotato di una macchina di proprietà della torrefazione di Genova da cui si riforniva il precedente proprietario, Mirko ha voluto cambiare le cose, inserendo il blend Tacco Punta numero due di Gearbox per provare una soluzione dall’acidità non troppo spinta, ma totalmente ed esclusivamente specialty.

La miscela Gearbox (foto concessa)

Più avanti in agenda, Mirko ha già messo in conto un secondo macinatore per proporre la monorigine e il caffè filtro.

Non la spaventa proporre ad Altura soltanto specialty?

“Nonostante la zona in cui ci troviamo, che non è centrale, non torno sui miei passi: voglio fare la differenza per davvero, provando ad educare e ad avvicinare i clienti a questi sapori, dando loro qualità a discapito dei miei costi, in quanto lavorerò con un prodotto di livello che richiede anche maggiori quantità di prodotto per una corretta estrazione”.

Con la stessa filosofia ho voluto acquistare La Marzocco PBX e un Ceado Leon con macine da 84mm.

Quando ho fatto il passaggio dal vecchio caffè commerciale allo specialty, ho lasciato assaggiare e bere per delle settimane alla cieca: non tutti i clienti hanno reagito bene perché riscontrano una mancanza di corpo che trovavano invece nella Robusta e risentono un po’ dell’acidità.

Ma ora punto a intercettare tutte quelle persone che vogliono tentare l’approccio ad una tazzina di qualità.”

Ma riesce a far quadrare i conti nonostante le perdite?

“Osservando l’andamento sin qui, anche con un lieve calo di vendite sull’espresso riesco a rientrare con l’offerta food. Conto comunque di invertire questa tendenza sensibilizzando, stimolando e raccontando a sprazzi, il mondo che si cela dietro lo specialty.

Per fortuna le nuove generazioni sono più comprensive, più aperte alla sperimentazione di sapori nuovi se raccontati e spiegati. Ritornano il giorno dopo e si ricredono.

Gli adulti sostengono poco questa novità, anche perché non rientra nell’immagine classica a cui sono abituati del barista dietro al bancone. Piano piano però, conto che le cose cambino.

Intanto mi alleno con il V60 mi organizzo per l’introduzione di un Moccamaster.”

Sfatiamo quindi la leggenda metropolitana dei giovani che non vogliono lavorare e non vogliono sacrificarsi in questo settore?

“Non credo tanto a quello che si dice. Da gestore mi rendo conto che a causa della fiscalità italiana siamo molto limitati; gli ostacoli sono tanti e posso capire che i titolari d’azienda facciano fatica a pagare adeguatamente i propri collaboratori.

Dall’altra parte, sono esperienze che ho vissuto in prima persona come dipendente e riconosco che in moltissimi posti non si viene giustamente ripagati del proprio tempo e impegno.

L'impegno di Mirko in Altura (foto concessa)
L’impegno di Mirko in Altura (foto concessa)

È vero quindi che se i giovani non hanno voglia di lavorare in questo settore è anche perché non ci sono spesso delle condizioni stimolanti o dei contratti regolari. Bisogna offrire il giusto compenso.

Ma lei che è così giovane, avrà sicuramente incluso i social per comunicare Altura e la sua filosofia

“Abbiamo la pagina @alturamilano su Instagram. I social sono uno strumento potentissimo e mi affiancherò a qualcuno per la loro gestione, in prospettiva di metterci anche la faccia per aumentare la fiducia dei più curiosi.

L’obiettivo è quello di finire anche su piattaforme guida per specialty che mi permetteranno di intercettare quella nicchia che beve questo prodotto.

Il mio core business al momento sono gli impiegati della zona e quindi il weekend si lavora poco: attirando invece gli intenditori, si colmerebbe questo vuoto.”

Una domanda fatta per ultima, ma che in realtà dovrebbe essere la prima: il nome Altura, perché?

“Significa altitudine, ed è una parola che troviamo spesso sui pacchetti di caffè Specialty.

Una maggiore altitudine, influisce notevolmente sulla qualità del caffè, poiché porta una complessità gustativa dovuta alla marcata escursione termica che si verifica a quote elevate.

L’altitudine è solo uno delle decine di fattori che influenzano il gusto del caffè, ma è comunque tra i più importanti. Maggiore sarà l’altitudine, maggiore sarà la qualità.

E noi la stiamo offrendo in periferia; non solo attraverso un espresso, ma anche con prodotti artigianali di pasticceria.”

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