MILANO – Quando un ristoratore ha successo, sono molti i fattori analizzabili che hanno contribuito alla grandezza del suo o dei suoi locali: spesso si tratta di dettagli che fanno la differenza tra un luogo di servizio e uno spazio esperenziale. Alain Ducasse è un imprenditore che certo ha compreso l’importanza della cura di ogni aspetto delle sue attività, caffè compreso: La Marzocco lo ha accompagnato nelle sue avventure che ancora non accennano a interrompersi. Leggiamo l’articolo di Alessandra Medolesi su reoprtergourmet.com.
Alain Ducasse: una storia che sa di successo
Ma quale pensione. Alain Ducasse, recordman di stelle Michelin, non ha nessuna intenzione di appendere la toque al chiodo per accompagnare i nipotini al parco (ammesso che ne abbia). Certo la chiusura della partnership con il gruppo Dorchester, che per il momento si è abbattuta sul solo Plaza Athénée, in futuro chissà, è esplosa sulle crepe del settore come una bomba H.
Parliamo di uno dei templi della gastronomia mondiale, qualcosa che meriterebbe il patrocinio Unesco della gola per tasso di lusso e di eccellenza. Ma a dire il vero da molto tempo il grande chef manifestava le sue inquietudini di fronte alle ingessature classiciste, vedi la svolta green, ed è probabile che la pandemia abbia semplicemente accelerato un’evoluzione scritta, portando il futuro più vicino.
Le ipotesi si affastellano sul tavolo sparecchiato: minori margini di profitto per la crisi del turismo internazionale e dell’hôtellerie di lusso, cui Ducasse ha legato da sempre le sue sorti; ma anche minori stimoli per uno chef che ha già vinto tutto e a 64 anni vuole forse confrontarsi con altre sfide; soprattutto una nuova e prepotente assiologia incardinata sulla sostenibilità, valore proiettato in cima a qualsiasi lista di priorità, considerato che da tempo la cucina aveva iniziato a rivendicare una funzione sociale. Il servizio alla comunità, anche in termini educativi, è il futuro. La gloria, per uno chef, non fuma più sotto una cloche d’argento.
Alain Ducasse non è solo un grandissimo cuoco, imprenditore e talent scout, ma anche un uomo di straordinaria intelligenza capace di fiutare il futuro, anticiparlo come un segugio, trovarsi sempre altrove rispetto alle aspettative stanche di chi non condivide le sue doti.
Non era tutto già scritto nel dossier “naturalité”, con i suoi accenti sulla filiera, la prossimità, il vegetale e la pesca sostenibile, lanciato al Plaza con Romain Meder e Jessica Préalpato nel 2014, quando il virus ancora albergava in qualche pangolino? Di fatto oggi il cassetto trabocca di progetti, pronti a prendere vita nel mondo là fuori. Pre-covid, il giro d’affari del gruppo era stimato sui 100 milioni l’anno; la chiusura del Plaza Athénée, che segue il ritiro della Concessione per il Jules Verne presso la Tour Eiffel nel 2018, potrebbe pesare per oltre un milione di profitti.
Ma Ducasse è carico come un ragazzino per la ripartenza. “I nostri progetti sono numerosi e promettenti. La ristorazione resta evidentemente il nostro zoccolo storico: di ristoranti e di stelle Michelin, ne abbiamo e ne avremo. Ma oggi le poste in gioco sono altre. Nutrire i nostri contemporanei, missione della nostra casa, esige che si inventino offerte diverse e adatte all’epoca. Una pagina nuova della nostra storia sta per essere scritta”.