domenica 22 Dicembre 2024
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Sanapo e il Consorzio promozione caffè: un focus sull’assaggio

Michele Monzini, presidente del Consorzio promozione caffè: “La ricerca continua della qualità, dal chicco alla tazzina, è ciò che rende il caffè italiano un patrimonio riconosciuto e invidiato in tutto il mondo. La degustazione di questa bevanda, pur essendo un’attività meno conosciuta rispetto a quella legata ad altri prodotti iconici del made in Italy, rappresenta una tradizione non meno affascinante, valorizzata da grandi professionisti. È importante ricordare, per esempio, che in questa bevanda si possono riscontrare più sostanze e sfaccettature di gusto rispetto alla maggior parte degli altri prodotti tipicamente italiani”.

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MILANO – In Italia, le grandi passioni rendono tutti un po’ esperti. Succede con il calcio, con la musica e ovviamente anche con il caffè, una tradizione e un rito irrinunciabile che unisce l’Italia da nord a sud. Ma riconoscere la vera qualità nella tazzina non è da tutti: la degustazione del caffè è un’arte con i suoi codici e le sue regole, oltre che un percorso professionale in cui al talento si uniscono anche competenze specifiche e abilità acquisite con il tempo.

La degustazione del caffè

Michele Monzini, presidente del Consorzio promozione caffè: “La ricerca continua della qualità, dal chicco alla tazzina, è ciò che rende il caffè italiano un patrimonio riconosciuto e invidiato in tutto il mondo.”

“La degustazione di questa bevanda, pur essendo un’attività meno conosciuta rispetto a quella legata ad altri prodotti iconici del made in Italy, rappresenta una tradizione non meno affascinante, valorizzata da grandi professionisti.”

Monzini conclude: “È importante ricordare, per esempio, che in questa bevanda si possono riscontrare più sostanze e sfaccettature di gusto rispetto alla maggior parte degli altri prodotti tipicamente italiani”.

Come per molte eccellenze tricolori, anche il “coffee tasting” è un’esperienza multisensoriale.

Il punto di vista di Francesco Sanapo, degustatore professionista di caffè

Lo sa bene Francesco Sanapo, pluripremiato campione barista e assaggiatore, che ama definirsi “il più grande amante di caffè”.

Francesco sanapo
Francesco Sanapo (credits myMediaStudio, CoffeeAndLucas)

Per un degustatore professionista, i sensi sono fondamentali per un’analisi ottimale poiché rappresentano uno strumento insostituibile per definire la qualità di un caffè:

“La vista è il primo senso coinvolto: ci guida nel capire il tipo di tostatura, ci fa notare il colore del caffè estratto o della crema se parliamo dell’espresso. Entra quindi in gioco l’olfatto, che cattura tutti gli aromi volatili della tazzina e grazie al quale è possibile capire il profilo di gusto e soprattutto la complessità.”

“In ultimo, viene coinvolto il palato, che ci permette di approfondire quelle che sono le caratteristiche di gusto, acidità, dolcezza, amaro e corpo lavorando su oltre 800 sostanze aromatiche.”

“Non ci sono differenze di approccio nella degustazione del caffè tradizionale o di quello decaffeinato, tuttavia è necessario tenere presente che ci si trova davanti a un profilo di gusto diverso”.

L’origine del caffè è la base di partenza

Con un pieno coinvolgimento dei sensi, l’assaggio è il momento che svela la reale qualità di un caffè, che il degustatore ha il compito di individuare per valorizzarla e raccontarla al consumatore. Ma rappresenta solamente l’ultimo passo di un percorso che coinvolge tutta la filiera, a partire dalla raccolta:

“La materia prima è la base di partenza. Tracciabilità, origine e certificazioni sono fondamentali anche per aiutare il consumatore a orientarsi. Ogni caratteristica che raccontiamo e sosteniamo deve trovare un riscontro finale nel gusto della tazza”, prosegue Sanapo.

“Raccogliere la ciliegia del caffè quando ha raggiunto il suo livello ottimale di maturazione significa ottenere una maggiore dolcezza in tazza, se tutti gli step successivi seguono lo stesso approccio”.

