MILANO – Ecco un articolo dal sito riusa.eu dedicato al fondamentale riciclo dei fondi di caffè. Con la dettagliata descrizione di come si sono organizzati per il recupero gli studenti di Oxford. E racconta, in breve, anche altre storie. Nella foto sopra un’immagine della coltivazione dei funghi. Realizzata da un’iniziativa di Lavazza.
Recuperare questa preziosa risorsa con un esercito di precari in bicicletta. Ecco l’idea degli studenti di Oxford per i fondi di caffè.
Ridistribuire gli scarti delle macchine del caffè. Utilizzandoli come fertilizzante e compost per alimentare gli orti. È questo lo scopo del progetto Coffee Run. Creato da studenti volontari dell’Oxford Hub in collaborazione con il collettivo Oxford Circular.
I fondi di caffè sono una risorsa preziosissima: contengono alte quantità di fosforo e potassio, peraltro prontamente utilizzabili, e bassi livelli di azoto. Sono eccezionali per ammendare il terreno delle acidofile, tra cui mirtilli, avocado e pomodori. Un recente studio condotto dalla Università Metropolitana di Leeds sostiene che i fondi di caffè “rappresentano un materiale sottoutilizzato con un potenziale in termini di fito-nutrienti da sfruttare”.
La caratteristica fondamentale dei fondi di caffè nasce proprio dal loro utilizzo, ovvero l’estrazione a caldo (in corrente di vapore) della nostra amata bevanda, col suo tenore in caffeina. Questo li rende un formidabile micro-contenitore vuoto. In sintesi: i fondi usati sono formati da un’insieme di micro-cavità da cui è stato estratto il caffè che abbiamo bevuto. Questi siti diventano un elemento di scambio fisico e chimico (più precisamente ionico), che, oltre a contenere gli elementi sopra descritti, ha la caratteristica di rilasciarli lentamente e di assorbire elementi esterni presenti in eccesso. Da qui lo straordinario potere come fertilizzante, ma anche come deodorante.
Altro aspetto molto positivo è la natura di trappola per lombrichi, batteri utili e funghi. Un terriccio molto ricco di fondi di caffè fa gola agli anellidi, attirandoli e facendo loro svolgere i benefici effetti sul terreno. Le micro-cavità sono inoltre il riparo ideale per batteri e funghi utili (quelli più piccoli), che inevitabilmente colonizzeranno i fondi. La natura igroscopica del materiale, anch’essa determinata dalle micro-cavità, rende la vita difficile a lumache e chiocciole, composte in gran parte di acqua, che si mantengono quindi a rispettosa distanza dalle piante concimate con i fondi.
Per tutte queste caratteristiche, l’idea di riutilizzare i fondi del caffè non è assolutamente una novità. Ma finora sono poche le applicazioni degne di nota di questo tipo di riciclo. I motivi stanno nella difficoltà di raccolta, visto che i fondi sono dispersi in una miriade di bar, ristoranti, case private, ciascuno dei quali detiene poche quantità. A questo si somma una scarsa cultura ‘circolare’ degli addetti ai lavori, che sono soliti contaminare i fondi con bustine di carta, cucchiaini di plastica, scarti del posacenere e ogni altra schifezza proveniente dal bancone. E infine, la iattura delle iatture, la comparsa e l’estrema diffusione delle cialde preconfezionate, che dal settore del vending per uffici e comunità, si sta estendendo pericolosamente ai bar, ristoranti e persino (orrore) nelle case private.
Per questo l’idea di riciclo degli oxfordiani rappresenta un tentativo lodevole. Questa volta ci sono alcune frecce in più nella faretra. La retorica antispreco (sia detto in senso positivo), che sta coinvolgendo numerosi esercizi commerciali. E un sistema di raccolta mutuato e integrato con servizi (peraltro di dubbia liceità) come Foodora. Formato sostanzialmente da un esercito di studenti in bicicletta. E che sono disposti a lavorare quasi gratis per la causa.
Così dal punto di partenza iniziale, rappresentato dal Turl Street Kitchen, un popolare bar-ristorante locale situato nello stesso edificio dell’Oxford Hub, l’impresa ha preso piede, e lentamente si è formata una rete di contatti e sostenitori. Non tutto sembra filare liscio: come per ogni progetto, ci sono stati problemi lungo la strada, e il Caffè Run ha dovuto ridimensionare le sue intenzioni iniziali.
“Il progetto era ambizioso. Puntavamo a raccogliere tutti i fondi di caffè rifiuti prodotti da caffetterie locali”, sostiene Clarisse Pierre, leader del progetto e studentessa in geografia al Collegio di S. Caterina. “Dopo aver fatto alcune ricerche, ci siamo resi conto che sarebbe stato necessario visitare ogni esercizio ogni giorno. Questo a causa della mancanza di spazio di stoccaggio nei caffè. E la deperibilità del materiale che frena il riciclo.” Per degli studenti volontari, che hanno qualche ora libera giusto il il fine settimana, non era impegno da poco. Quindi via al progetto in forma sperimentale e semi-hobbistica, per il momento.
E anche Starbucks ha il suo progetto di riciclo
Il Coffee Run non è il primo progetto di questo tipo. Starbucks ha avviato un programma attraverso il quale i clienti possono ritirare un sacchetto gratuito di fondi di caffè usati in alcuni negozi. E anche Costa, il suo maggior concorrente in Regno Unito, ha un’iniziativa simile. Ma, rispetto a Coffee Run, sono iniziative limitate. Sviluppate da colossi per i loro interessi, e prive del contenuto in termini di orientamento al lavoro per le generazioni future.