RIMINI – Il bresciano Davide Cavaglieri è il campione italiano baristi caffetterie 2018. Si è presentato a Rimini ed ha vinto all’ottavo assalto. Una bella costanza che gli è valso il biglietto per la finale di Amsterdam dal 19 al 21 giugno.
Davide Cavaglieri racconta che cosa è successo quest’anno
«Ho iniziato a 18 anni. Quando ho partecipato per la prima volta la finale si disputò alla Fiera di Massa Carrara. Là mi piazzai al quarto posto.
Ma da lì, è cominciata davvero la passione per questo mondo della caffetteria. Quella gara l’ho presa un po’ per gioco. Ero ancora uno studente. Poi ho capito che mi dava soddisfazione.
Allora eravamo 24 baristi in finale. Passare quella semifinale ed arrivare quarto, mi ha dato la spinta. L’anno dopo è stato invece il mio peggior piazzamento, tredicesimo.
Ma dall’anno seguente ancora, sono sempre arrivato in finale. Ho fatto due anni di fila terzo. Poi l’anno scorso sono arrivato secondo. E finalmente quest’anno, sono giunto in vetta.»
Anche i mondiali pensa di rifarli 8 volte?
«No di sicuro. Punto a dare il meglio subito. E il mio obiettivo sul mondiale non è uno soltanto. Naturalmente, il primo sarebbe arrivare sul gradino più alto.
Ma, per essere più concreti rispetto alla mia esperienza e a ciò che concretamente potrei raggiungere, sarebbe ottimo posizionarsi in semifinale tra i primi dieci. Sarebbe bello tornare a casa con un numero sopra il decimo.»
L’Italia ha avuto due campioni del mondo
Uno di Ibrik, Davide Berti, e uno di Roasting, Rubens Gardelli. Nonostante ciò, nel Campionato maggiore non abbiamo mai brillato. Perché?
«Perché questa è la gara madre. Essendo la sfida più importante, è anche quella più difficile. Ciò comporta innanzitutto degli investimenti molto alti.
Vincere un Campionato del mondo significa anche essere i migliori a livelli di qualità di team, prodotto e possibilità di allenamento. Questo presuppone che il Campione del mondo abbia un caffè eccezionale.
Che, come tutto ciò fuori dalla norma, ha un costo. Ma, in termini di investimenti, la cosa più importante è la sperimentazione.»
Lei nella prova di campionato ha usato un Geisha come 5 dei 6 finalisti all’ultimo mondiale
Però il titolo iridato è stato vinto con un altro caffè…
«Vero. Quest’anno è stata la prima volta che l’ho adoperato in gara. Ma non è detto che continui ad usarlo. Sicuramente valuterò il nuovo caffè raccolto di questa farm che me lo ha fornito, la Carmen Estate a Panama.
Ma non voglio assolutamente focalizzarmi su una singola varietà. Anche perché la scelta del Geisha è stata effettuata per le sue caratteristiche inusuali. Proprio in quanto Geisha. Ma soprattutto, si sposava con ciò che io ho fatto in gara.»
Il team è importante quindi
Chi l’ha preceduta, Francesco Masciullo, ha detto che tutto si gioca sul team e l’inventività del team. Lei chi è ha alle spalle?
«Quest’anno ho avuto un trainer personale che è Chris Loukakis, volto noto nelle competizioni (è arrivato terzo al mondiale baristi del 2014, è stato campione mondiale Latte art nel 2011 e terzo nella Brewers cup del 2012; n.d.r). Ma il mio vero team sono stati altri due pilastri.
Prima di tutto la mia famiglia. Poi la Diemme Industria caffè torrefatti di Padova. Mi hanno aiutato nella partecipazione della gara. Sono sicuro che continueremo con questo gruppo sino al mondiale.
Il trainer, in base agli impegni, sarà valutato. Ma io ho tanta voglia di fare bene. E ho già in testa la gara. Che poi è la stessa che avrei voluto fare qua a Sigep. Ma non ho ancora avuto il tempo di preparare, di svolgere. »