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venerdì 22 Novembre 2024
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Come evolve il mercato. L’intervento di Maurizio Giuli al convegno Gran caffè Italia

Il settore del caffè italiano è sano. Un'analisi approfondita sull'andamento del mercato italiano e globale, basato su tre concetti: consolidamento, giovani, valore

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MILANO – Riportiamo l’intervento di Maurizio Giuli al convegno Gran caffè Italia di Napoli dal titolo “Evoluzione del mercato del caffè italiano”. Giuli è il presidente dell’Ucimac, l’Associazione delle industrie costruttrici di macchine per caffè professionali, nonché Direttore marketing Simonelli group, professore aggregato all’Università Politecnica delle Marche di Ancona e docente di Economia aziendale all’Università di Camerino.

Nel capoluogo partenopeo Giuli ha esposto un interessante e apprezzato report sulla situazione attuale del settore caffè in Italia e nel mondo.

presentazione Giuli Maurizio Giuli guida nella realtà complessa del mercato

Maurizio Giuli esordisce in maniera ironica e scherzosa sul grande lavoro che c’è stato dietro l’organizzazione dell’evento partenopeo. «Mi piacerebbe pensare che io sia qua per una nota di merito. Per le ricerche che ho fatto in passato e per la mia esperienza. Invece temo, che non sia qui proprio per questo, ma piuttosto per una nota di demerito.»

presentazione giuli 2«Ho fatto parte del Gruppo di lavoro Country Coffee Profile per l’Ico, l’International coffee organization, dove il mio contributo è stato un po’ latente rispetto a quello dato dagli altri membri. Quindi, probabilmente, sono qua per rimediare. Un po’ come chi a scuola va male tutto l’anno e viene rimandato a settembre. A parte tutto vorrei approfittare per ringraziare i componenti del gruppo di lavoro. Ed in particolare Cecilia Casalegno e Valentina Chiaudano dell’Università di Torino, Gianni Forni del Comitato italiano del caffè, Marinella Cerutti, Federica Scaravaglio e Laura Tondi di Lavazza.»

Il tema qui è l’evoluzione del mercato del caffè italiano

«Non è semplice – continua Maurizio Giuli – esporre le dinamiche di un settore in continua evoluzione qual è quello del caffè in meno di trenta minuti. Mi piacerebbe riuscirci riassumendo tutta la complessità del comparto in tre sole parole

Si parte con il caffè

«L’Italia non è un Paese produttore. Questo, da un punto di vista analitico, è un vantaggio. Perché, per capire come sta andando il settore, basta monitorare l’importazione del caffè verde.»

Il trend che ha avuto il nostro settore dal 2000 al 2017

presentazione Giuli 3Riporta Maurizio Giuli: «Dal 2000 le importazioni di verde sono cresciute mediamente del 3% ogni anno; per un aumento complessivo del 62%. L’Italia è il terzo acquirente mondiale. Possiamo dunque ritenere che quello del caffè italiano sia un settore sano

Le percentuali ancora più nel dettaglio

presentazione giuli 4Assieme a Maurizio Giuli, si analizza dunque il mix, espresso in percentuale degli acquisti del caffè verde, secondo la classica nomenclatura dell’Ico, l’International coffee organization. «La cosa che notiamo (nel grafico qui sopra) sono due linee la blu e la rossa. Una rappresenta i brasiliani e l’altra i robusta. Queste due linee, quasi, si intrecciano.»

«Sembrano addirittura speculari nella loro dinamica. Questo perché? Molto probabilmente nasce tutto negli anni ’70. Fino alla fine di quel periodo, il robusta in Italia non andava oltre il 20 per cento.»

«Il 60 – 70 per cento delle importazioni erano basate sui brasiliani. Ma nel ’76 – ’77 ci furono le grandi gelate in Brasile che distrussero le produzioni di quel Paese e fecero schizzare in alto il prezzo del verde. Ciò, unito alla politica dei prezzi imposti, costrinse i torrefattori a scegliere alternative più economiche. Quindi il caffè robusta

Il mix cambia dal 1970 al 1980

relazione giuli torte importatori«Si vede che il robusta passa al 43% e si contrae l’apporto dei brasiliani. Questo gioco speculare tra brasiliani e robusta continua quindi ad essere influenzato dalle dinamiche di prezzo.»

