ALESSANDRIA – L’ulteriore misura restrittiva che impedisce l’asporto ai locali dopo le 18, è l’ennesimo colpo di grazia a un settore che da un anno a questa parte non ha fatto altro che spendersi in sacrifici e incassare sempre di meno. Riportiamo un esempio per tutti i bar e i ristoranti italiani, attraverso le testimonianze di diversi gestori di Alessandria, dall’articolo di Antonella Mariotti su lastampa.it.
Alessandria senza asporto: i locali non ce la fanno più
«Non è che fai molti clienti con l’asporto dopo le 18, qualche ragazzo viene a prendere l’aperitivo ma poi si allontana, non è che stanno proprio qui vicini. Il problema è che si ci togli pure quello…». Davide Grasso è il giovane barista del Lokobar in fondo a corso Roma, con un bel dehors abbastanza frequentato, ieri pomeriggio 15 gennaio con clienti non «assembrati»: per la maggioranza signore, mamme con bambini e anziani.
«Il problema – diceva ancora Davide – è che quel poco se lo sommi nella settimana, ogni giorno qualcosa, alla fine è un incasso: se lo togli non ce l’hai più e va ad aggiungersi alle perdite che abbiamo subito in tutti questi mesi». I baristi ieri pomeriggio erano tra «color che sono sospesi», in attesa che il governo decidesse se stoppare l’asporto dai bar.
«Sembra che ci facciano chiudere già da domani, non sappiamo niente e aspettiamo, dicono anche che sia vietato solo l’asporto per gli alcolici. Qui le persone se prendono qualcosa comunque vanno a berlo distante dal bar»: Raffaele Andric è il figlio del proprietario dell’Esco bar uno dei locali più frequentati di piazzetta della Lega, dove l’asporto è un bel pezzo di incasso.
Altre voci
È il ritrovo di molti alessandrini per il caffè del mattino e anche della domenica. «Perché non ci chiede quanto siamo inc…», sorride – ma neanche tanto – una delle dipendenti del LokoModerno, seduta dalla parte dei clienti, in attesa del suo turno. Il bar è uno dei più recenti, dopo la ristrutturazione del cinema Moderno: con il Loko Moderno era tornato in piazzetta della Lega il dehors intorno all’obelisco.
«Abbiamo provato con l’asporto fino alle 20 – racconta uno dei responsabili Claudio Bernardi – ma in realtà non è che fai molti clienti, certo se togli anche quelli…».La piazzetta ieri 15 gennaio non era affollata, ma qualche ragazzo e qualche famiglia sembrava tornata alla normalità di sempre – se pure con il distanziamento. «Noi per ora non siamo toccati da questo nuovo Dpcm e possiamo proseguire con le consegne a domicilio»: Andrea Nari è il proprietario della «Luna in brodo», ristorante di via Legnano. «Per noi l’asporto è ancora possibile, e speriamo non ci tolgano anche questo».
Ad Alessandria si fanno sentire anche le associazioni di categoria
«Sono anche un imprenditore e sono molto preoccupata – cosi Michela Mandrino, presidente Confesercenti Alessandria – questa stretta sull’asporto, provocherà un altro danno sulle tremila imprese che già sono in sofferenza». Mandrino è anche titolare del «Bar del Borgo» e del catering «Cenerentola». «I contagi sono in crescita, è vero, ma non vuol dire che siamo noi la causa – dice ancora Mandrino -. Un’eventuale nuova zona rossa comporterebbe la chiusura di diverse attività». C’è poi la questione dei controlli, molti esercenti li chiedono: «Se i clienti si assembrano davanti al locale noi non possiamo farci nulla».
«Non ne siamo responsabili – aggiunge Mandrino – chiedo solo che si lasci lavorare chi rispetta le regole». Mandrino ha parlato di chiusure di locali, i bar che hanno abbassato la saracinesca in città e in provincia sono molti, un dato per tutti lo cita il titolare di un ristorante del centro: «La torrefazione Boasi ci ha detto che dal primo gennaio a oggi ha ritirato 24 macchine per fare il caffè, questo vuol dire che quei 24 locali sono chiusi per sempre».
«Non abbiamo mai fatto molto asporto, non ci va di tenere i clienti al freddo fuori dal locale». Simone Ceccato del Caffè Teatro, sotto i portici di Palazzo Rosso in piazza della Libertà racconta che «con queste temperature non ha senso fare asporto dopo le 18. Il giro dei clienti è diminuito ma “teniamo” – dice -. Certo siamo al settanta per cento di quello che facevamo prima. La nostra fortuna è che gli uffici hanno riaperto».
Nei mesi del lockdown più duro e in quelli successivi con il personale degli uffici pubblici in smart working, i locali del centro, bar che preparavano anche i pasti a mezzogiorno, e i ristoranti, avevano subito un colpo non indifferente negli incassi. «Certo se ci tolgono anche il caffè alla sera, davvero non si può più fare niente»: Mariapaola è una signora sulla settantina, è a passeggio con il marito per saldi. «Nei giorni scorsi – dice – se capitava di essere in giro dopo le sei qualcosa di caldo ci piaceva prenderlo. Se proibiscono anche questo, dopo le sei vivremo ancora la città come a marzo: deserta». In serata le regole sono arrivate: stop all’asporto dopo le 18 per i bar.