TORINO — Se per «bere una tazza di tè», a Torino, intendiamo che ci venga servita una bevanda calda in cui immergiamo una bustina di polveri o briciole di tè, allora in città siamo bravissimi.
Gusti simili, spesso aromatizzati, servizio scadente, nessuna attenzione per qualità e temperatura dell’acqua o tempi di infusione. Questo purtroppo lo spaccato a cui ci si trova di fronte quando nel novanta per cento dei casi si ordina un tè in un qualsiasi bar sotto casa.
La situazione migliora, per fortuna, scegliendo locali mirati in cui di norma la qualità dell’offerta è buona, anche se non mancano le brutte sorprese.
La delusione
Sedetevi e provate a ordinare, come ho fatto io, un tè al Caffè San Carlo. Chiedete la carta. E meravigliatevi, come me, quando in questo locale storico d’Italia con sale dell’Ottocento, pavimenti in marmo e poltrone in velluto vi porteranno due piccoli cestini metallici con all’interno un assortimento inesistente di bustine di pessima qualità.
Da bere in tazze da cappuccino posate su piattini spaiati.
Bene, non è esattamente quello che vi aspettavate, vero? Nemmeno io. Seppur il rito del tè nel nostro Paese non abbia l’importanza che riveste in luoghi come la Cina, il Giappone o l’Inghilterra, servizio e qualità come quelli descritti ammazzano la tradizione, l’eleganza e la buona accoglienza di una città come Torino vocata da sempre all’arte del bello. Anche grazie ai suoi innumerevoli Caffè storici.
La cultura del tè
Non resta che scegliere, dunque, quei luoghi del gusto in cui si sa che in città la cultura del tè è un po’ più radicata. E così, mentre a Torino impazza da qualche tempo il Bubble tea, ossia la bevanda a base di tè a cui si aggiungono latte, perle di tapioca gommose e gelatina di frutta, qualcuno lavora alacremente affinché il tè non sia solo una bevanda calda da consumare nei mesi più freddi.
Si contano sulle dita di una mano, o poco più, i locali che servono tè in foglia presentando una distinzione tra le tipologie più comuni (tè verde, nero, oolong, tè bianchi, tè aromatizzati). Va detto che pochi di questi si soffermano a fornire indicazioni sui diversi tempi di infusione. E ancora: conservano il tè in modo corretto, al buio, o prestano attenzione al calore e alla tipologia di acqua utilizzata.
«Anche il peggiore tè, con una buona acqua, migliora tantissimo» spiega Elena Giovanelli, referente torinese dell’Associazione Italiana Cultura del tè con cui abbiamo assaggiato il tè in città.
L’acqua giusta
L’acqua è infatti un elemento fondamentale di ogni tazza. Per il tè deve avere un residuo fisso basso (22 – 23 milligrammi per litro). Mentre la sua temperatura e i tempi di infusione devono essere adeguati alle diverse tipologie di raccolto e lavorazione (da meno di un minuto per un tè verde giapponese fino a 7 minuti per un pregiato tè bianco). Solo così si ritroveranno nella tazza tutti i sentori e i sapori delle foglie. Bisogna aggiungere poi che non sempre il tè in foglia è migliore del tè in bustina. Tutto dipende dalla sua qualità e da come viene conservato.
I luoghi giusti
La bevanda più diffusa al mondo dopo l’acqua, ottenuta dalle foglie della pianta di Camellia sinensis coltivata prevalentemente nella fascia subtropicale a clima caldo umido ha ancora da svelare molti segreti. Almeno in città. Se è pur vero che al rito del tè si avvicinano giovani realtà come Sweet Lab di via Principe Amedeo capace di proporre una gradevole versione dell’Afternoon Tea inglese con i classici scones, dolci, finger sandwiches e tartellette, credo che oggi il consumatore stesso dovrebbe iniziare a prestare maggiore attenzione a cosa sta bevendo.
Basta iniziare dai luoghi giusti. Esistono due posti dove la cultura del tè a Torino la fa da padrone: «The Tea» di via Corte d’Appello è uno di questi. Nonostante il locale davvero piccolo, la scelta è tra 230 tipologie di tè che si possono degustare in loco o acquistare. L’altro indirizzo sicuro è quel «Camellia – il tempo del tè» che da via Catania fa sognare l’intera città.
Le geografia
Qui il tè ha una geografia, una tradizione, il valore aggiunto di un rito considerato tale da popoli di tutto il mondo. Qui si viene per vivere la degustazione di una bevanda che spazia tra Cina, Giappone, India, Nepal, Sri Lanka. Regalando parti di quella cultura a ogni assaggio. I tè infatti sono suddivisi in base al Paese di provenienza e sono serviti con il rispetto dovuto a chi li ha prodotti. Non scegliete Camellia, però, se avete fretta: bere il tè significa anche prende il tempo per un assaggio che rispetta prima di tutto una cultura e aiuta a svelarne le peculiarità. «Con il tè non si finisce mai di viaggiare e di scoprire – prosegue Giovanelli.
Le novità
Con il tè non si finisce mai di viaggiare e di scoprire – prosegue Giovanelli – Ogni anno piccoli produttori e grandi aziende propongono prodotti inediti e, come per il vino, ogni nuova stagione è un’avventura. Siamo a febbraio e gli appassionati di tè aspettano i raccolti primaverili e le loro meraviglie». Se oltre al tè, però, amate anche il buon cibo, fermatevi per un pranzo speciale da Magorabin dove la carta dello chef stellato propone, forse unico in città, abbinamenti con tè in purezza o profumati selezionati da Simona Beltrami.
Sarah Scaparone