MILANO – Tra i gestori che possono vantare un’attività non solo di successo, ma che ha finito per ricoprire nel tempo un ruolo rappresentativo per la propria città, abbiamo parlato con Alexandros Delithanassis. Da 7 anni titolare dello storico Antico Caffè San Marco di Trieste.
Alexandros Delithanassis, da tre anni a capo del locale
Che cosa ha cambiato di questo spazio?
“Io nasco nel mondo dei libri. Un giorno ho visto questo caffè storico e ho deciso di fare una scommessa. Mettendo al suo interno proprio i libri. Grazie a questa intuizione, riusciamo a organizzare tantissimi eventi culturali, uno o due al giorno.”
Un ibrido tra caffetteria e libreria: come è nata questa idea?
“Perché io possedevo una libreria e una casa editrice e, per questo, spesso mi contattavano per organizzare delle presentazioni all’interno del caffè. Col tempo è diventata un’idea efficace. Quindi, quando il gestore precedente ha lasciato chiudendo il locale, ho fatto la proposta ai proprietari, Le Generali. Anche loro hanno voluto cogliere la sfida lasciandomi carta bianca. E così siamo partiti.”
Cosa dovrebbe sapere chi decide di aprire una propria attività in questo settore?
Continua Alexandros Delithanassis: “L’economia, la contabilità, la burocrazia. Questa è la prima cosa in assoluto. La simpatia aiuta, ma se si ignorano questi aspetti, vieni schiacciato. In secondo luogo: conoscere il mondo del caffè, quello della ristorazione.
Le faccio un esempio. Io sono stato il primo che si è accorto che il prezzo dell’acqua è triplicato a Trieste. Ho visto una bolletta di 7.300 euro ed è così che ho capito che avevano aumentato il costo. Una cosa molto grave per un pubblico esercizio: l’ospitalità si basa sull’acqua. Speculare o fare concorrenza su questo fattore è veramente il segnale della fine della civiltà. Sono molto preoccupato a riguardo.
Ora io mi sto confrontando con i politici e tutti, per capire come cambiare. Soltanto ora si muovono anche gli altri gestori che si sono mossi tardi perché non hanno un controllo contabile interno. Una cosa che invece deve esserci sempre. ”
Qual è il valore aggiunto della caffetteria-libreria di Alexandro Delithanassis
“Noi lavoriamo solo materie prime. Non compriamo prodotti finiti. Possediamo una cucina e una pasticceria interne. Anche la libreria rivende i libri creati con la nostra casa editrice. Ho rivoluzionato tutto nei primi tre mesi, dopo l’illuminante idea di applicare quello che avevo già sperimentato con la mia casa editrice, con la pasticceria e la caffetteria. Noi compriamo il caffè crudo, lo facciamo miscelare dall’azienda Sandalj.
Siamo slegati dai torrefattori e da ogni logica commerciale di questo tipo.”
Quanto influisce il caffè nel vostro locale?
“Tanto. E’ il nostro cavallo di battaglia. Abbiamo un ottimo caffè a un prezzo più che giusto. Al banco restiamo ancora sull’euro. Al tavolo, 2 euro e 30. Ma ora alzeremo per via dell’aumento dell’acqua.
Il consumatore è stato educato attraverso i tanti eventi di degustazione di caffè. Abbiamo collaborato con Andrej Godina con “Io bevo il caffè di qualità”. Ci sono migliaia di tipi di caffè da conoscere. Adesso stiamo introducendo il Cold Brew. E, su richiesta di un cliente, facciamo il caffè greco. Puntiamo però soprattutto sull’espresso.
Noi poi qui a Trieste abbiamo un altro modo particolare di bere l’espresso: il caffè macchiato in un bicchierino di vetro. Capo in bi, capo in bicchiere. Spingiamo molto su queste ricette. Siamo anche molto aperti rispetto alle televisioni, persino quelle tedesche.”
Per una persona come Alexandros Delithanassis, la comunicazione, quanto è importante?
“Parlare con tutti e poi via via selezionare. Senza chiudere le porte a priori per diversi motivi. Un grande errore è quello di sottovalutare i media, tra i giornalisti e i social: se nessuno vede cosa fai, non esisti. Devi sempre documentare la tua attività. La pubblicità di un tempo è obsoleta.
