domenica 22 Dicembre 2024
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Addio a Delia Buonuomo, titolare del Bar Hobbit di Ventimiglia, che ristorava i migranti

Il bar Hobbit era ormai noto negli ambienti della solidarietà e delle lotte con i migranti: per questo molti si sono attivati per sostenere Delia e il suo bar e per un po’ ci si è riusciti. Sono state avviate iniziative, mostre, incontri nel bar Hobbit sempre con l’intenzione di parlare e affrontare il fenomeno migratorio dal punto di vista di chi è costretto a partire, a lasciare tutto. Persino alcuni canali televisivi si sono interessati alla storia di accoglienza di quel luogo

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Delia Buonuomo, anima del Bar Hobbit presso la stazione di Ventimiglia (imperia), è mancata. Il suo bar Hobbit ha visto arrivare persone sfiancate da viaggi interminabili, senza soldi, senza pace e ha offerto ospitalità come poteva: una tazza di caffè calda, l’uso del bagno, un posto asciutto dove asciugarsi e riposarsi un po’, un panino, una sedia per allattare alle mamme con i loro neonati al seguito, una spina per ricaricare il cellulare, una conversazione. Leggiamo di seguito l’articolo pubblicato sul portale Volere la Luna.

L’addio a Delia Buonuomo

VENTIMIGLIA (Imperia) – Delia Bonuomo ci ha lasciato, in silenzio, senza clamore eppure la notizia è circolata subito nei social, tra i contatti e gli amici che negli anni hanno seguito le attività del bar Hobbit, presso la stazione di Ventimiglia. Un luogo come tanti, anonimo, un bar di transito come se ne trovano nei pressi di tutte le stazioni d’Italia ma Ventimiglia non è un luogo qualunque, è l’ultima stazione prima del confine con la Francia e da qui negli anni sono transitati e transitano i migranti che vogliono uscire dall’Italia.

Il bar Hobbit ha visto arrivare persone sfiancate da viaggi interminabili, senza soldi, senza pace e ha offerto ospitalità come poteva: una tazza di caffè calda, l’uso del bagno, un posto asciutto dove asciugarsi e riposarsi un po’, un panino, una sedia per allattare alle mamme con i loro neonati al seguito, una spina per ricaricare il cellulare, una conversazione.

Il bar ha raccolto testimonianze, elargito sorrisi, ha aperto le braccia a chi era senza forze. Ha avviato raccolte di abiti e coperte, cibo, ha creato insomma una rete di solidarietà.

Quando ci abbiamo parlato per la prima volta era il 2018, un anno terribile per la storia dell’accoglienza in Italia con l’introduzione dei decreti sicurezza, e Delia non si capacitava. Sentiva intorno a sé la disapprovazione sociale dei concittadini che avevano smesso di frequentare il bar e da lì a breve iniziarono i problemi economici ma lei non demordeva. Mai avrebbe rinunciato di dare aiuto a chi lo chiedeva.

Il bar Hobbit era ormai noto negli ambienti della solidarietà e delle lotte con i migranti: per questo molti si sono attivati per sostenere Delia e il suo bar e per un po’ ci si è riusciti. Sono state avviate iniziative, mostre, incontri nel bar Hobbit sempre con l’intenzione di parlare e affrontare il fenomeno migratorio dal punto di vista di chi è costretto a partire, a lasciare tutto. Persino alcuni canali televisivi si sono interessati alla “storia di accoglienza” di quel luogo.

L’ottimismo sembrava essere tornato in Delia ma purtroppo il clima di disapprovazione sociale ha minato fortemente la sua tenacia che ha provato a resistere fino allo stremo tra mille difficoltà economiche, solitudine, disagio. Nonostante l’impegno di amici e associazioni da tutta Italia e non solo, il bar Hobbit è stato chiuso un paio di anni fa.

Quando ci abbiamo parlato l’ultima volta era sembrata molto stanca ma il suo più grande dolore era il pensiero che ora alla stazione di Ventimiglia non c’era più niente e nessuno che potesse dare un po’ di sollievo alle persone in transito verso la Francia, alle mamme con i piccoli, ai ragazzi.

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