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venerdì 22 Novembre 2024
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Ima, il presidente Vacchi: «Le nostre attività proseguono nel rispetto delle norme»

Ima, gruppo della famiglia Vacchi, ha risposto al virus: l’orario di lavoro è stato diviso in due turni di sei ore per ridurre le presenze in azienda, con le due ore aggiuntive coperte da cassa integrazione o ferie più un bonus che consente ai lavoratori, sostanzialmente, di raggiungere lo stipendio pieno

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MILANO – Mentre la Fase 2 per la gran parte degli imprenditori italiani arriverà ufficialmente intorno al 4 maggio (qualcuno prima e altri dopo), ci sono dei gruppi che hanno potuto restare attivi anche durante la Fase 1, per via del tipo di produzione. Tra queste, Ima, di proprietà della famiglia Vacchi che non ha mai smesso di lavorare, sempre garantendo le misure di sicurezza ai propri dipendenti, così come bonus e retribuzioni garantite. Ora che la anche il resto dello Stivale tornerà ad aprire, leggiamo dall’articolo di Marco Bettazzi per repubblica.it.

Vacchi e Ima, mai del tutto fermi di fronte alla pandemia

E poi c’è chi la fase 2 se l’è già fatta in casa, ed è pronto a ripartire a pieno regime. Nel distretto del packaging emiliano, che produce quelle macchine automatiche veloci e complicatissime che servono a dosare o impacchettare tè, farmaci o sigarette, contendendosi il primato d’innovazione coi cugini tedeschi, aziende e sindacati hanno costruito protocolli che possono servire da modello per l’Italia che riparte: turni scaglionati, stipendi pieni anche per chi sta a casa; mascherine e guanti, percorsi differenziati, codici Qr e misurazione della temperatura, assistenza ai figli e, in qualche caso, anche test sierologici.

Si tratta di aziende come Gd, Ima o Marchesini

Inserite nei codici Ateco autorizzati a lavorare, anche perché molte riforniscono chi produce medicinali o vaccini, queste piccole grandi multinazionali dell’automazione non hanno mai spento del tutto i motori. Qui sta il cuore della produzione nazionale: secondo Ucima, l’associazione di settore, in Emilia-Romagna ci sono 230 aziende con 17.800 dipendenti, che generano un fatturato annuo superiore ai 5 miliardi (sugli 8 totali dell’Italia). L’export è all’80%.

Alla Gd, colosso delle macchine per il tabacco controllata dal gruppo Coesia, la proprietà ha preferito fermarsi all’inizio dell’emergenza. E poi ha riacceso al minimo i motori nelle ultime due settimane, con un accordo che ha soddisfatto Fim, Fiom e Uilm, ma anche il sindacato di base Usb. Sono rientrati prima 70 lavoratori su quasi 2mila, che da oggi diventeranno un centinaio.

Ma ai cancelli si misura la temperatura ancor prima di scendere dall’auto o dalla moto, ci sono percorsi differenziati di entrata e uscita come negli ospedali; ogni lavoratore riceve una busta con guanti e mascherine da cambiare ogni 4 ore. Mentre una quota fra il 50 e il 60% dei dipendenti lavora da remoto e la mensa è a ingresso contingentato. Nessuno fa cassa integrazione: l’azienda paga a pieno lo stipendio anche per chi sta a casa se non può lavorare da remoto.

E sconsigliando di usare i mezzi pubblici, sono previsti rimborsi per taxi o altri mezzi a chi non ha un’auto propria. “Dopo tre settimane di lockdown – scrive l’azienda ai dipendenti – la ripresa lavorativa richiede la collaborazione di tutti”.

Alla Ima della famiglia Vacchi, con un accordo che vale per 3.600 persone in tutta Italia, l’orario di lavoro è stato diviso in due turni di sei ore

Così da ridurre le presenze in azienda, con le due ore aggiuntive coperte da cassa integrazione o ferie più un bonus che consente ai lavoratori, sostanzialmente, di raggiungere lo stipendio pieno. Le presenze sono gradualmente aumentate dal 20-30% iniziale, più altrettanti in smart working, fino all’80%. E poi mascherine, pannelli separatori, pasti freddi in mensa e termo scanner.

In una delle società controllate, la Logimatic, a ogni lavoratore è associato un codice Qr che consente di misurare la temperatura a distanza sulla propria auto, altrimenti non si aprono i cancelli. “Le nostre attività in Italia proseguono nel pieno rispetto delle normative emanate per prevenire il contagio”, sottolinea il presidente e ad Alberto Vacchi. “Un avanzato sistema di relazioni sindacali si dimostra molto importante nei momenti di difficoltà”, sottolinea Michele Bulgarelli, segretario della Fiom Cgil.

Sempre nei dintorni di Bologna ha sede anche Marchesini Group

Che producendo per il settore farmaceutico non si è mai fermata. “Prendendo tutte le misure necessarie, credo che le aziende possano essere luoghi sicuri”, spiega Valentina Marchesini, responsabile risorse umane del gruppo di famiglia. L’azienda ha iniziato da un mese a fare i collaudi delle macchine in streaming e sta studiando un sistema per guidare in remoto i clienti nell’installazione delle macchine.

Mensa e museo aziendale sono stati convertiti in nuovi uffici per aumentare le distanze, sono state distribuite le immancabili mascherine, firmata un’assicurazione sanitaria anti Covid 19; avviato la consumazione del pasto in ufficio e installato paratie tra le scrivanie e in officina, oltre ad aver avviato un servizio di educazione a domicilio per chi ha i figli a casa. Alla Mg2, poco distante, la proprietà ha aggiunto alle misure di sicurezza in fabbrica anche 150 test sierologici, trovando solo cinque positivi, fra cui due asintomatici. “Abbiamo voluto dare ai nostri dipendenti maggiore sicurezza – spiega il direttore generale, Saverio Gamberini – e, di conseguenza, aiutare la comunità intera”.

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