Una nostra iniziativa ad esempio, in collaborazione con Ogs Studio Oceanografia marina, è la cultura del pesce povero. Abbiamo dimostrato che si può mangiare del pesce diverso dai soliti calamari fritti, favorendo la catena marina.”
Si è mai informato e ha studiato gli altri casi di successo in Italia e all’estero?
“Rientra nei miei programma. Da quando ho aperto vorrei andare a Vienna e studiare le caffetterie tradizionali. Io sapevo già che Starbucks avrebbe aperto due anni prima del suo arrivo in Italia. Ho analizzato il modello della Roastery di Seattle.
Bisogna ovviamente esser aperti. Il problema in questo senso è che poi si sacrificano degli aspetti della vita privata. Io vedo tanti colleghi che non sono accoglienti, turistici, perché vogliono chiudere. Non bisogna fermarsi poi ai propri gusti. Non mi piace il prosecco, ma so valutarlo, per esempio.”
Il suo target di riferimento qual era? Qualcuno legato più al mondo dell’editoria?
“Il nostro target? Sono tutte le persone. Poi però, in base a quello che proponiamo, l’utenza si seleziona da sé. Rispetto alla mia clientela di riferimento, mi ha insegnato una cosa Alessandro Marzomagno.
La caffetteria ha aperto le porte alle donne e agli intellettuali. E questo è un principio che resta vero qui da noi. Facciamo anche tantissimi incontri e molti club ci usano come spazio per organizzare i propri eventi. Diamo a disposizione il locale per riunire le persone.
Il nostro caffè a un euro è voluto, per restare “popolare” e democratico. Vogliamo offrire la possibilità di bere un buon espresso in un bel posto. Piuttosto, risparmio dalla parte dei fornitori, pagando il caffè a un costo minore perché compro la materia prima e poi la lavoro io. Le macchine sono di mia proprietà.
L’errore che fanno molti colleghi è quello di scegliere il comodato d’uso. Il caffè poi lo paghi 40 euro al chilo. Sicuramente la libertà di poter scegliere e cambiare i prodotti è essenziale.
Ora introdurremo nuove miscele nel bancone più piccolo, destinato agli specialty coffee. Una strada molto impegnativa, verso cui ci addentreremo a piccoli passi.”
Il costo del personale: come affrontarlo
“Il personale deve esser innanzitutto formato. E’ un problema enorme in tutta Italia. Perché è un mestiere che viene inteso come palliativo e temporaneo. Metà dei miei collaboratori sono ben preparati. Il resto, non è appassionato ed è in attesa di una migliore occupazione.
Non capiscono che la caffetteria non è solo un posto in cui lavorare. Devi esser propenso all’ascolto e aver piacere di arricchirti a contatto con la gente. Io cresco molto discutendo con gli intellettuali, gli attori e i registi. Una settimana abbiamo ospitato Capossela a bere il caffè. Questo è un luogo di scambio.”
Come convincere i gestori a investire in qualità e formazione?
“Chi si prepara la propria miscela, dopo un anno vede i guadagni. Si soffre per un periodo iniziale e poi inizia la crescita. Io ovviamente gestisco un locale piuttosto ampio e allora ho pensato di investire in una nostra pasticceria dove rielaborare la materia prima. E così offrire al cliente un prodotto di qualità controllata e personalizzata a seconda delle sue esigenze.
Un altro punto è il vino: in Italia pensano tutti di intendersi di vino. Noi collaboriamo con i Viticoltori del Carso, con i quali proponiamo delle degustazioni abbinate alla cucina locale. Insomma, curiamo tutti gli aspetti in modo da fare cultura.
A Berlino, il caffè tutti si preparano la propria miscela. Sono contento di essere sulla buona strada. E anche in Italia sarà questa la scelta vincente per i prossimi 10 anni. Il turista sa che il caffè di grande marca potrà comprarlo anche per berlo a casa sua. Qua invece, si siede per assaggiare una cosa particolare.
