MILANO – Non si è ancora esaurito il dibattito aperto dall’intervista del torrefattore pugliese Antonio Quarta, titolare di Quarta Caffè, che ha posto l’attenzione sulla questione del rincaro della tazzina al bar e delle sue possibili conseguenze sulle abitudini di consumo. Ad unirsi al coro di reazioni, il coordinatore nazionale Sca Italy e titolare di imperator srl, Alberto Polojac.
“Prima ancora di parlare di prezzi, vorrei trattare il tema dal punto di vista del racconto del caffè”
“Sul quale bisognerebbe puntare, dato che ancora non ne esiste uno vero e proprio e solo in questo modo si forniscono gli strumenti al consumatore che potrà poi selezionare e attribuire un valore diverso a prodotti di differenti fasce di qualità, estratti con altri metodi oltre l’espresso, abbinati in maniera insolita. Sarà libero di scegliere dove andare a bersi il caffè, quanto pagarlo, se di più o di meno, esattamente come fa quando va a fare la spesa e decide cosa mettere nel suo carrello.
Perché per il caffè dovrebbe essere diversamente?
Perché c’è ancora questa resistenza a legarlo ad un racconto, anche solo segnando delle informazioni in più nelle etichette dei pacchetti? Facendo così, entrando in un bar, il cliente potrà essere consapevole di cosa acquistare.
Non c’è un solo caffè, non c’è solo una miscela. Ci sono tanti tipi di tostatura, di estrazioni: la bevanda è insomma, complessa, sia per la filiera alle sue spalle sia per le sue caratteristiche organolettiche.
Il consumatore non è colui che impone direttamente il prezzo, al massimo lo influenza, ma in realtà sono i trasformatori del prodotto (dal torrefattore al barista) che attribuiscono un valore e poi un prezzo alla tazzina. In una caffetteria la professionalità dell’operatore, la location stessa, l’offerta, impostano il costo finale. Ed è un meccanismo valido per qualsiasi prodotto.
Non esiste un prezzo unico del caffè, che è composto da tante voci: il consumatore non se lo può permettere? Dipende: se desidera gustare un caffè di qualità più elevata, con dei macchinari innovativi, un barista formato, estrazioni alternative, sarà disposto a pagare di più.
Oggi è vero che il costo della vita è più alto, c’è l’inflazione e colpisce ogni settore e prodotto, al di là del caffè che è un piacere al pari di un calice di vino: ma sarà il consumatore a decidere a cosa rinunciare eventualmente. Legare il discorso al prezzo, che deve restare basso per essere consumato, è un po’ limitante: non è scritto nella pietra che la tazzina debba essere accessibile. Magari se ne berrà di meno, ma bene.
Poi bisognerebbe parlare anche del caffè verde, il cui prezzo varia a seconda delle quotazioni di mercato e deve adeguarsi all’andamento della Borsa. Non ho visto però tante levate di scudi per l’aumento della benzina e gasolio che è raddoppiato quasi in poco tempo. Perché per il caffè si deve così tanto protestare?
Dipende tutto da come lavora il barista, da quanto spende e investe nella sua formazione e aggiornamento: anche la ricerca attorno alla materia prima, va messa nel conto. Le variabili per stabilire un prezzo finale sono tante e non si può entrare troppo nel merito del valore dato a quel prodotto. Al limite sarà lo stesso mercato a imporre una caffetteria a fare nuove considerazioni e a ritoccare quella cifra.
Il messaggio che vorrei restasse: sarebbe ora di legare il caffè al suo valore effettivo e ad un racconto che per ora manca. Ci sono delle marche, dei nomi di fantasia, ma i pacchetti sono anonimi e freddi. Alcune grandi torrefazioni lo stanno facendo e tutti gli altri dovrebbero agganciarsi a questo treno.”