Dalla piantagione al bancone del bar, la ricerca della qualità diventa quindi il fil rouge che accompagna ogni passaggio: anche il processo di fermentazione e di essicazione, infatti, giocano un ruolo fondamentale che incide in maniera decisa sul gusto; eventuali errori commessi possono compromettere il risultato finale.

Senza dimenticare la tostatura, il cui obiettivo è quello di esaltare tutte le caratteristiche naturali del caffè.

La figura chiave del barista secondo Sanapo

Ultimo, ma non meno importante, ingranaggio di questa straordinaria filiera è il barista, che secondo Francesco Sanapo rappresenta la vera chiave per arrivare al cuore dei consumatori e sensibilizzarli sul vero valore del caffè:

“È una figura importantissima per sensibilizzare il consumatore a soffermarsi sulla sua tazzina quei pochi secondi in più per scoprire tutto quello che di magico racchiude in sé.”

viva il caffè francesco sanapo
Francesco Sanapo

“Nel contesto attuale, la conoscenza tramandata e l’esperienza sul campo non sono più sufficienti: oggi, per un barista eccellente, è necessario aggiornarsi continuamente, analizzare i cambiamenti e le evoluzioni che sono emerse nell’ultimo decennio”.

Per definire un caffè buono, dunque, entrano in gioco moltissimi fattori che vanno al di là dell’aspetto puramente organolettico: “Ricerchiamo la qualità in tazzina, che si esprime in complessità, dolcezza e intensità, ma abbiamo anche il dovere di guardare oltre.”

“Dobbiamo sapere come il caffè viene prodotto e lavorato all’origine, dobbiamo assicurarci che sia sostenibile sia dal punto di vista ambientale, sia da quello sociale ed economico. Tutto questo oggi rende un caffè buono”, conclude Sanapo.

Il vocabolario della degustazione del caffè

Aroma: l’espresso contiene una quantità molto elevata di molecole aromatiche, responsabili della percezione olfattiva e retro-olfattiva.

È importante riconoscere gli aromi positivi da quelli negativi: sentori di pane tostato, cioccolato, fiori freschi e frutta indicano un caffè di ottima qualità, mentre note di paglia, erba fresca, acqua stagnante, juta bagnata e muffa sono spia di qualche difetto nella lavorazione.

Astringenza: questa sensazione è attivata dalla presenza di sostanze tanniche di origine legnosa, come gli acidi fenolici, che fanno precipitare la mucina, una proteina contenuta nella saliva capace di rendere scivolose le mucose.

Un buon espresso non deve mai avere un’astringenza troppo elevata: se presente, è segno di chicchi di scarsa qualità o di una lavorazione eseguita non correttamente.

Colore: la crema deve essere di una tonalità nocciola tendente al testa di moro, con riflessi rossicci e striature chiare.

Una crema nera, per esempio, sarà spia di una macinatura troppo fine e di pressatura troppo elevata, mentre una variazione chiara indicherà una macinatura grossolana e con pressatura bassa.

Corposità: è una sensazione riconducibile al concetto di “consistenza”, strettamente collegata alla sciropposità e alla densità del liquido, conferite in modo particolare da alcune varietà di caffè, ma anche da una preparazione corretta.

La percezione del gusto e la tessitura

Gusto: Dei cinque gusti che possiamo percepire (dolce, salato, acido, amaro e umami), l’amarezza e l’acidità sono quelli più presenti durante la degustazione del caffè.

La percezione del gusto amaro, accentuata nella parte posteriore della lingua, è destinata a restare presente più a lungo sulla lingua.

Al contrario, l’acidità è percepita con maggiore intensità nella parte laterale della lingua ed è caratterizzata da una sensazione molto fugace.

Tessitura: è determinata dalla densità delle fibre per millimetro. Un espresso fatto a regola d’arte sarà caratterizzato da una crema a maglie strette con occhiatura (cioè la presenza di bolle) fine o assente, dallo spessore di 2-4 millimetri e capace di permanere in superficie anche oltre i 4 minuti, senza spezzarsi o aprirsi nella parte centrale.

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