MILANO – La rivoluzione sostenibile di Nespresso ha la forma di un mulino. Uno dei molti «community mills», presenti nei territori in cui il gruppo produce il proprio caffè.
«Sono mulini di proprietà della comunità – spiega Massimiliano Marchesi, Coffee Ambassador di Nespresso Italiana. – Costruiti per venire incontro alle esigenze dei nostri coltivatori. Per concentrarsi quindi sulla sola attività agricola. Conferendo così al mulino della comunità la fase di lavorazione e di vendita». Non solo: in questo modo si riesce a passare dalla bacca al chicco di caffè mantenendo la miglior qualità possibile.
Il programma AAA Sustainable Quality
Un’iniziativa promossa a partire dal 2003 da Nespresso nei dodici Paesi in cui il gruppo coltiva il caffè. Una sostenibilità «pragmatica». Ecco come la definisce Massimiliano Marchesi. Ovvero che passi da un approccio che tuteli non solo la bontà del caffè, ma (soprattutto) il territorio e la qualità della vita dei coltivatori.
«I 75 mila coltivatori che lavorano per noi – spiega Marchesi -, sono incentivati dal nostro programma di sostenibilità sociale. In quanto, oltre a una gestione razionale della coltivazione del territorio, garantisce loro un premio di prezzo sulla materia prima del 30-40% più alto rispetto alla media».
In un contesto come quello del mercato del caffè sottoposto a costanti oscillazioni (per il mercato brasiliano le previsioni per il prossimo anno sono di una riduzione del 13% della raccolta a causa della siccità che ha colpito il Paese), non è da sottovalutare.
«Sono tutti aspetti questi – precisa Marchesi – , che danno la portata della difficoltà che i produttori hanno nel riuscire a far arrivare nelle tazzine di tutti i consumatori nel mondo, un caffè di qualità; cioè che non abbia subito difetti nel processo di raccolta prima e di trasformazione poi».
E in Italia?
C’ è un curioso paradosso che caratterizza il mercato italiano dei consumi:
si beve molto caffè, ma c’ è una scarsissima conoscenza della materia.
La prova del nove? «Siamo disposti a bere un caffè cattivo in un qualsiasi bar, purché costi al massimo un euro». Un limite culturale che, come puntualizza Massimiliano Marchesi , si può superare con un percorso di educazione al prodotto.
«Non è diverso dal percorso virtuoso che è stato fatto nel corso degli anni con altri alimenti, come l’ olio il vino o il cioccolato. – ribatte Marchesi. – Oggi, c’ è una grande attenzione, specie per quanto riguarda il vino, alle origini, al territorio, alla componente bio…».
Essere Coffee Ambassador per un gruppo come Nespresso, significa proprio questo. Avere una profonda conoscenza della materia prima e di tutte le qualità dei differenti tipi di caffè prodotti dal gruppo.
«Dal nostro assortimento permanente di caffè ai nostri top di gamma – spiega Marchesi – ogni tipologia ha delle specifiche caratteristiche che lo rendono unico».
Senza sottovalutare l’
importanza della confezione, la capsula in alluminio. Progettata per essere parte anch’ essa, della sostenibilità ambientale (ed economica) promossa da Nespresso attraverso il progetto
The Positive Cup.
«La scelta dell’ alluminio ha un doppio vantaggio – spiega Marchesi -. Non lascia entrare l’ ossigeno, il nemico numero uno del caffè, ed è perfettamente riciclabile». Parlare di riciclo in Italia però significa confrontarsi con un numero decisamente alto di realtà municipali.
Sono queste che non permettono la raccolta porta a porta della capsule. Per questo il gruppo ha optato per «punti raccolta».
Ben 97, presenti nelle Boutique Nespresso e nelle isole ecologiche. Non solo, anche il caffè esausto è riciclabile: «Diventa compost biologico che viene utilizzato come fertilizzante in una risaia in provincia di Pavia. Il riso prodotto grazie a questo tipo di concime viene acquistato da Nespresso e successivamente donato al Banco Alimentare della Lombardia». Dall’ avvio del progetto sono stati consegnati oltre 1.391 quintali di riso e raccolte 170 tonnellate di capsule in totale.