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Non solo tonno: per la calabra Callipo gelati, miele e l’apertura di flagship

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COSENZA – Non solo tonno e alici, ma sottoli, miele, ‘nduja di Spilinga, confetture di arance, fragole, bergamotto, limone e zenzero. E gelati della tradizione di Pizzo calabro.

Callipo rilancia sulle diversificazioni, per arricchire il business e ridurre il rischio di dipendenza dal monoprodotto ittico. Mette in cantiere anche una diversificazione nel retail: a Cosenza inaugurerà, a breve, un flagship con tutta la gamma dell’azienda calabrese, che ha sede a Maierato, in provincia di Vibo Valentia.

“In seguito, dopo il test pilota – osserva Giacinto Callipo, quinta generazione – ne apriremo altri 3 o 4 di proprietà. E solo dopo capiremo se continuare, optando eventualmente anche per il franchising”.

Confetture e gelato

La nuova sfida di Callipo è la linea “Dalla Nostra Terra”, confetture e composte preparate con materie prime selezionate, coltivate con metodi sostenibili e a km zero dall’azienda agricola Popilia, di proprietà.

Nel business del gelato, un settore molto stagionale e che ora registra una crisi profonda di quello industriale, Callipo Gelateria punta a diffondere la tradizione gelatiera di Pizzo Calabro, conosciuta appunto come la città del gelato. Il focus è puntato sul gelato industriale ma con qualità artigianale e l’utilizzo di materie prime selezionate, come, per esempio, le nocciole piemontesi e i fichi calabresi. Lo stabilimento è localizzato nella cittadina tirrenica calabrese e conta su una trentina di addetti con 4 milioni di ricavi.

Tonno, sport e turismo

Il gruppo Callipo comprende 6 società controllate dalla holding Callipo Group che operano nell’alimentare, nel turismo, nello sport e nella produzione di gelato. Aziende con business diversificati “ma con in comune l’obiettivo della qualità totale e dell’attenzione al territorio” sottolinea Giacinto Callipo.

Il fatturato di Callipo Conserve Alimentari, core business del gruppo, nel 2016 è stato di 47,8 milioni contro i 46 milioni dell’esercizio precedente, che registrava un Mol di 6,3 milioni e un utile netto di circa 4 milioni. Mentre il fatturato stimato per l’anno in corso è di 51,6 milioni, di cui l’11% all’export.

Callipo Group ha realizzato, nell’ultimo bilancio disponibile del 2015, ricavi per 52 milioni (46,5), un Mol di 5 milioni e un utile di 2,1 milioni. La posizione finanziaria netta è negativa per 15,3 milioni.

Guerra sullo scaffale

Nel tonno, l’azienda ha scelto di differenziare le linee di prodotto e brand a seconda del canale distributivo: grande distribuzione, ingrosso, dettaglio tradizionale e catering.

Callipo è posizionata nella fascia premium, riconoscibile per i vasetti di vetro. Nella fascia intermedia però infuria la contesa tra brand e le lattine da 80 grammi oramai costituiscono una sorta di commodity. Le aziende di marca spingono sull’innovazione e sul salutismo per creare valore e volumi. Il mercato del tonno in Italia vale nel suo complesso oltre 1,5 miliardi.

Nell’area della grande distribuzione (la pressione competitiva supera il 50%) domina Rio Mare (gruppo Bolton) che nel 2016 deteneva, secondo Iri, una maxi quota, a valore, del 36%, seguita da Mareblu, Nostromo e As do Mar intorno al 6%, Delicius al 3% e Consorcio, Palmera e Mare Aperto sotto il 2%. Le private label intorno al 20%.

Fascia premium

“Noi – sostiene Callipo – preferiamo rimanere fuori dalla mischia e ritagliarci un ambito molto selezionato: il nostro tonno è di alta qualità, tracciabile ed è lavorato intero esclusivamente in Italia”.

La società di Maierato serve oltre 2.700 piccoli negozi al dettaglio, “siamo presenti su Amazon Prime e abbiamo lanciato shop.callipo.com, ma il 60% delle vendite è ancora realizzato nella distribuzione moderna. Nei prodotti il 97% è realizzato nell’ittico, solo il 3% negli altri”.

Nel 2017 la crescita dei ricavi “drogata” dall’aumento dei prezzi di olio e tonno? “Macché – risponde Callipo -. Purtroppo non siamo riusciti a ribaltare l’aumento delle materie prime al consumo: le catene commerciali si oppongono ad ogni aumento. Anche se giustificato. Quindi alla fine c’è stata un’erosione dei margini”.

Emanuele Scarci

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