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venerdì 22 Novembre 2024
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Alce Nero cerca partner per mercato Usa. «La Borsa? non è nei piani, ma …”

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MILANO – Nel business plan al 2021 stimiamo un fatturato intorno a 180 milioni di euro a fine periodo, con una quota destinata all’export di circa il 25-30% rispetto all’attuale 15-20%».

È questo l’obietivo a medio periodo di Alce Nero, come indicato a Radiocor da Massimo Monti, amministratore delegato della società che prende il nome da uno stregone e capo indiano della tribù Sioux Olgada, ma che ha sede a San Lazzaro di Savena (Bologna).

Nel 2011 Alce Nero aveva un fatturato di 21 milioni, l’anno scorso lo ha più che triplicato a 69,8 milioni (+14,8% annuo) a fronte di un risultato netto di 1,38 milioni (+38% sul 2015) e punta a 180 milioni di ricavi al 2021.

Il tutto passando per un «2017 che sarà un anno di consolidamento – sottolinea Monti – dopo la grande corsa degli ultimi anni.

Speriamo comunque in una crescita del fatturato del 10% circa, anche se nel primo semestre siamo un po’ sotto budget, intorno a un +6%».

Un rallentamento che riflette la frenata della crescita registrata a livello di mercato, nel comparto “biologico specializzato”. Iniziata nel IV trimestre 2016 e proseguita con l’inizio di quest’anno.

Alce Nero è il secondo principale azionista di se stesso con una quota del 18,97%. Preceduta dalla Cesenate Conserve Alimentari con il 35,68.

Tra i soci minori c’è Pompadour Tè

Il terzo azionista è Conapi con il 12%. Mentre tra i soci minori (“ma storici”) c’è Pompadour Tè con lo 0,56%. Un azionariato diffuso. Che potrebbe far pensare a una possibile apertura verso un capitale “flottante”. Attraverso una quotazione.

«La Borsa non è nei programmi – riflette Monti – ma, per un gruppo come Alce Nero, ci potrebbe stare».

Nel bilancio 2016 di Alce Nero spa si legge che la società «sta affrontando e attuando una importante evoluzione del proprio modello di business. Che caratterizzerà in modo rilevante la sua attività nei prossimi 6 anni. In particolare su quattro fronti».

Il primo fronte riguarda la partecipazione diretta, con quote di minoranza, in attività industriali e di sviluppo agricolo.

«Ed è questo il caso – spiega Monti – della nostra presenza al 49% nel capitale di una società con cui produciamo i nostri frollini. Alce Nero ha scelto un partner che sa fare i biscotti. Ed è entrato con una quota di minoranza».

Il secondo fronte «fa riferimento alla creazione di NewCo di scopo. In partnership con soci industriali di primaria importanza. Controllate dalla società e dedicate allo sviluppo e alla commercializzazione di nuove merceologie di prodotti (freschi e surgelati)».

«Qui stiamo parlando di newco come la joint venture Alce Nero Fresco annunciata tra noi, La Linea Verde-DimmidiSì e Brio spa». Dove Alce Nero ha il 60% e gli altri due partner, rispettivamente, il 35% e il 5%.

Il terzo fronte di sviluppo è l’estero

Il terzo fronte è quello dell’espansione del marchio Alce Nero all’estero. «Abbiamo un’importante visibilità del nostro marchio in Asia, in particolare sul Giappone – spiega Monti –. Grazie a una joint venture siglata anni fa per il Far East con un gruppo francese, storicamente presente nell’area. E guardiamo alla Cina».

Ma sono gli Usa il vero mercato dove Alce Nero vorrebbe espandersi. «Gli Stati Uniti da soli valgono la metà del mercato globale del bio. Noi puntiamo agli Usa – sottolinea l’ad – con grande attenzione.

Cerchiamo un partner commerciale in loco. Americano o no per noi è lo stesso. E ci sono già dei contatti in corso, ma è prematuro parlarne».

Infine, l’ultimo fronte, il quarto, riguarda lo sviluppo di canali innovativi di vendita diretta, con l’online sempre più importante.

Insomma Alce Nero si muove in varie direzioni. Tenendo comunque saldo il concetto che sta alla base della sua nascita e che campeggia sul suo sito. «Siamo il marchio di oltre mille agricoltori, apicoltori e trasformatori biologici. Tutti impegnati dagli anni ‘70, in Italia e nel Mondo, nel produrre cibi buoni e che nutrono bene. Frutto di un’agricoltura che rispetta la terra»

Monica Lodi

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