MILANO – Riportiamo ciò che è emerso dal rapporto Making the most of Africa’s Commodities: Industrialization for Growth, Jobs and Economic Transformation; redatto poi dall’Economic commission for africa (Eca) dell’Onu e dall’Unione Africana (Ua).
«L’industrializzazione massiccia sulla base delle materie prime in Africa è indispensabile, possibile, e utile. Il continente africano ha la possibilità infatti, di diventare una potenza economica mondiale.
Attraverso una strategia di industrializzazione basata sulle materie prime. Mettendo a profitto le risorse delle quali il continente è riccamente dotato e la quotazione elevata di queste risorse. Così come la riorganizzazione del processo di produzione mondiale.
Una tale politica deve essere condotta. Almeno se il continente vuole diventare una potenza economica mondiale in grado di affrontare le sfide della disoccupazione giovanile. Della povertà e dell’ineguaglianza dei sessi».
Africa futura potenza: cosa dicono i numeri
I dati sono stati raccolti in casi di studio nazionali preparati per 9 Paesi africani di 5 sub-regioni. Quindi Algeria, Camerun, Egitto, Etiopia, Ghana, Kenya; Nigeria, Sud Africa e Zambia.
Singolarmente e collettivamente, i paesi africani devono «Impegnarsi in una “trasformazione audace“. Verso una strategia di industrializzazione commodity-based. Questa infatti, consentirebbe al continente di farsi carico del proprio sviluppo».
Il rapporto sottolinea
«Ottimizzare l’utilizzo dei prodotti di base dell’Africa in vista di industrializzare il continente necessita di una valorizzazione delle materie prime, tanto agricole che industriali; di stabilire dei legami a monte ed a valle del settore dei prodotti di base».
Eca ed Ua sono convinte. «L’industrializzazione creerà dei posti di lavoro. Così come delle entrate e dei benefici pecuniari e non pecuniari.
Inoltre, valorizzando localmente le loro materie prime, I Paesi africani assicureranno simultaneamente la diversificazione delle loro capacità tecnologiche; l’ampliamento delle competenze disponibili e l’approfondimento delle strutture industriali di ogni Paese».
Il problema sarà farlo capire al vecchio e nuovo colonialismo
Un sistema che rapina le risorse africane ed alla classe dirigente del continente troppo spesso complice di questo saccheggio. Infatti, come ricorda lo stesso rapporto.
Anche se l’Africa ha il 12% delle riserve di petrolio, il 40% delle riserve d’oro e tra l’80 e il 90% delle riserve di cromo e platino del mondo;
il 60% delle terre arabili e vaste risorse in legname e in metalli rari di cui si nutre l’industria dell’elettronica da consumo. «La valorizzazione di queste risorse è debole. Si limita infatti alla entrate irrisorie della loro esportazione».
Il rapporto fa l’esempio dell’industria del caffè
«Fino al 90 % dei guadagni totali tratti dal caffè africano, va ai Paesi consumatori dell’Europa, dell’America del nord e dell’Asia. I Paesi produttori africani, come l’Etiopia, potrebbero trarne maggiori benefici».
Mentre alcuni Paesi africani hanno realizzato dei progressi nella gestione della filiera delle materie prime; altri hanno ancora molto cammino da fare prima di liberarsi del neocolonialismo e del sottosviluppo. Fenomeni che mantengono in povertà Paesi teoricamente ricchi.
Qui il rapporto esce dai binari neo-liberisti. Gli stessi che sembravano non abbandonabili fino a pochi mesi fa. Dice che «Delle politiche interventiste dello Stato e delle iniziative prese a livello del continente potrebbero migliorare la situazione».
Inoltre aggiunge che «Lavorare la maggior parte della commodities in Africa, richiede adeguati quadri pianificatori dello sviluppo.
Per politiche industriali efficaci basate sull’evidenza e che tengano conto di quel che influenza l’ampiezza e la profondità dei collegamenti; così come dei driver dei collegamenti infrastrutturali e specifici per ogni Paese».
La pianificazione continentale
Per stimolare questi collegamenti panafricani il rapporto chiede inoltre di eliminare «I vincoli e le strozzature nelle infrastrutture del continente».
Inoltre, raccomanda anche di «Migliorare la messa in opera delle politiche. Stabilendo così un coordinamento tra i ministeri interessati. Al fine di ridurre gli incidenti in questo campo che devastano il continente da molto tempo».
Fonte: greenreport