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sabato 02 Novembre 2024
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Caffè, alimentazione corretta e vita attiva per il nostro cervello

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Alimentazione corretta e sport: i segreti per non invecchiare. Mantenere giovane il nostro cervello non è una questione di lifting. Basta mangiar bene e fare un po’ di attività. Il caffè risulta un ottimo alleato in questa battaglia. Vincere la scommessa contro l’orologio biologico? Nessun problema. Prevenire le malattie croniche come le demenze è possibile.

Alimentazione corretta vs malattie degenerative

“Oggi il ruolo delle strategie alimentari nella terapia del morbo di Alzheimer e di altre forme di demenza è ancora poco indagato” .Ce lo spiega il professor Valter Longo, Direttore dell’Istituto di Longevità della School of Gerontology presso l’University of Southern California di Los Angeles – ma ci sono strategie basate su alcune ricerche che possono ritardare l’insorgenza dell’Alzheimer di 5-10 anni”.

Stile di vita

Grande importanza assume anche lo stile di vita. Alcune attività spesso sono date per scontate, sbagliando. Ecco poche mosse che cambiano la salute del nostro cervello:

  • mantenere relazioni sociali gratificanti
  • svolgere attività fisica
  • tenere in esercizio il cervello con lettura
  • puzzle e digital gaming

Alimentazione corretta? C’entra il caffè

L’alimentazione corretta non è una questione che riguarda solo bio e integrale. Certo, ridurre i cibi grassi è la parte più grossa del lavoro. Ma anche qualcosa di gustoso può rientrare nel programma. Degustare un buon caffè non è solo un premio, ma una strategia. Non è la prima volta che vediamo il caffè protagonista della nostra salute. Contro le malattie neurologiche si rivela molto utile.

Studi sui benefici del caffè

Recenti ricerche indicano che un consumo moderato di caffè (3 o 4 tazzine al giorno) potrebbe proteggere il cervello da alcune forme di demenza, quali il morbo di Parkinson.

E ancora: recenti studi mostrano che il caffè svolge una funzione protettiva anche nei confronti dell’Alzheimer, con una riduzione di circa il 30% del rischio di sviluppare la malattia nei “bevitori” più accaniti della bevanda.

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