I Paesi da cui l’Italia si approvvigiona

relazione giuli paesi importatori caffèRiprende Maurizio Giuli: «Noi acquistiamo il 31,8 % del caffè dal Brasile. Seguito dal Vietnam per il 23% e il 13,2 % dall’India e l’Uganda. Ma è interessante verificare quanto pesano nel complesso i principali Paesi

I top five

«I primi cinque Paesi, rappresentano per noi l’82,2% degli approvvigionamenti. Soltanto i primi tre il 68%. Il quadro è un po’ diverso, confrontando ciò che succedeva nei primi anni duemila. I primi cinque Paesi a quel tempo fornivano il 61,3%.»

«Questo dà già un primo indice: il mercato di approvvigionamento si sta concentrando. In prospettiva molto probabilmente si concentrerà ancora di più. Non è però soltanto un fenomeno italiano. Perché l’incidenza dei top five cresce anche a livello mondiale.»

relazione giuli top five«I cinque grandi produttori nel 1996 coprivano il 57% dell’import; che nel 2006 era salito al 67%. Nel 2016, il 74%. L’Italia è all’82%, quindi è molto vicina. E un problema quindi più generale. E come tale è un potenziale indicatore di rischio.»

L’indice di concentrazione

«Perché, come tutti sapete anche a livello aziendale, dipendere da un unico cliente e/o da un unico fornitore, espone l’azienda a forti rischi. Avere un indice di concentrazione non troppo elevato, significa avere un rischio più contenuto.»

Il mercato in Italia e il suo andamento

relazione giuli consumo pro capite caffè«La retta che unisce le colonne del grafico sopra si mostra abbastanza piatta, senza quindi troppe criticità. Il grafico in arancione che vedete sotto sul consumo pro capite può aiutare. Faccio presente che la scala è stata amplificata, per rendere più visibile l’evoluzione. Notiamo da questo grafico che si può comunque considerare il trend positivo. relazione giuli consumo procapiteÈ possibile in realtà scindere il periodo in tre fasi.

consumo pro capite dal 2000Dal 2000 al 2007 è cresciuto.

consumo pro capiteDal 2007 al 2013 c’è stata una fase di calo.

consumo pro capite fino 2016Poi però è ripartito.

Quindi qualcosa è cambiato in positivo.»

Sono tre i mercati del caffè in Italia

Spiega Maurizio Giuli: «In particolare il retail, che ha il 67% a volumi. L’Horeca, il 21% e poi la parte del vending e dell’Ocs

consumo pro capite caffè in italia«Ma, forse, un aspetto più interessante riguarda il consumo pro capite medio da parte degli utenti.»

«Questi dati sono il frutto di una ricerca della Lavazza. Da cui emerge che in media il consumatore italiano, beve 3,1 tazzine al giorno. In particolare 1,8 nel consumo domestico e 1,3 nel fuori casa (vending e Horeca).»

Lo studio Lavazza

studio lavazza consumi caffè«La stesso studio ha mostrato che la percentuale di consumatori italiani di caffè, è del 87,9%. Un dato di per sé positivo, perché vicino al 100%. Andando però a vedere la dinamica storica, quello che notiamo è che il trend è in leggero calo

«In particolare, negli ultimi otto anni, questa quota è passata dal 93,7 per cento all’87,1. Quindi si è perso perso il 6,6%. Questo, secondo me, è un altro indicatore interessante per capire come si sta muovendo il mercato. Che come tale occorre tenere sotto controllo.»

Dove perdiamo consumatori di caffè?

relzione giuli età consumatori caffè«Vediamo che i consumatori aumentano tra gli over60» dice Maurizio Giuli. «Mentre scendono tra i giovani. Questo è un importante indicatore di rischio».

