RIMINI – Torna con la sua esperienza e il suo punto di vista di esperto, Alberto Polojac, seguito dalla passione di Francesco Sanapo. Sul palco del Vision plaza per affrontare di fronte a un pubblico di professionisti e addetti ai lavori, la spinosa questione della qualità legata al prezzo irremovibile dell’espresso in Italia. Sul palco, il microfono è passato da Alberto Polojac a Francesco Sanapo, con la mediazione di Nadia Rossi.
Alberto Polojac, coordinatore nazionale di Sca Italy
E non solo: titolare di Imperator. Chi meglio di lui può spiegare cosa sia esattamente lo specialty coffee.
“Il concetto di specialty coffee è legato a tutto ciò che abbiamo già detto prima. Un caffè speciale è fatto con cura e allo stesso tempo, è fatto pensando a tutta la filiera. Quindi soprattutto guardando a quella che è la parte debole della filiera. E che è quella che più si merita dignità. Per divulgare questa cultura, ci si impegna da diversi punti di vista. Lo vediamo qui a Sigep con le finali dei campionati nazionali: questo è solo uno degli strumenti per la divulgazione del caffè di qualità. Procede attraverso i corsi di formazione che abbraccia tutti i moduli.
Quindi è un caso abbastanza unico nella filiera, in quanto comprende l’analisi del caffè verde, quella sensoriale. Sino ad arrivare alla tostatura e ai diversi metodi di preparazione sotto un unico cappello. Proprio perché il caffè specialty dev’essere vissuto in maniera unica e speciale da diversi punti di vista.
Alberto Polojac: Sca Italy sta ora lanciando nuovi moduli che riguardano la sostenibilità
Divisi come per gli altri moduli in livelli base, intermedio e professionale. Il 2020 è l’anno in cui verranno lanciati i moduli ancora in fase conclusiva, della parte tecnica. Quindi che riguarda le macchine. Questo è un caso unico per quanto riguarda la formazione, nel comprendere tutti i componenti senza lasciarsi sfuggire nessun componente. Perché lo specialty non è qualcosa di snob come spesso viene vissuto. E’ un modo di interpretare parzialmente questo mondo. Non si beve solo caffè di lusso in questo mondo, tralasciando tutto il resto. L’associazione si occupa di portare nuove idee e nuovi elementi, e far parlare il mondo del caffè attraverso le sue varie figure. Cercando di innalzare l’asticella qualitativa, contribuendo in maniera sostenibile chi sostiene questa filiera nella fase produttiva.”
Nadia rossi interpella Alberto Polojac: che differenza c’è tra monorigini e specialty?
Perché un caffè si chiama specialty?
Risponde ancora Alberto Polojac: “E’ la stessa differenza che c’è tra un vino italiano e uno Chardonnais di una particolare cantina dotato di determinati sentori, venduti a un euro alla bottiglia. Per cui, una monorigine indica solo una provenienza, una nazionalità, non necessariamente legata alla qualità. Mentre uno specialty è un caffè che racconta qualcosa di un produttore proveniente da una deterinata zona che ha lavorato il prodotto in una maniera particolare. Va molto più nel dettaglio, dà una carta d’identità piuttosto completa.
La parola poi passa a Francesco Sanapo
Che si definisce innanzitutto coffeelover, campione italiano barista e assaggiatori. Nel 2016 ha aperto Ditta Artigianale come locale e torrefazione. Il primo italiano ad aver superato e non di poco, nel 2013, l’euro della tazzina, facendola pagare a un euro e 50. Cosa significa?
“Una vita più difficile. Perché noi abbiamo iniziato 5 anni fa a mettere l’espresso in tazza a un euro e 50 a Firenze. Conoscete i fiorentini? Mi sono trovato di fronte a situazioni difficili, in cui ho messo la faccia per spiegare il perché del valore più che del prezzo in sè e per sè.
Il nucleo di Ditta Artigianale è formato da diversi baristi e torrefattori competenti. Abbiamo diverse competenze prese da tutte le filiere. E per rispondere a queste, dovevamo aumentare il prezzo. Ma anche essendo io coffeelover, volevo davvero cambiare il mondo del caffè. Perché è scandaloso pensare di pagare un euro la tazzina del caffè. Persino a prescindere dalla qualità è impossibile per un gestore pensare di continuare con l’euro. Non è sostenibile per il produttore, ma neppure per il proprietario di una caffetteria. Nè per la sua operatività: pagare un barista che ha seguito tutto un percorso formativo, con gli standard previsti dalla legge italiana, non è possibile.
Il mio era un po’ un sogno, quello di portare il caffè a un euro e cinquanta per poi esser seguito dagli altri. Ancora non ho tanti seguaci. Forse dovrò andare in televisione a dire che si fa così, sennò buco le ruote delle gomme.”
Qualcuno che osa c’è. Però il dato di fatto resta: entriamo nelle caffetterie specializzate e l’espresso è fisso a un euro. Cosa blocca questo fattore?
“Sicuramente differenziarsi può esser una mossa vincente. Ma per farlo bisogna lavorare di più e magari non tutti ne hanno voglia.”
Nel servizio che tra poco uscirà hai usato una parola “entusiasmo”: è ciò che bisogna avere per coinvolgere il cliente
“Dico sempre che il caffè di per sè non lo fa solo il caffè. L’esperienza vissuta nella tazzina è un insieme di più variabili. Perché l’accoglienza ne fa parte, così come la poltrona su cui si siede e la musica, le luci. Oggi stiamo vivendo il declino della caffetteria italiana. Uso questa espressione forte perché è la realtà dei fatti. Dobbiamo cambiare tutto l’ambiente oltre che la qualità del caffè che serviamo. Se modifichiamo tutto questo e lo racchiudiamo dentro i concetti di entusiasmo e esperienza, riusciremo a vincere. Oggi io entro nei caffè che sono brutti: c’è il multi brand, senza identità di un locale che possa raccontare la differenza. Se modifichiamo tutto questo, possiam aumentare a un euro e cinquanta l’espresso.”