Lo stesso faccio con i libri: con la mia casa editrice stiamo pensando una collana di testi illustrati per avvicinare i ragazzi di 15 anni ai grandi classici del nostro territorio.”
Un’altra chiave di svolta, fare rete
“E’ necessario superare la paura del nostro Paese, di aggregarsi ad altre imprese per fare squadra che invece è una prassi in Europa. Qua siamo ognuno per sé, senza avere una visione di insieme. Io sono più forte sul caffè e sui libri e altri lo sono sul vino, oppure sul cioccolato. Tutti però dobbiamo dare lo stesso segnale di qualità, che paga anche in termini di salute.
Ora c’è la moda delle intolleranze, che sono nate per la maggior parte più che altro da una cattiva alimentazione. La gastrite arriva dalle patatine industriali offerte con lo Spritz. Quando bevo un caffè in autostrada, mi aspetto il mal di stomaco.”
Cosa fondamentale anche per i giovani: ammazzate i pari
“Dovete ascoltare i consigli dei vecchi, per poi modificarli secondo la vostra prospettiva. Ad esempio, al gestore che mi ha preceduto, ho spiegato quanto fosse importante internet. Che ormai è proprio un elemento basic delle caffetterie. Lui aveva rinunciato a una fetta importante di clientela, tra studenti e freelance. ”
La location e il design interno: quanto sono importanti?
“Noi siamo considerati in media periferia. Non siamo nel centro della Movida. All’inizio mi sembrava un enorme svantaggio. Ciò che ci renderà sempre più forti, sono gli arredi mantenuti originale dal 1914. Tutto è vincolato dalle Belle Arti. Abbiamo registrato il marchio, per tutelare il nostro lavoro e la nostra identità. Dal punto di vista burocratico e legale è importante esser protetti.”
Secondo lei perché molti aprono e chiudono nell’arco di un anno?
Continua Alexandros Delithanassis. “La mia ex pasticcera ha chiuso da poco il suo locale. A volte non riesco a capire dove siano le mancanze. Ci sono mille aspetti da tenere in considerazione. Molti chiudono perché rapiti dalla moda televisiva del “saper cucinare”. Ma è diverso il prepare un menù per gli ospiti di casa dall’esser imprenditori.
Qualcuno si chiude nelle cucine e poi ignora quello che accade fuori. Chi sa preparare il caffè ma non ha una visione di insieme nel locale. Io, se cade un bicchiere dall’altra parte della caffetteria, lo sento e vado a pulire i cocci. Ho tutto sotto controllo. Compresa l’accoglienza del cliente. Senza mai demandare agli altri e spiegare la mia attività, creando un legame.
Raccontare i propri prodotti
“Ora sono in arrivo le nostre nuove buste del caffè. Abbiamo introdotto il Doypack, cosa che ancora nessuno ha adottato in Italia e invece all’estero è ovunque. Il vantaggio dell’Italia è che l’esser indietro ci permette un margine di proposta innovativa.
Spiegare cos’è la busta Doypack, che cosa comporta per la fuoriuscita del gas sul caffè. Il vantaggio sulla conservazione delle proprietà organolettiche: tutte cose che vanno raccontate e diffonderle.”
Il messaggio di Alexandros Delithanassis per chi vuole aprire una caffetteria
“Il caffè è la seconda commodity dopo il petrolio, più scambiata al mondo. Si sta andando verso un mercato abitato da squali. Il futuro prospetta una crescita verso i paesi asiatici, dove ora il tè sta lasciando il passo all’espresso che è alla moda. Bisogna stare al passo coi tempi. Non è un mondo semplice, fatto di norme. Non si possono conoscere tutte e quindi ci si deve appoggiare a professionisti esterni e avere fiducia in loro. Crescendo assieme.
Ora il mondo del caffè è un mondo che, basta informarsi e leggere, si sta evolvendo in maniera dinamica. In Italia ancora non lo percepiamo, ma a breve tutti faranno la loro miscela. Non si deve dimenticare la tradizione, ma rendendola attuale.
La tradizione non è qualcosa di morto. Bisogna portarla avanti. Questa è la scommessa per un imprenditore nel settore dell’ospitalità.”