«Se si perdono i giovani infatti, significa che in prospettiva si potrebbe andare incontro a delle difficoltà. I giovani sono i consumatori del domani. Non si possono perdere. Tra l’altro, chi ha esperienza a livello internazionale, sa che molti Paesi che avevano consumi di caffè in declino (Stati uniti, Inghilterra, eccetera) negli ultimi anni, hanno visto un risveglio del consumo trainato proprio dai giovani. E in particolare dai giovani nel fuori casa

relazione giuli i giovani«Questo connubio è ciò che ha creato le premesse del rilancio dei consumi anche in Paesi che tradizionalmente non consumavano il caffè. Pensiamo anche soltanto ai Paesi asiatici. Il segnale che emerge qui invece è che si stanno perdendo proprio i giovani. È una priorità recuperarli.»

Come lavorarci?

«È una bella sfida che va affrontata insieme. Come? Sicuramente non c’è una ricetta unica. Tuttavia, iniziative tipo quella del prossimo Milano Coffee Festival (in programma nel capoluogo lombardo dal 19 al 21 maggio 2018) possono essere utili allo scopo. Perché si propongono di far vivere al consumatore giovane il caffè in modo nuovo e diverso, attraverso un mix di cultura, formazione, esperienza e divertimento. Mettere in atto iniziative di questo genere può contribuire alla sensibilizzazione dei giovani.»

Un’altra provocazione. L’arrivo di Starbucks in Italia

starbucks minaccia o opportunità«Sappiamo tutti che l’anno prossimo (tra autunno e inverno; n.d.r.) arriverà Starbucks in Italia. Se ne parla da tanto tempo. Ma secondo voi, è una minaccia o un’opportunità? Io posso dire che sarà entrambe le cose.» provoca Maurizio Giuli.

starbucks a Milano

“Dico opportunità, ma perché? Osservando l’esperienza maturata da Starbucks in tutti i mercati in cui è arrivato, si è visto che ha cambiato le regole del gioco dei consumi. In Italia potrebbe aiutare a svincolare il consumatore dalla soglia psicologica dell’euro o dell’euro e venti per ogni tazzina di espresso.»

L’interno e l’esterno della Roastery aperta da Starbucks a Shanghai nel dicembre 2017 e che sarà molto simile a quella di Milano

«Se Starbucks riuscirà in questo e a vendere a prezzi più elevati, probabilmente ci sarà più spazio per molti. Anche se non per tutti. Il cambio di schemi metterà in campo nuove regole. E magari ci sarà margine per recuperare i giovani.»

L’interno della caffetteria Starbucks a Shanghai in Cina

L’interno della Roastery Starbucks a Shanghai

L'interno della Roastery Starbucks a Shanghai
Il bancone della Roastery di Shanghai
La futura Roastery Starbucks a Milano in Piazza Cordusio

Il consumatore italiano non è così attento al prezzo

«Se si analizza il comportamento del consumatore italiano sul mercato retail, notiamo una cosa. La moka (il modo tradizionale di consumare il caffè tra le mura domestiche) è in calo. Così come l’espresso.»

consumo caffè in Italia per settori«Invece in controtendenza sono le capsule. Il caffè in capsule ha un valore di cinque/sei/otto volte rispetto al caffè in grani. Se questo mercato sta crescendo, significa che il consumatore in realtà è disposto a pagare un prezzo maggiore per l’espresso. Se però gli si dà il giusto valore.»

relazione giuli caffè consumato in Italia

Terzo e ultimo capitolo. L’internazionalizzazione

esport italia caffè «L’export sta crescendo. È passato dal 23 % del 2004 all’attuale 43% della produzione italiana di caffè. Quindi, se il settore è riuscito a crescere, è stato soprattutto grazie allo sbocco estero.»

Quando si parla di estero

esport caffè rapporto italy mondo«Si intende come cresce in termini di volumi. L’export italiano è arrivato quasi a 200 mila tonnellate. Quando ci si muove sulla scena internazionale significa doversi confrontare con dei competitors ben diversi da quelli a cui si è abituati. Occorre quindi vedere come si cresce in rapporto con gli altri.»

