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“Ho mollato il posto in banca per aprire il mio bar. E oggi mi sento vivo”

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IMOLA (Bologna) – Per 10 anni Andrea si è alzato alle 6.30 del mattino, è partito dalla sua casa di Imola per andare a Bologna. In centro, nella filiale in cui lavorava. La giornata passava in ufficio, con i classici orari standardizzati.

Alle 19, quando rientrava a casa, poteva ricavare quel poco di tempo per dedicarsi alle passioni. Sport, amici, cinema.

Andrea Vernocchi, nato a Imola nel 1971, ha lavorato in banca fin dal 1999. Nel 2010, esattamente dieci anni dopo, ha deciso di lasciare tutto e cambiare vita. Oggi gestisce un bar-bistrot nel centro del suo paese. “La libertà di essere imprenditori di sé stessi è un piacere che non ha paragoni”, racconta adesso.

Tutto nasce poco più di 7 anni fa, quando Andrea comunica la decisione alla sua famiglia. “Erano giornate – quelle in banca – scandite da ritmi molto regolari, quasi sempre uguali”, spiega. La decisione è maturata nel tempo, dopo un corso di aggiornamento su credito al consumo. “Ricordo perfettamente il giorno delle mie dimissioni: il 31 marzo 2010”.

Così, dopo una lunga riflessione, Andrea decide di rilevare l’attività dei suoi genitori. Nel centro storico di Imola.

“I miei erano spaventati, mio padre ha rischiato l’ennesimo infarto. Ma era felice”, sorride Andrea. Ma la reazione più bella è stata quella della nonna. “Mi ha continuato a ripetere che ero un pazzo perché avevo lasciato il posto in banca”, ricorda.

Il giovane imolese, così, comincia subito con la progettazione del nuovo locale. Da semplice bar-tabaccheria, l’idea è quella di trasformarlo in caffetteria, bistrot, wine bar e cocktail bar. Il suo stile di vita è stato completamente stravolto: “Sono passato dall’essere un semplice impiegato a responsabile di un’azienda. Con 5 dipendenti e tanti fornitori, un ruolo che non ha orari stabili e in cui le responsabilità sono moltissime”.

Con la gestione del nuovo locale la giornata di Andrea inizia prima. “Oggi mi alzo intorno alle 5.30, vado ad aprire il Caffè Bologna (che si trova a pochi passi da dove abito), organizzo le attività del mattino e mi dedico alla clientela. Che è già numerosa sin dalle prime ore del giorno”.

Il turno prosegue fino alla pausa dopo pranzo; poi, nel pomeriggio, tocca dedicarsi a tutte le attività che riguardano l’organizzazione, la gestione e l’amministrazione dell’esercizio.

Fattore economico? All’inizio è stata durissima: “Ero abituato ad avere una retribuzione fissa – spiega Andrea – e visto che gli investimenti iniziati erano elevati non ho avuto periodi floridi. Ma ora le cose vanno meglio, l’azienda ha raggiunto i suoi obiettivi e sta crescendo”.

Se poi si fanno paragoni con il passato i risultati sono evidenti: “È certamente un lavoro più impegnativo e stressante rispetto a quello che facevo prima – risponde Andrea – ma le soddisfazioni personali sono davvero tante e vedere il mio locale che ha successo e viene apprezzato dai clienti e dalla critica mi ripaga dei sacrifici fatti in questi anni”. Il rimpianto, semmai, è quello di non aver cambiato vita prima: “Se fossi rimasto in banca probabilmente a quest’ora sarei infelice e frustrato”, continua.

Anche se Andrea ha un rapporto conflittuale con l’Italia, non ha mai pensato di andare all’estero. “Lasciare Imola? Sì, solo per le vacanze” sorride. “Amo la mia terra, amo la mia città, ma ci sono tanti problemi e cose da cambiare”.

Perché in tanti decidono di cambiere vita?

Ma allora perché tante persone, oggi, decidono di cambiar vita? “Essere imprenditori ti rende libero – spiega – Sicuramente in Italia non è semplice, ma tutti coloro che sono consapevoli delle proprie capacità sanno che, mettendosi in proprio, possono crescere molto di più, sia da un punto di vista professionale che personale”. Partendo da un dato di fatto: “Oggi mi sento vivo e pieno di energie – continua – Penso di aver vissuto più in questi 8 anni che nei precedenti 38”.

Andrea, insomma, ha deciso di non tornare indietro. Molti dei vecchi colleghi di banca lo vanno a trovare spesso al locale. Il futuro? “Mi immagino ancora qui – sorride – alla guida della mia piccola azienda. Magari con un ruolo meno operativo e più organizzativo”.

C’è una cosa, però, che in questi anni non ha mai abbandonato il giovane romagnolo. “La burocrazia. In Italia è sempre una grande difficoltà – conclude – Ci potrei scrivere dei libri”.

Raffaele Nappi

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