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Dieta: dolcificanti al posto dello zucchero non aiutano a perdere peso

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MILANO – L’anno scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha proposto di tassare le bevande zuccherate per ridurre l’avanzata dell’obesità nei paesi sviluppati.

E, nel mondo dell’alimentazione, c’è una domanda che si ripete da molto tempo: i dolcificanti al posto dello zucchero possono contribuire a risolvere il problema dell’aumento di peso?

E in che misura?

Un team di ricercatori canadesi ha provato a rispondere alla domanda con una meta-analisi (una ricerca sulle ricerche già effettuate su un tema) che ha confrontato 37 studi sullo zucchero e i dolcificanti. I risultati, pubblicati lunedì sul Canadian Medical  Association Journal (CMAJ), hanno riservato qualche sorpresa.

La bilancia dice no

Finora non esiste alcuna prova scientifica a sostegno della tesi per cui sostituire lo zucchero con del dolcificante artificiale sia vantaggioso per perdere peso o rimanere in forma.

Il team canadese ha confrontato i parametri delle persone che assumevano zucchero e di quelle che lo avevano sostituito con edulcoranti artificiali.

Il risultato lo spiega Meghan Azad, nutrizionista della University di Manitoba in Canada e tra gli autori della review :«non esiste un chiaro vantaggio per la perdita di peso e c’è semmai una potenziale associazione con l’aumento del peso, l’insorgenza del diabete e di altri problemi cardiovascolari».

In totale, i ricercatori hanno esaminato i risultati di oltre 400.000 persone monitorate in sette studi controllati randomizzati e 30 studi osservazionali non randomizzati.

Piccolo inciso

I principali tipi di studio con cui è possibile valutare i trattamenti sono gli studi controllati e randomizzati e gli studi osservazionali. Nei primi i partecipanti vengono assegnati casualmente, attraverso la randomizzazione, a un trattamento o a un gruppo di controllo. Così da ridurre errori o distorsioni.

In questo modo l’obiettivo è che l’unica differenza tra i gruppi a confronto sia dovuta al trattamento.

Al contrario, negli studi osservazionali non è prevista la randomizzazione, ma si osservano le differenze negli esiti che si verificano. Dopo che le decisioni di effettuare un determinato trattamento sono già state prese.

Negli studi randomizzati, e quindi più attendibili, oggetto di questa meta-analisi, non è stato evidenziato alcun ruolo dei dolcificanti artificiali nella perdita di peso.

Semmai, al contrario, i partecipanti di alcuni studi osservazionali hanno fatto registrare un piccolo aumento di peso. Nonostante l’assunzione degli edulcoranti artificiali. Chi assumeva i sostitutivi dello zucchero ha registrato, inoltre, circa il 14% in più di probabilità a generare il diabete di tipo 2.

Sugar free o no?

Gli studi basati sull’osservazione rendono impossibile trovare un nesso causale tra l’assunzione dei dolcificanti e gli effetti sulla salute.

Nonostante l’impossibilità di ottenere risultati certi, già in passato gli scienziati hanno sollevato alcune preoccupazioni sui dolcificanti artificiali.

Nel 2005, il sucralosio, fu posto sotto la lente d’ingrandimento. Dopo che venne osservato che la sua assunzione provocava un leggero effetto di mutazione nei geni dei topi.

Un altro studio, nel 2012, per esempio, ha rilevato una relazione tra l’assunzione di edulcoranti e la sovrapproduzione di insulina. Si tratta di un effetto collegato all’insorgere del diabete di tipo-2.

Un mercato in espansione

Nessuno di questi dolcificanti è stato finora ritenuto abbastanza pericoloso da essere tolto dal mercato. Tuttavia oggi i ricercatori non conoscono ancora tutti gli effetti che potrebbero avere sulla salute umana.

La preoccupazione dei ricercatori è dovuta, in parte, all’aumento di queste sostanze negli alimenti che consumiamo quotidianamente.

Il mercato del dolcificante artificiale sta crescendo notevolmente. E dovrebbe raggiungere, secondo una recente analisi, i 2 miliardi di dollari. Questo a livello mondiale ed entro il 2022. In particolare, preoccupa l’assunzione occulta di queste sostanze nei prodotti pubblicizzati “a basso contenuto calorico”.

Andrea Rubin

FONTEFocus
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