Com’è cresciuto l’export mondiale di caffè tostato a volumi?

% quota di mercato export caffè«La nostra posizione è data dalla quota di mercato. Cioè dal rapporto dell’export di un Paese rispetto all’export mondiale, come mostra il grafico sopra L’Italia tiene il passo. Anzi ha addirittura un trend in crescita. È un segnale positivo.»

principali esportatori caffè torrefatto«Quello che si vede nel grafico qui sopra è il quadro dei Paesi più importanti. La Germania è il principale esportatore. L’Italia però si è molto avvicinata. Mi piacerebbe strapparvi la promessa che la prossima volta che ci si incontra l’Italia sia diventata il principale esportatore mondiale. Ad una certa distanza ci sono poi l’Olanda e la Svizzera che stanno crescendo e c’è la Francia. Vediamo poi, sotto, la stessa informazione espressa in market share.»

% export principali paesi«Quello che si nota è che la Germania ha subito una forte erosione; l’Italia ha tenuto e gli Stati Uniti, come i tedeschi, stanno perdendo quota di mercato. Come detto sta crescendo è un po’ l’Olanda e di più la Svizzera.»

Verso dove l’Italia esporta

verso dove esporta l'italia«I principali Paesi verso cui sono indirizzate le vendite tricolori sono: la Germania, almeno dal 2005. Seguita dalla Francia, dall’Austria e dal Regno Unito.»

Il caso austriaco

Chiarisce Maurizio Giuli: «La curva dell’Austria è piuttosto anomala. Questo probabilmente perché è legata alla situazione di Julius Meinl, il principale operatore austriaco che ha rilevato un’azienda italiana. Ha creato uno stabilimento produttivo e tosta in Italia per poi portare il lavoro finito in Austria. Chiaramente anche questa è una forma di esportazione, ma di diversa natura. Almeno rispetto al resto. Perché negli altri casi siete voi che andate a vendere il vostro caffè.»

«Qua invece siamo nella logica di delocalizzazione della produzione. Che è legata più a fattori di costo che non a logiche commerciali. È bene che ci sia. Ma occorre osservala con la dovuta perizia.»

Lo scenario più generale

principali importatori caffè tostato«A livello mondiale il principale Paese importatore di caffè tostato, è la Francia. Seguita dagli Usa, dalla Germania e dall’Olanda. Soltanto 25 Paesi assorbono oltre il 90% di tutto il caffè scambiato a livello internazionale. E l’Italia si posiziona tra i principali esportatori.»

Lo spaccato 2016

caffè i fornitori della franciaNel grafico a torta relativo alla Francia si nota come l’Italia sia il quarto Paese esportatore. Prima la Svizzera, secondo il Belgio e il terzo la Germania. Poi arriva l’Italia.

Le stesse quote espresse a valore però sono diverse.

L’Italia, dal 16,6% a volume, passa all’8,4. Tutti quanti scendono a parte la Svizzera».

La ripartizione delle quote dei vari paesi esportatori in Francia nel corso del tempo

paesi esportatori in franciaDal grafico sopra si nota come ci siano paesi che hanno avuto un forte calo. Per esempio la Germania, che dal 26% è scesa al 14%. l’Italia comunque cresce. La Svizzera anche.

La dinamica della Germania

% esportaori in germaniaL’Italia sta crescendo. È il principale esportatore in Germania con una quota a volume del 41%. Seguito dall’Olanda, dalla Polonia e dalla Svizzera. Quando però si passa dai volumi ai valori, l’Italia cede il passo alla Svizzera. Questa diventa il principale esportatore con il 34,5%, seguita dall’Italia.

Che cosa avviene negli Stati Uniti?

% export negli stati unitiNel terzo grande mercato, vediamo che l’Italia anche in questo caso sta comunque crescendo come quota di mercato. I principali Paesi esportatori sono il Canada e il Messico. Notiamo che anche qui è presente la stessa dinamica in termini di valore. L’Italia è scavalcata dalla Svizzera. (solubile escluso, aggiunge Giuli in risposta a una domanda dalla platea; n.d.r.).»

