di Nadia Galliano*
MILANO – Espresso, macchiato, corretto. Di declinazioni il caffè ne ha milioni, più dei gusti. Al Bar Blu, in via Carmagnola, ne ha una in più: il caffè è «sospeso». Non si tratta di uno sciopero, però. Piuttosto, di una magia che appartiene alla solidarietà, capace di ampliare il ventaglio di sfumature di una parola facendola diventare un invito. Prendi un caffè e ne lasci un altro pagato a chi è meno fortunato: si chiama «caffè sospeso», l’usanza partenopea nata nel secondo Dopoguerra.
Iniziativa
«Abbiamo fatto un po’ di fatica a far prendere piede all’iniziativa, però ora vediamo la gioia in chi lascia un caffè per uno sconosciuto – racconta il titolare del Bar Blu, Matteo Stefani- Abbiamo raggiunto i 34 sospesi». Un passaparola diesel, confermano Carla e Monica, titolari del Caffè Moca in via Cesariano: «Bisogna spiegarlo, la partenza è faticosa. Perseverando, la nostra tazza gigante con su scritto “il primo caffè è offerto dalle ragazze Moca, il prossimo da…” è arrivata a 21 nomi». Giampiero, Jessica, qualcuno rimane anonimo. L’identikit della solidarietà in pausa caffè qui parla al maschile, over 30, single, solitamente cliente abituale. Trend che si conferma alla Torrefazione Vercelli: il titolare Stefano Maga è qui dal 1996 e da anni serve «sospesi».
Solo cinque, attualmente: «Ma alcuni comprano cibo per chi chiede l’elemosina fuori dal locale. Latte caldo, brioches. C’è ancora solidarietà, io la vedo». Molti clienti però faticano a entrare nello spirito dell’usanza, il problema maggiore è la diffidenza: «Durante il Fuorisalone abbiamo cercato di portarla nei bar in Brera e Tortona – racconta Massimiliano Leiter, fondatore della startup ViciniDiCasa che promuove una collaborazione di prossimità -. Alcuni bar e negozi del quartiere hanno contribuito offrendone di tasca propria, per creare un effetto domino. Molti clienti però non la conoscono».
Diffidenza
Chiuso il sipario del Salone del Mobile, infatti, i bar interessati hanno deciso di non continuare l’iniziativa a causa dello scarso riscontro. Eppure c’è chi non molla e rilancia: dal caffè alla «spesa sospesa».
È il caso di Giuseppe Licata, titolare della Bottega Agricola di corso San Gottardo: «A dicembre 2013 abbiamo avviato un’iniziativa sperimentale con Coldiretti Lombardia e Banco Alimentare. Aggiungi 3 euro alla tua spesa e doni una mini borsa con pasta, uova e salsa di pomodoro, poi il Banco Alimentare la destinerà a persone in situazioni di bisogno. Eravamo entusiasti, sia noi che i clienti».
Eravamo, dice, tanto da aver contribuito con un budget iniziale di 90 «spese sospese» a suo carico. Passato il boom iniziale, la media ora si aggira sulle due a settimana. «Purtroppo alcuni credono che ci intaschiamo i soldi – spiega Giuseppe -. Sarebbe bello se il Banco Alimentare venisse personalmente il sabato, ad esempio, così da avere una sorta di marchio di garanzia per la solidarietà».
In effetti dove non c’è diffidenza aumenta la solidarietà. L’esempio virtuoso arriva da Busto Arsizio dove un gruppo di cittadini, fondatori dell’associazione «Busto nel Cuore», ha pensato a una «spesa sospesa» con donazioni libere. Lanciata l’8 aprile con nove negozi, ora gli aderenti sono oltre 50: alimentari, panifici, pizzerie, gelaterie, bar che propongono «panini e toast sospesi». Come funziona? Si lascia una mancia in un barattolo vicino alla cassa: lo stesso negoziante la utilizzerà per acquistare prodotti da consegnare a una famiglia in difficoltà. «Qualcuno lascia 10 euro, alcuni anche 100. Un successo sorprendente, tanto da avere quasi più offerte che richieste».
*Fonte: http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_luglio_05/acquisti-solidarieta-tito-caffe-sospeso-89e8b4e4-041e-11e4-80b4-bb0447b18f3b.shtml