MILANO – Starbucks, che dal 1997 al 2006 ha aperto più di 26.000 punti vendita in giro per il Mondo, ha forse un problema di identità? Se lo chiedono in molti: analisti e non solo.
In fondo, qual è il motivo per cui un caffè di Starbucks, che costa negli USA costa in media 3 dollari in più rispetto a un analogo prodotto servito da McDonald’s, continua a riscuotere così tanto successo, se non un fatto esperienziale?
La formula sta trovando però molti limiti nella capillarità stessa di Starbucks, con fenomeni di cannibalizzazione interni alla stessa rete. In molte aree, cioè, i troppi locali della stessa catena tendono a “pestarsi i piedi”.
Per diversificare e tipicizzare maggiormente l’offerta della catena è nato Starbucks Reserve.
Un format di alta gamma – il primo locale è stato aperto a Seattle nel dicembre del 2014 – che si propone di far vivere al cliente un’esperienza a tutto tondo nel multiforme universo del caffè.
Dalla tostatura dei chicchi alla tazzina (nella FOTO la roastery di Seattle), dall’assaggio ai metodi di preparazione del caffè. Il tutto fondendo cultura, divulgazione e intrattenimento.
Starbucks ha l’obiettivo di aprire almeno 500 locali di questo tipo nei suoi mercati chiave.
E sarà proprio uno Starbucks Reserve, la prima insegna italiana della catena di Seattle. L’apertura è prevista per la primavera del prossimo anno.
La location sarà quella di piazza Cordusio, nel cuore di Milano. Lo Starbucks milanese avrà anch’esso una torrefazione al proprio interno e proporrà ai clienti 200 tipi di caffè di diverse origini.
I vari ambienti si svilupperanno su una superficie complessiva di 2.400 metri quadrati, su 4 piani e una terrazza. L’esercizio darà lavoro a un centinaio di persone.