La dinamica del mercato a valore

vaklore dell'espertato il caso italiaSpiega Maurizio Giuli. «L’Italia continua a crescere assieme al mercato. In termini di quote emerge però un quadro più  complesso. La curva della quota di mercato ha la forma di una “U” rovesciata come mostra il grafico sotto

% italia global export«C’è stata una fase di forte crescita fino al 2004. In quell’anno l’Italia da sola rappresentava un quarto degli scambi mondiali di caffè torrefatto. Era in assoluto la numero uno.»

«Poi sino al 2011 è scesa  precipitosamente per stabilizzarsi poi a quota 15 per cento Ora l’obiettivo è risalire. Un dato confortante è legato al fatto che la discesa si è arrestata.»

«Chiaro che, l’aver perso dieci punti in quota mercato, ha un peso abbastanza rilevante. Significa che le vendite hanno perso il 40% del loro potenziale che, tradotto in euro, equivale a poco meno di un miliardo. Ripartito statisticamente sul numero dei torrefattori italiani ciascuno si troverebbe in tasca un milione, un milione e mezzo di euro in più di fatturato.»

A vantaggio di chi abbiamo perso

valore del caffè esportato«Il grafico sopra mostra che la Germania continua a subire il calo sia a volume che a valore. Gli Usa scendono. La Svizzera sale e anche un po’ la Francia. Cresce di poco l’Olanda.»

Le dinamiche, dal 2004 e i ritmi di crescita

valore dell'espertato il caso italia«È emerso che sono cresciute entrambe le curve, a volume e a valore, sia pure  a velocità diverse. In realtà però, sino al 2004, le due linee hanno mostrato un trend simile. Tutto cambia dal 2004 in poi.»

valore globale esportato«Da lì il volume raddoppia, mentre il valore quadruplica. Ciò significa che ha cambiato marcia. Da cosa è dipeso? Si potrebbe associare l’aspetto costo: aumentano i costi, aumenta il valore.»

«Quindi abbiamo preso l’indicator index price per capire se c’era una correlazione tra il valore medio, prezzo medio di vendita del caffè mondiale con il composite price

valore del caffè esportato«Le curve sopra sono diverse ma mostrano una certa correlazione. Una parte di quell’aumento è legato all’andamento dei prezzi delle vendite. Ma è tale da giustificare tutto l’incremento? Probabilmente no. Ci sono altri aspetti che motivano quell’accelerazione.»

Quali sono questi aspetti?

«La risposta più ovvia è il boom delle capsule. Ma qua cerchiamo di leggere il mercato in chiave analitica. E le capsule di per se non sono una risposta esaustiva. Riprendiamo la nostra analisi andando ad esaminare il prezzo medio di vendita export da parte dei principali Paesi esportatori.»

prezzo al chilo caffè«Quello che si nota nel grafico sopra, a parte la curva della Svizzera, è il gap che c’è tra questa curva e tutto il resto. Ci vede molto distanti. Gli altri sono più o meno tutti allineati, salvo la Francia che sta elevando il prezzo.»

Soffermiamoci sul caso Italia

«Sopra vediamo il nostro prezzo medio di vendita all’export rispetto al prezzo medio degli scambi mondiali».

«Sopra si nota che l’Italia è sempre stata competitiva riuscendo a vendere il suo caffè ad un prezzo medio superiore a quello proposto dagli altri Paesi. Il mercato ci riconosce un prezzo più alto rispetto a quello venduto dagli altri Paesi. La situazione però cambia dal 2011. Vediamo che da lì in poi il caffè tricolore non soltanto si livella. Ma addirittura scende sotto la media mondiale.»

«Che cosa succede rispetto al gap. L’istogramma non è altro che il rapporto tra il prezzo italiano di vendita al chilo rispetto a quello internazionale.»

Nel 2004 l’Italia riusciva ad avere un premium price del 56%

«Si tratta di un dato che man mano è stato eroso fino al 2010. L’ultimo anno in cui è stato registrato un dato positivo. Da lì in poi e sino ad oggi, viene venduto al 15% in meno rispetto alla media del resto del mondo».

Questo è di sicuro un altro indicatore su cui riflettere, secondo quanto ha detto Maurizio Giuli nella sua analisi esposta al convegno Gran caffè Italia.

«Passiamo ora ad esaminare le quote di mercato a volume ed a valore. Quest’ultima è strettamente correlata al gap di prezzo

«Quindi se vendo la stessa merce con il 20% di prezzo in più, la quota valore sarà superiore. Però sappiamo che normalmente quando si aumentano i prezzi, poi calano i volumi ovvero le quantità.»

«La correlazione, grafico sopra, però non sembra così vera. Perché, mentre nella correlazione a valore raggiungiamo quasi il massimo possibile, in quella a volume siamo a meno 0,34 per cento. Ciò significa che c’è una flebile correlazione negativa

«Ci sarebbe stata una certa correlazione negativa se fosse stata oltre il meno 0,5 per cento, tipo meno 0,70 per cento o meno 0,80. Ciò significa che, l’abbassamento del prezzo non si traduce in un aumento del volume. Evidentemente, le dinamiche del commercio internazionale del caffè, si basano su logiche diverse da quelle del prezzo.»

Il vero problema è il valore

valore«Normalmente nelle aziende, quando si parla di prezzo, si entra in una zona delicata. Effettivamente il prezzo è una barriera alla vendita. Però, da quello che emerge in questo contesto, sembra che nel caso del caffè non sempre esista questa regola. Anzi.»

«Ricordiamo la Svizzera: cresce sia a volume sia a valore. Cioè, con prezzi molto più alti, è cresciuta anche il volume. Mentre la Germania ha subito un calo di quota di mercato nonostante avesse prezzi molto più competitivi.»

«Ciò significa che il mercato internazionale del caffè è sensibile al valore.»

Il vero obiettivo è quello di trasmettere il giusto valore all’interlocutore

Il consumatore, normalmente, è attento al prezzo quando non riconosce un valore. Ma, nel momento in cui lo fa, si dimentica del prezzo. Questo perciò, è un reframing, una ricontestualizzazione, su cui dobbiamo lavorare.

Le tre parole con cui concludere

consolidamento,valore giovaniIl consolidamento

«L’abbiamo visto tra i canali d’acquisto del verde. Ma riguarda anche il settore del caffè anche dall’intero. Fino a qualche anno fa c’era un unico player che aveva una quota di mercato del 20% a livello mondiale. Tutto il resto era ripartito tra una miriade di aziende a livello globale. Oggi invece, due soli player s’avvicinano e superano il 40%.»

«Se questa dinamica continua, significa che cambieranno tutti gli assetti. A partire dagli impatti sulle politiche di approvigionamento, o sulle politiche di marketing che realtà consolidate possono mettere in campo. Quindi, il consolidamento è di certo una delle prossime sfide che andrà affrontata.»

I giovani

Prosegue Maurizio Giuli: «L’altro concetto è quello dei giovani. Non ci si può permettere di perderli. Occorre recuperarli rendendo il prodotto caffè appetibile ai loro occhi. È da qui che occorre ripartire se si vuole continuare a crescere».

Il valore

«Infine, il valore. Non ha senso continuare ad abbassare il prezzo. Bisogna piuttosto creare il valore per il consumatore – chiarisce Maurizio Giuli – . Ciò è possibile percorrendo strade non ancora esplorate. Il miglioramento della qualità del caffè è sicuramente necessario, ma da solo non basta più.»

Maurizio Giuli conclude con parole un po’ critiche ma che vogliono dare uno spunto e una spinta

«Io sono critico verso chi, oggi, nel tentativo di recuperare terreno, imita le mode internazionali. In questo modo non si crea valore, e si perde l’asset della nostra identità. Si diventa dei semplici followers». Secondo Maurizio Giuli «Occorre invece rafforzare le specificità positive del prodotto italiano. E da lì, attraverso l’innovazione, generare nuovo valore per il caffè tricolore.»

 

 

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